Editi

Daniela Manzini Kuschnig, Incontri, Montedit 1997, pp. 96, 

Euro 5,16 

 

  Prefazione di Olivia Trioschi                               

 

Daniela Manzini Kuschnig non è nome nuovo nei sempre più ampi circuiti della narrativa “non professionista”, intendendo con questo termine quel vasto e pressoché inesplorato raggruppamento di scrittori esclusi dai salotti buoni dei premi prestigiosi e della grande editoria più per miopia di questi ultimi che per incapacità dei primi. D. M. K. ha già vinto alcuni premi cosiddetti “minori” e collabora a varie riviste con saggi, prosa e versi; ma, per la verità, non è questo che ci fa leggere con interesse «Incontri.» La breve riflessione e le scarne note biografiche che abbiamo premesso a questo scritto hanno infatti più che altro funzione di sommarie coordinate attraverso le quali collocare in un’area precisa il lavoro dell’autrice, alle spalle del quale c’è già una notevole esperienza, nonché la fatica di chi si misura quotidianamente con il foglio bianco e poi con le parole, tagliando e ricucendo fili, smussando dialoghi, arrotondando profili. Ricreando, insomma, la vita sulla pagina. Il che, come ben sa chiunque abbia cercato di farlo almeno una volta, è tra i compiti più difficili e gratificanti che ci si possano prefiggere. Difficile, perché niente suona più stonato e fin fastidioso di una pagina in cui personaggi e dialoghi restano di carta, vuoti, privi di quello spessore che solo può dar loro corposità e vita; gratificante, perché niente alleggerisce lo spirito umano come la lettura di una pagina di vera narrativa, dalla quale prendono forma uomini e donne vivi, pieni di umanità e calore, e tanto più quanto più mostrano le passioni e i vizi, le debolezze e i difetti che ognuno sente confusamente in sé e attorno a sé. Il personaggio, per essere tale, deve seguire una sua intima coerenza (anche nella follia e nell’incertezza) che si riflette in ciò che dice e fa, e fatalmente nelle sue scelte (o non-scelte). Nel racconto, poi, il personaggio deve trovare la misura esatta di sé, deve muoversi lungo una traiettoria temporale (che può essere lunga anni o breve come un giorno, o un attimo) che attraverso una serie di circostanze (anche le più insignificanti) lo spinge a impegnare tutte le sue risorse, a mettere in gioco la sua vita. Cosa accadrà dopo, e cosa è accaduto prima, non ha importanza, e del resto è già tutto nel personaggio. Il quale può nascere già uomo fatto, ma ha alle spalle una catena di eventi che lo determinano infallibilmente, così come accade a ognuno di noi. In genere non si sfugge alle proprie premesse.
Le circostanze che impegnano i personaggi di D. M. K. sono, per l’appunto, «incontri». Fortuiti, oppure cercati da una vita; in ogni caso è sempre l’incontro-scontro tra personalità diverse la molla propulsiva dell’azione. Incontri che si svolgono a più livelli nell’ambito dello stesso racconto, mettendo di fronte uomini e donne ognuno con il proprio carico di vita già vissuta, ma tutti esattamente dimensionati in altezza e profondità. Il che avviene – e qui la Manzini mostra la lunga dimestichezza con il genere, oltre che l’intuito senza il quale ogni tecnica rimarrebbe lettera morta – nei modi più diversi.
C’è Ottavio La Guardia, scolpito nella terra e nei campi che tanto ama con pochi e vigorosi colpi, giusto quelli che richiede un uomo di poche e solide parole; e c’è sua madre, aggirata invece con maggior circospezione, svelata poco a poco da dettagli indiretti come si conviene a uno spirito che una volta era stato forte e dolce, ma che ora è invecchiato, stanco, solo. Le loro conversazioni sono rade, le parole sono dette con circospezione e usate con la cautela dei montanari: pochi sanno così bene come la vita, il pericolo, il bene e il male stiano altrove. Poi c’è il conducente di pullman che si racconta in prima persona, ed è lui a darci le prime informazioni su quell’altro, Fabrizio Gregori, lo strano tipo interessato ai musei archeologici e allo stesso tempo alle ragazze, meglio se tanto più giovani di lui. Il racconto si costrui-sce seguendo uno schema binario: le riflessioni del guidatore e i flash-back impersonali che ritraggono Gregori da giovane; il presente e il passato che si mescolano. Qui la tecnica narrativa sembra creare una sorta di schema incrociato tra i personaggi, riflettendone specularmente la logica interna: al conducente – uomo più semplice e diretto, abituato ad agire più che a parlare – si concede la parola per esprimere la propria sofferenza; l’altro – il colto, complicato e cerebrale professore di università – viene lasciato agire, sicché è solo attraverso le sue azioni che egli costruisce la propria umanità. Anche la vecchia del terzo racconto, «Calicanto», si racconta da sé, impietosamente. Ma qui la scelta sembra dettata, più che da una scelta tecnica presa a tavolino dall’autrice, dal personaggio stesso. La donna, memorabile tipo di matriarca, non è abituata a falsi pudori né a ipocrisie; a chi, dunque, lasciar la parola se non a lei stessa? È lei a strappare – metaforicamente – la penna di mano alla scrittrice per dire, anzi gridare, la sua verità e la sua rabbia verso la famiglia, colpevole di averle strappato la tenerezza e il nipote. Infine, l’ultimo racconto. Che si discosta un po’ dagli altri per l’atmosfera sognante, per la vaghezza dei confini spazio-temporali, per l’irrealtà dei personaggi che lo animano. A cominciare dalla protagonista, l’inafferrabile Miranda, fatta essa stessa della labile consistenza dei sogni di cui nutre la sua vita.
Ma, per tornare all’insieme della raccolta, c’è una cosa che va aggiunta, ed è a dire il vero la più importante. Questi racconti sono belli, scorrono piacevolmente e lasciano al lettore il ricordo di personaggi veri, sui quali è anche possibile costruire proprie fantasie. Infine, fanno scorrere velocemente qualche ora, trasportandoci in vite diverse. Il che, in fondo, è esattamente quanto ci sentiamo di chiedere alla narrativa.

