Archive for the 'Libreria: pubblicazioni recenti' Category

cada la neve

dicembre 24th, 2012 by admin

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Da http://it.123rf.com

e questa gloria di neve che candida-mente
cade
e tutto riveste in fiori luminosi
in bianco veste le ramaglie aperte al cielo
tutto ricama in trine di cristallo,
possa essere coltre calda al mondo
a pezzi
ai ricordi         ai tesori del cuore
che li avvolga e li stringa abbracciandoli come figli
amori
 ormai lontani       mai perduti
si faccia sipario al cielo nascondendo l’ orrore      il terrore     il dolore
velando l’ intrico malsano dell’ aria     del tradimento     della paura
a noi che qui giochiamo l’ ultima partita e gettando le carte
sul tavolo picchiamo il pugno per rabbia e solitudine
a noi resti il profumo della neve negli occhi    in sentore di primavera
e cada la neve sulle palme di Betlemme
segno di meraviglia
poichè
meravigliosa cosa é l’ amore
meraviglia delle meraviglie da cui
 tutto discende e s’ incunea nelle pieghe
dell’ esser uomini sulla terra degli uomini
in nome di una luce memoria che s’ offusca
 in tempi nuovi e malati
in spasmodici insulti al primo vagito
incontrollati rigurgiti di fiele in fiale dorate
ma nulla più conta
nulla conta se non la mano paffuta di un bimbo
 che docile allora posò
e oggi di nuovo posa lo sguardo sul mondo
su tutte le sue creature
e  sorride
 tutto comprendendo e tutto abbracciando.
Cada la neve su ogni capanna,
sulle anime senza voce     sulle colpe di
Quanti vanno pellegrinando per una terra stranita
ormai estranea alla memoria

cada la neve fragrante    luminosa    purissima
al caldo tenga i semi per  la primavera a venire.

Giorno della Memoria: La Bontà Insensata

gennaio 26th, 2011 by admin

Gabriele Nissim, La Bontà Insensata, Ed. Mondadori, 2011, pp.272, Euro 18, 50

I grandi pensatori del Novecento, da Hannah Arendt a Vasilij Grossman, da Hans Jonas a Varlam Šalamov, riletti da Gabriele Nissim nel suo ultimo libro “La bontà insensata. Il segreto degli uomini giusti”, edito da Mondadori. Una riflessione sul bene possibile nelle situazioni estreme, sul significato dei termini responsabilità, dignità, verità, giudizio, perdono, conciliazione, nel tentativo di individuare quale sia la molla che spinge alcuni uomini a gesti di bontà apparentemente senza senso.

«I Giusti - dichiara l’autore – non uomini santi ma imperfetti come lo siamo tutti, li possiamo considerare degli amici che ci insegnano a vivere la nostra quotidianità con il piacere di venire in soccorso del più debole, di avere il coraggio di pensare da soli, di non mentire a noi stessi, di essere capaci di mettersi al posto degli altri, di saper perdonare, di non sentirsi depositari della verità».

Un progetto, quello del libro, che nasce dai lunghi colloqui di Gabriele Nissim con Moshe Bejski, l’ideatore del Giardino dei Giusti e Presidente della Commissione dei Giusti di Yad Vashem che, scampato alla deportazione grazie all’aiuto di Oscar Schindler, ha votato la sua esistenza a rintracciare tutti gli uomini che hanno rischiato la vita per aiutare gli ebrei durante la persecuzione nazista.
Un testo di riflessione ma anche un messaggio di speranza, di fiducia, per le nuove generazioni, nelle immense e a volte inaspettate qualità dell’essere uomini.

Da: http://www.newnotizie.it

L’ idea é che Natale sia Natale

dicembre 12th, 2010 by admin

Roberto Stelluti- la cometa

Si é conclusa la raccolta dei testi per l’ iniziativa promossa da Fernanda Ferraresso nel suo Blog – http://fernirosso.wordpress.com

…Non sempre ci sono affetti! Alla radice dell’albero e nelle luci degli addobbi non brilla un sentimento che ci tenga vicini gli uni agli altri, ma anzi sembra che  aumenti la distanza della separazione e della inadeguatezza. Con questo spirito, cioè con il profondo desiderio di rifiorire gli affetti e la vicinanza tra tutte le persone, famigliari amici conoscenti sì, ma tra tutte le persone che,un tempo, si dicevano di buona volontà…

F. Ferraresso

A partire dal 14 Dicembre le poesie saranno pubblicate in Cartesensibili:

http://cartesensibili.wordpress.com

Un  ringraziamento profondamente sentito a Fernanda che ha, con il suo lavoro, la sua dedizione e il suo spirito forte, fatto sì  che un’ idea diventasse una bella realtà.

