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e questa sabbia che intride
la pelle scalfisce il respiro
sguscia il sorriso scolpito nello scatto
di un solo tratto di penna
onde di sabbia che il vento disperde
e poi ricompone in mari mai quieti
irresistibili oceani da navigare
sabbia alla luna riluce in argento disfatto
filtra fra le dita l’ attimo lieve che scorre
inavvertito unico irripetibile
già perso.
Zdzislaw Beksinski
e questo mare d’ ossa
bianche e luminose
desertiche distese di montagne
in attesa del segno – ultimo accesso
erigono consistenze di lacci e di essenze
fragranti fasci di vertebre
colonne stese svuotate di midollo
simulacri di forza
baluardo infinito e muraglia senza fine
altissima nei secoli dei secoli
finchè questo sarà
il come e il perché
il nodo insoluto
di ogni umana
cosa.
Ritorno
quieta
sui miei passi
d’ ambra lasciando impronte
ricordo
gli sprechi di carta stagnola:
risento
il grido del gabbiano
sull’ onda
lo schiaffo della spuma
sul molo
l’ odore di sale
sulla pelle.
Salgo le scale
di giorni ciechi
stretta ai momenti
frastagliati
scheggiati
nella sacca di tela riposti
con la conchiglia bianca
rubata alla sabbia calda
quando il mondo s’ apriva
nel colore dell’ oro
giorno dopo giorno
ogni giorno,
con amore
in attesa
che stelle marine
s’ accendessero
in cielo,
fra nuvole blu.