 

Da: www.clubautori.it

http://www.ibs.it/ser/serpge.asp?type=keyword&x=manzini+kuschnig

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AA VV, Edizioni Internet, Ed. Artcom, Roma, 1999

Prefazione di Mario Verdone

Nato dall’ esperienza di Racconti & Letteratuta, sito creato da Raffaele Gambigliani Zoccoli, contiene 9 racconti

Daniela Manzini Kuschnig: Un angelo custode di nome Max
Dante Basili: Joel ed il Vecchio
Lalla Ponka: L’ indifferenza, i soldi e Caino
Mario Frighi: Donne
Matteo Pavoni: Lo scrigno d’ ebano
Mauro Righi: Italia – Francia ai calci di rigore
Raffaele Gambigliani Zoccoli: Una scommessa d’ estate
Simone M. Navarra: Il cubo
Vincenzo Montevecchi: Iorg

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Daniela Manzini Kuschnig, Con ali raccolte, Montedit, 2000, pp. 48, Euro 4, 40

Con ali raccolte
nascere
nell’attesa vibrante
del giorno dopo domani,
con ali raccolte
dormire
nel nido di erbe fragranti
di soli ormai tramontati,
con ali raccolte.

 

http://www.ibs.it/ser/serpge.asp?type=keyword&x=manzini+kuschnig

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Daniela Manzini Kuschnig, Il monte, Michele di Salvo Editore, 2000

Anche in un quieto villaggio di montagna accadono fatti di cronaca nera.
l’ azione si sviluppa intorno all’ indagine che ne scaturisce, intrecciandosi ai rapporti personali e sentimentali fra i protagonisti: si rivelano così i lati più privati delle loro vite in uno spaccato “ambientale” rivisitato con cura e con amore.

Dalla quarta di copertina.

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  AA VV, Racconti: Cesare perduto nella pioggia, Ed. Di Salvo, 2000

50 anni senza Pavese 

Un viaggio nella memoria tra città e campagna a cura di M. Canetta