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Il cimitero di Praga

novembre 1st, 2010 by admin

Il nuovo romanzo di Umberto Eco arriva a trent’anni esatti di distanza dal capolavoro che fu “Il Nome della Rosa” nel lontano 1980.
Da sempre interessato alle vicende esistenziali della nostra contemporaneità, anche questa volta Umberto Eco ha svolto un’analisi attenta e letteraria del mondo moderno, incentrando la sua nuova opera sulla nascita delle Nazioni moderne.
Il Cimitero di Praga è un romanzo ambientato nell’800 e racconta le vicende del Capitano Simonini, falsario di professione, ingaggiato dai servizi segreti di diversi Paesi.
Il protagonista si aggira per l’Europa architettando intrighi che hanno realmente influito sul corso della storia. Umberto Eco dipinge un Ottocento fitto di rivolte, congiure, insurrezioni, sollevazioni, e attorno a questo personaggio ci racconta la nascita delle nazioni, riversando una luce conturbante sui nostri tempi.

Da: http://www.libreriauniversitaria.it

«L’Ottocento è stato ricco di eventi più o meno misteriosi e orribili: il mistero irrisolto della morte di Ippolito Nievo, la fabbricazione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, che hanno poi ispirato a Hitler l’Olocausto, il caso Dreyfus, e tanti intrighi tra servizi segreti di varie nazioni, sette massoniche, cospirazioni gesuitiche, e altri eventi che – se non fossero documentati come reali – sarebbero materia per un romanzo d’appendice come quelli che si scrivevano nell’Ottocento.

Questo è un romanzo d’appendice dove tutti i personaggi, tranne il protagonista, sono esistiti realmente, compreso suo nonno, autore di una misteriosa lettera all’abate Banuel, che ha scatenato l’antisemitismo moderno. L’unico personaggio d’invenzione (che però assomiglia a molti che abbiamo conosciuto, anche ai tempi nostri) diventa così nel romanzo l’autore di diverse falsificazioni e complotti, tra colpi di scena romanzeschi, sotterranei popolati di cadaveri, navi che esplodono nei pressi di un vulcano in eruzione, abati pugnalati, notai con la barba finta, sataniste isteriche, celebranti di messe nere, eccetera.

Il libro è illustrato, come lo erano i romanzi d’appendice del tempo andato – e anzi le illustrazioni sono le stesse – e quindi potrà anche sollecitare il lettore nostalgico dei libri letti durante l’adolescenza. Io mi aspetto però altri due tipi di lettore: uno, che non sospetti che tutte queste cose siano avvenute davvero, e neppure conosce la letteratura ottocentesca, dunque un lettore che ha preso sul serio persino Dan Brown e si godrà con compiacenza un poco sadica quella che giudicherà un’invenzione perversa, compresa la figura del protagonista, che mi sono sforzato di rendere il personaggio più cinico e antipatico di tutta la storia della letteratura.

L’altro, che sa o intuisce che sto raccontando di cose realmente accadute, avverte che la fronte gli si imperla impercettibilmente di sudore, si guarda inquieto alle spalle, accende tutte le luci dell’appartamento, e sospetta che queste cose potrebbero accadere oggi di nuovo, anzi forse stanno proprio accadendo in quell’istante. E penserà, come io vorrei: “Essi sono tra noi…”»

Umberto Eco

Il padre e lo straniero

ottobre 30th, 2010 by admin

Capita che il successo clamoroso di un libro porti alla ripubblicazione di altre opere dello stesso autore che non avevano avuto lo spazio meritato. E’ il caso de Il padre e lo straniero, romanzo breve (o racconto lungo) di Giancarlo De Cataldo, che torna in libreria a dieci anni dalla prima pubblicazione grazie al successo del bestseller Romanzo criminale - affresco corale ispirato alle gesta della Banda della Magliana e ai misteri d’Italia – del quale sta per uscire la versione cinematografica per la regia di Michele Placido e un cast in cui spiccano Stefano Accorsi e Kim Rossi Stuart.

“Quando proposi il racconto”, racconta De Cataldo, giudice di Corte d’Assise “fu accolto dagli editori con lo stesso entusiasmo di un calcio nelle gengive”. Ora, con alcune aggiunte e revisioni rispetto al manoscritto originale, Il padre e lo straniero è in libreria.

Il noir e l’intreccio sono in questa storia solo un pretesto per raccontare una vicenda interiore, per delineare rapporti familiari e d’amicizia. Il protagonista, Diego, un impiegato del ministero di Giustizia con un figlio gravemente disabile, incontra un elegante e misterioso mediorientale, Walid, a sua volta genitore di un bimbo disabile. I due diventano amici e lo straniero gli fa conoscere una Roma segreta, che egli nemmeno sospettava potesse esistere, e lo coinvolge in un’avventura tra lo spionaggio, il traffico internazionale di segreti, il terrorismo. Da quest’amicizia e dal percorso che ne segue Diego uscirà trasformato, riconsidererà il concetto di normalità, tornerà ad avere speranza.

Il padre e lo straniero è un libro sull’amicizia e sulla condivisione del dolore, sul concetto di diverso, sull’accettazione e la comprensione dell’altro. “Sono temi che oggi, con quanto sta avvenendo tra Occidente e mondo arabo”, commenta De Cataldo, “hanno assunto un valore del tutto particolare”.

Immergendosi in questo romanzo, nella sofferenza dei rapporti con i disabili, nelle pieghe della città sconosciuta vissuta dagli stranieri, ci si sorprende a chiedersi cosa sia davvero l’idea di normalità. “L’ottimo”, spiega ancora De Cataldo, “sarebbe non avere una concezione di normalità, non scandalizzarsi né stupirsi. O meglio, rendersi conto dell’esistenza delle diversità, ma accettarle e condividerle. Chi combatte la diversità e non supera il turbamento naturale che può suscitare, ha un’idea gretta del mondo”.

Alla fine del libro, dopo una serie di vicende rocambolesche che lo porteranno fare cose che mai avrebbe ritenuto possibili, Diego vorrà avere un altro figlio. Non come risarcimento, ma come segno di apertura e di fiducia nel futuro. Un figlio che stavolta abbia il “diritto a tutta la felicità” negata ai protagonisti del romanzo.

Massimo Russo

Da: http://www.kataweb.it

Giancarlo De Cataldo è nato a Taranto nel 1956 e vive a Roma. Ha scritto romanzi polizieschi (Nero come il cuore, Contessa), saggi (Minima criminalia,Terroni), racconti (Teneri assassini), sceneggiature, testi teatrali. Dal suoRomanzo criminale (Einaudi Stilelibero, 2002), storia di 15 anni di malaffare politico-criminale tra il 1977 e il 1992, è stato tratto un film per la regia di Michele Placido. De Cataldo è giudice di Corte d’Assise.

Ricchezze e miserie d’ altri tempi

agosto 6th, 2010 by admin

In occasione della presentazione della nuova edizione di Ricchezze e miserie d’altri tempi, di Graziana Monti, mi piace pubblicare due brani dell’ autrice.

Da “Ricchezze e Miserie d’Altri Tempi” di Graziana Monti

Campeggio

Una meta di gite frequenti era il Santuario della Madonna di Campeggio. Si impiegavano circa due ore per raggiungere il santuario al quale affluivano ogni anno molti pellegrini. Attraversando le colline verso Gragnano, e per sentieri e viottoli si raggiungeva il monte Calvario, dove il parroco don Augusto Bonafè aveva fatto erigere nel 1930 tre altissime croci ricordanti il Calvario di Gerusalemme.
Sopra il Calvario levansi tre Croci
Commosso ascolto le potenti voci
della tripla mole.
Dice la Croce: “Segno io son di vita;
segno io sono di morte.
L’umanità ribelle ovver pentita
Mi scelga per eterna sorte”.
Si scendeva il monte lungo un sentiero serpentino e pittoresco in mezzo a eriche e ginestre profumate. Alberi di querce ombreggiavano il percorso lasciando filtrare macchie di sole. Ai piedi del monte quasi per incanto ti attendeva, accogliendoti al suo monumento, una bella fontana di acqua fresca per dissetarti dal lungo viaggio. ” Omnes sitientes venite ad acquas “( O voi tutti che avete sete venite ed io vi ristorerò). E per completare, vicino alla fontana, lunghe panche e tavole rustiche, sotto a un fresco pergolato di edera, accoglievano i pellegrini al riposo e al ristoro. Il parroco don Bonafè non mancava mai di venire a salutare i nuovi arrivati. Veniva incontro allargando le braccia e , sorridendo benevolmente, esclamava: “Venite! La Madonna vi aspettava!”. E accompagnava subito i pellegrini alla grotta della Bianca signora dei Pirenei.
La grotta è un vero capolavoro, opera di un artigiano bergamasco Guelfo Ravasio, e merito del parroco don Augusto Bonafè che, dopo varie visite a Lourdes, la volle costruire a sue spese nel 1923 in Campeggio, a destra della chiesa parrocchiale. Ripete fedelmente la famosa grotta di Massabielle : le volte rocciose, la nicchia con la Madonna, la cascata d’acqua, la fontana, Bernardetta inginocchiata davanti in atto di pregare. Il tutto, avvolto di silente pace, dona al cuore profonda commozione. Ancora oggi è meta di pellegrini e migliaia di attestati confermano quante grazie e favori abbia elargito in questi anni la Bianca Signora dei Pirenei.

Da “Quando gli spiriti erano di casa” di Graziana Monti

Lo scalpellino

Un novantenne, tempo fa, spronato dalle mie domande, mi raccontò che sì, a Campeggio, l’avevano visto in molti l’omino che di notte nel “fos dei Zer” (nel fosso del Cerro) batteva col martello sulla pietra come usavano gli scalpellini. A Campeggio, in quei tempi, il mestiere dello scalpellino era quello più praticato e si diceva che questo omino fosse lo spirito di un qualche morto condannato anche nell’altro mondo a lavorare ancora la pietra. Molte notti si sentiva il battere del martello. Una notte un giovane più coraggioso degli altri si avvicinò a questa ombra e gli chiese più volte chi fosse e come mai lavorasse a quell’ora. Non ebbe nessuna risposta, ma a un tratto l’omino smise di battere e con una stridula risata si dileguò fra gli alberi.
Questo fatto mi è stato confermato da un altro campeggiano novantenne, perfettamente lucido di mente: Armando Salomoni. Mi diceva : – Amarcord, quando ero giovane che si vedeva sì, uno spirito dentro al fosso del Cerro.- Questo spirito aveva le sembianze di un omino piccolo, con la barba bianca e un lanternino in mano. L’avevano visto in molti; girava quasi ogni notte su e giù per il fosso del Cerro. Chi non l’aveva visto di persona, aveva visto nella notte il lumicino vagare avanti e indietro fino alle prime luci dell’alba. Ci fu uno che, per scommessa, volle fare il coraggioso: in piena notte andò sul posto e si mise a sedere lungo il fosso, sotto un cerro, aspettando che passasse l’omino. Le ore passavano, ma qui non succedeva nulla.
Di quando in quando sentiva solo cantare la civetta col suo lugubre verso. Faceva anche freddo e si rannicchiò avvolto nella capparella. Il silenzio diventò insopportabile. Man mano che passavano le ore i suoi occhi si spalancavano sempre di più fissando il buio, mentre ad ogni piccolo rumore il nostro uomo trasaliva e il cuore gli martellava nel petto. Si era già pentito di aver fatto questa spacconata e rimpiangeva il suo letto caldo imbottito di foglie di granoturco. Ma ormai si era compromesso con gli amici volendo dimostrare di non aver paura, anzi, beffandosi di coloro che, “neanche per sogno”, sarebbero andati al fosso del Cerro di notte per incontrare un fantasma.
Intanto per farsi coraggio il nostro eroe cercava di ridere pensando all’indomani, quando avrebbe raccontato che non aveva visto proprio un bel niente, che quelle erano tutte fantasie che venivano in testa alla gente per la debolezza dovuta al fatto di dover mangiare sempre e solo polenta. A questo punto non si sa cosa gli fosse successo perché nessuno riuscì mai a farsi raccontare quello che aveva visto quella notte. La curiosità di sapere era diventata di dominio pubblico e tutti, in zona, parlavano del fatto strano che il nostro amico l’indomani aveva tutti i capelli bianchi, mentre il giorno prima erano neri. Gli amici lo spiavano e insistevano affinché raccontasse, ma lui taceva.
Aveva persino cambiato carattere, era diventato improvvisamente un uomo serio : non andava più neanche all’osteria. Si seppe solo che si era recato dal prete a ordinare tre messe. Da allora nessuno vide più il fantasma e neppure la luce da lontano. Anche la gente pian piano smise di parlarne e anche il ricordo svanì come un sogno d’estate.

Il simbolo perduto

ottobre 19th, 2009 by admin

 

 

 

 

 

 

 

Il simbolo perduto, il nuovo libro di Dan Brown  uscirà da Mondadori il prossimo 23 ottobre 2009

Prologo
Il segreto è come si muore.


Fin dal principio dei tempi, il segreto è sempre stato come si muore.
L’iniziato, che aveva trentaquattro anni, guardò il teschio umano che teneva fra le mani come una coppa. Era pieno di vino rosso sangue. Bevilo, si disse. Non c’è nulla di cui aver paura.
e richiesto dalla tradizione, aveva cominciato il suo viaggio indossando le vesti rituali dell’eretico medievale condotto al patibolo: la tunica aperta sul petto chiaro, il calzone sinistro arrotolato sopra il ginocchio, la manica destra rimboccata fino al gomito e un grosso cappio intorno al collo. Quella sera, invece, come gli affiliati che assistevano al cerimoniale, era vestito da maestro.
I fratelli intorno a lui avevano grembiuli di pelle d’agnello, fasce e guanti bianchi, e al collo portavano gioielli cerimoniali che brillavano come occhi spettrali nella luce fievole. Molti di loro ricoprivano cariche prestigiose nella vita, ma l’iniziato sapeva che tra quelle mura la posizione sociale non aveva alcuna importanza. 
Lì erano tutti uguali, fratelli uniti da un legame mistico, da un giuramento solenne. 
Mentre osservava quello straordinario consesso, l’iniziato pensò che nessuno avrebbe mai immaginato di vedere riunita quell’assemblea, e meno che mai in quel luogo. La sala pareva un antico santuario. 
Ma la verità era ancora più strana.

Mi trovo a pochi isolati dalla Casa Bianca.


Il monumentale edificio, al civico 1733 di Sixteenth Street NW a Washington, ricalcava un tempio precristiano, il tempio di re Mausolo ad Alicarnasso — il primo «mausoleo» — costruito per ospitare le spoglie del defunto monarca. Ai lati dell’ingresso principale, due sfingi di diciassette tonnellate facevano la guardia al portone di bronzo. L’interno era un labirinto riccamente decorato di camere rituali, corridoi, sotterranei, biblioteche e persino una parete cava dietro la quale erano murati due scheletri. L’iniziato era stato informato che ogni stanza di quell’ edificio racchiudeva un segreto, ma lui non ne conosceva nessuna che potesse racchiudere segreti più arcani della sala gigantesca in cui era inginocchiato quella sera, con un teschio fra le mani.
 
Da: http://www.corriere.it/cultura/

Censura

ottobre 11th, 2009 by admin

Shahriar Mandanipour, Censura

In una Teheran misteriosa e caotica, dove il profumo dei fiori di primave­ra si mescola al puzzo di monossido di carbonio e le motociclette diventano taxi improvvisati in un traffico da delirio, una ragazza che manifesta davanti all’ università sta per diventare l’eroina di una storia più grande di lei. «La ragazza non sa che esattamente sette minuti e set­te secondi dopo, al culmine degli scontri tra polizia, studenti e militanti nel Partito di Dio, sarà travolta nel caos delle cariche e delle fughe, cadrà all’indietro, batterà la testa su uno spigolo di cemento e chiuderà i suoi occhi orientali per sempre».

Raramente un’opera letteraria ha anticipato con maggiore puntualità una tragedia co­me la morte di Neda Agha-Soltan, la ragazza iraniana uccisa negli scontri tra studenti e polizia lo scorso giugno, la cui morte ripresa in video è diventata l’anima delle proteste durante l’ultimo contestatissimo trionfo elettorale di Ahmadinejad. Ma di puntualità davvero si tratta, se si pensa a Censura. Una storia d’amore iraniana, il romanzo di Shahriar Mandanipour che Rizzoli ha appena mandato in libreria nella traduzione di Flavio Santi (pp. 370, e 19,50), è uscito negli Stati Uniti proprio du­rante le passate elezioni in Iran. Ed è diventato immediatamente un «caso» sui giornali e nei circoli letterari americani per molti buoni motivi, a cominciare al suo inizio tristemente profetico. Gli altri motivi sono legati al metodo postmoder­no usato dall’autore per interrogarsi sui limiti e le possibilità dello storytelling in uno Stato totalitario. Su cosa significhi cioè «narrare» in un Paese dove l’immagi­nazione può condurre alla galera; dove il linguaggio deve farsi ipercreativo per aggi­rare divieti culturali durissimi; e dove il semplice dare forma a una storia d’amore tra un ragazzo (Dara) e una ragazza (Sara) diventa una sfida, sullo sfondo di un Pae­se dove due giovani non sposati non pos­sono né incontrarsi né tenersi per mano né guardarsi negli occhi in pubblico. Ma per capire meglio dove nasce l’inte­resse per un libro complesso come Censura , bisogna andare a pagina 16, dove Shahriar Mandanipour — o il suo alter ego letterario — si presenta al lettore dicendo:

«Sono uno scrittore iraniano stan­co di scrivere storie cupe e amare, popola­te da fantasmi e narratori passati da tem­po a miglior vita, con prevedibili finali di morte e distruzione»

Uno scrittore cinquantenne, aggiungiamo noi, che scrive in farsi per un pubblico che non può leg­gerlo (essendo in Iran censurato) e pensa in inglese per un pubblico americano col­to; che è stato critico cinematografico, direttore di una rivista letteraria e autore di racconti, prima di emigrare negli Stati Uni­ti nel 2006, dove Harvard gli ha offerto un posto di writer in residence che occupa tuttora. Pieno di energia, ironico, erudito e ambiziosissimo, Mandanipour ha scritto un romanzo che è tre cose in una: la storia di un amore segreto tra due giovani nella cupa Teheran di oggi; la storia dello scrittore di quella storia costretto, per poterla raccontare, ad aggirare con mille compromessi l’inevitabile censura; e una riflessione su il modo in cui arte e vita possono mescolarsi nella realtà e sulla pagina….
…. è la censura la vera protagonista di questo romanzo. Una censura eleva­bile ad arte che è la vera ragione, secondo Mandanipour, per cui «gli scrittori iraniani sono diventati i più educati, i più maleducati, i più romantici, i più pornografici, i più politici, i più realisti e i più postmoderni del mondo». Non grazie alla nostra cara vecchia libertà di espressione che può intimorire le menti più navigate. Ma grazie a una tirannia che nella sua stupidi­tà non si accorge di essersi trasformata nella madre di tutte le metafore.

Livia Manera

da: http://www.corriere.it/cultura/

Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels

ottobre 5th, 2009 by admin

Tristram Hunt, The Frock-coated Communist: The Revolutionary Life of Friedrich Engels 

Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels

«La forma più evidente di sfruttamento è la prostituzione: questo è il modo in cui la borghesia attacca addirittura fisicamente il proletariato… La donna è sfruttata come oggetto della libidine maschile e come macchina per produrre figli». «Se avessi un reddito di 5mila franchi non farei altro che divertirmi con le donne, fino allo stremo. Senza le francesi la vita non avrebbe senso: ma finché ci saranno le grisettes, avanti tutta!». Parole dello stesso uomo, Friedrich Engels: perché nella nuova biografia scritta dallo storico britannico Tristram Hunt, The Frock-coated Communist: The Revolutionary Life of Friedrich Engels («Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels») tra le tante contraddizioni dell’industriale tessile amante della bella vita che scrisse con Marx Il Manifesto del Partito Comunista c’è anche la differenza impressionante tra la teoria e la prassi del suo rapporto con le donne.

DONNE INDIPENDENTI - Perché è evidente, dimostra il documentatissimo prof. Hunt, che l’Engels filosofo sia tra i pionieri della rivendicazione dei diritti delle donne, architetto di una precisa teoria generale dell’emancipazione femminile. Ma il filosofo che scrive con passione – e mente modernissima – della donna doppiamente vittima di oppressione nella società è anche l’uomo che si lancia in appassionate odi ai lupanari, e che privatamente si trovò sempre a disagio in presenza di donne indipendenti (diremmo oggi: assertive) – lui trovava in realtà disdicevole che gli tenessero testa in una discussione. L’ennesima versione della solita vecchia storia, l’uomo che predica bene e razzola malissimo, progressista in tutto tranne quando si tratta di mettersi a stirare le camicie o stendere il bucato quando sta per cominciare la partita in tv? Ovviamente sì, ma non solo: certo i peccati personali di Engels sono, da una parte, così lontani, mentre la modernità delle sue teorie – almeno quelle sull’oppressione della donna – è ancora così (tristemente) attuale.

TEORIA E PRATICA - Leggere il libro del professor Hunt, per un maschio, è però anche un test. Un modo per mettere alla prova i propri inevitabili pregiudizi personali: perché se il primo architetto della liberazione femminile assolveva i suoi comportamenti privati usando le posizioni pubbliche come salvacondotto, ciò non è evidentemente più possibile. Perché una peraltro giusta filippica perorata alla macchina del caffè, in ufficio o all’ora di cena, sulla mancanza di asili-nido, sulla cronica arretratezza delle pari opportunità italiane rispetto al nord Europa, sulle tante cose inammissibili all’estero che avvengono ogni giorno nei luoghi di lavoro italiani, non mette tuttavia nessun maschio al riparo dallo spettro che si aggira per l’Europa – e non solo – maschile e progressista: lo spettro del sessista illuminato, tanto orgoglioso delle proprie convinzioni egualitarie da specchiarsi più in esse che non nei propri comportamenti quotidiani.

Matteo Persivale

Da: http://www.corriere.it

Il bambino che sognava la fine del mondo

luglio 4th, 2009 by admin

Immagine da Flickr

E’ uscito il 18 marzo, “Il bambino che sognava la fine del mondo” il nuovo romanzo di Antonio Scurati, uno dei più quotati tra i narratori contemporanei che, in questo suo nuovo romanzo muove una forte critica al mondo dell’informazione, al mondo dei media assetati di notizie, di scoop e di paura.
Antonio Scurati il mondo dei media lo conosce molto bene, professore e ricercatore all’università di Bergamo, insegna proprio “Teorie e tecniche del linguaggio televisivo”, non è dunque un caso che abbia scelto proprio la televisione come fulcro della sua narrazione e come obiettivo del suo attacco. Perché a quanto pare dalle voci che circolano, quest’ultimo libro dell’autore napoletano sembra proprio essere un attacco, duro e diretto, una vera e propria denuncia del sistema mediatico che si nutre di paure e angosce cavalcando il nostro terrore.
Potenzialmente dunque un libro da leggere e da meditare, in ogni caso, sembra, un’occasione per riflettere su tutto ciò che ci viene quotidianamente sparato nel cervello, notizie che ormai di vero hanno solo qualche immagine (non tutte perchè la maggior parte sono di repertorio), notizie completamente stravolte da quella retorica dei buoni sentimenti che dovrebbe disgustarci, ma che evidentemente non siamo più in grado neppure di percepire, notizie che mirano a terrorizzarci, a chiuderci in casa, ad odiare qualsiasi cosa che non riconosciamo familiare, notizie che prima o poi, si spera, ci stancheremo di stare a sentire.
 
Da: http://www.booksblog.it

La Giuria del Premio Strega 2009, 63° edizione, ha assegnato a Il bambino che sognava la fine del mondo 118 punti, ponendolo così al secondo posto, immediatamente dopo il romanzo di Tiziano Scarpa, Stabat Mater (119 punti).