Archive for the 'News: lettere e arti' Category

Censura

ottobre 11th, 2009 by admin

Shahriar Mandanipour, Censura

In una Teheran misteriosa e caotica, dove il profumo dei fiori di primave­ra si mescola al puzzo di monossido di carbonio e le motociclette diventano taxi improvvisati in un traffico da delirio, una ragazza che manifesta davanti all’ università sta per diventare l’eroina di una storia più grande di lei. «La ragazza non sa che esattamente sette minuti e set­te secondi dopo, al culmine degli scontri tra polizia, studenti e militanti nel Partito di Dio, sarà travolta nel caos delle cariche e delle fughe, cadrà all’indietro, batterà la testa su uno spigolo di cemento e chiuderà i suoi occhi orientali per sempre».

Raramente un’opera letteraria ha anticipato con maggiore puntualità una tragedia co­me la morte di Neda Agha-Soltan, la ragazza iraniana uccisa negli scontri tra studenti e polizia lo scorso giugno, la cui morte ripresa in video è diventata l’anima delle proteste durante l’ultimo contestatissimo trionfo elettorale di Ahmadinejad. Ma di puntualità davvero si tratta, se si pensa a Censura. Una storia d’amore iraniana, il romanzo di Shahriar Mandanipour che Rizzoli ha appena mandato in libreria nella traduzione di Flavio Santi (pp. 370, e 19,50), è uscito negli Stati Uniti proprio du­rante le passate elezioni in Iran. Ed è diventato immediatamente un «caso» sui giornali e nei circoli letterari americani per molti buoni motivi, a cominciare al suo inizio tristemente profetico. Gli altri motivi sono legati al metodo postmoder­no usato dall’autore per interrogarsi sui limiti e le possibilità dello storytelling in uno Stato totalitario. Su cosa significhi cioè «narrare» in un Paese dove l’immagi­nazione può condurre alla galera; dove il linguaggio deve farsi ipercreativo per aggi­rare divieti culturali durissimi; e dove il semplice dare forma a una storia d’amore tra un ragazzo (Dara) e una ragazza (Sara) diventa una sfida, sullo sfondo di un Pae­se dove due giovani non sposati non pos­sono né incontrarsi né tenersi per mano né guardarsi negli occhi in pubblico. Ma per capire meglio dove nasce l’inte­resse per un libro complesso come Censura , bisogna andare a pagina 16, dove Shahriar Mandanipour — o il suo alter ego letterario — si presenta al lettore dicendo:

«Sono uno scrittore iraniano stan­co di scrivere storie cupe e amare, popola­te da fantasmi e narratori passati da tem­po a miglior vita, con prevedibili finali di morte e distruzione»

Uno scrittore cinquantenne, aggiungiamo noi, che scrive in farsi per un pubblico che non può leg­gerlo (essendo in Iran censurato) e pensa in inglese per un pubblico americano col­to; che è stato critico cinematografico, direttore di una rivista letteraria e autore di racconti, prima di emigrare negli Stati Uni­ti nel 2006, dove Harvard gli ha offerto un posto di writer in residence che occupa tuttora. Pieno di energia, ironico, erudito e ambiziosissimo, Mandanipour ha scritto un romanzo che è tre cose in una: la storia di un amore segreto tra due giovani nella cupa Teheran di oggi; la storia dello scrittore di quella storia costretto, per poterla raccontare, ad aggirare con mille compromessi l’inevitabile censura; e una riflessione su il modo in cui arte e vita possono mescolarsi nella realtà e sulla pagina….
…. è la censura la vera protagonista di questo romanzo. Una censura eleva­bile ad arte che è la vera ragione, secondo Mandanipour, per cui «gli scrittori iraniani sono diventati i più educati, i più maleducati, i più romantici, i più pornografici, i più politici, i più realisti e i più postmoderni del mondo». Non grazie alla nostra cara vecchia libertà di espressione che può intimorire le menti più navigate. Ma grazie a una tirannia che nella sua stupidi­tà non si accorge di essersi trasformata nella madre di tutte le metafore.

Livia Manera

da: http://www.corriere.it/cultura/

Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels

ottobre 5th, 2009 by admin

Tristram Hunt, The Frock-coated Communist: The Revolutionary Life of Friedrich Engels 

Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels

«La forma più evidente di sfruttamento è la prostituzione: questo è il modo in cui la borghesia attacca addirittura fisicamente il proletariato… La donna è sfruttata come oggetto della libidine maschile e come macchina per produrre figli». «Se avessi un reddito di 5mila franchi non farei altro che divertirmi con le donne, fino allo stremo. Senza le francesi la vita non avrebbe senso: ma finché ci saranno le grisettes, avanti tutta!». Parole dello stesso uomo, Friedrich Engels: perché nella nuova biografia scritta dallo storico britannico Tristram Hunt, The Frock-coated Communist: The Revolutionary Life of Friedrich Engels («Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels») tra le tante contraddizioni dell’industriale tessile amante della bella vita che scrisse con Marx Il Manifesto del Partito Comunista c’è anche la differenza impressionante tra la teoria e la prassi del suo rapporto con le donne.

DONNE INDIPENDENTI - Perché è evidente, dimostra il documentatissimo prof. Hunt, che l’Engels filosofo sia tra i pionieri della rivendicazione dei diritti delle donne, architetto di una precisa teoria generale dell’emancipazione femminile. Ma il filosofo che scrive con passione – e mente modernissima – della donna doppiamente vittima di oppressione nella società è anche l’uomo che si lancia in appassionate odi ai lupanari, e che privatamente si trovò sempre a disagio in presenza di donne indipendenti (diremmo oggi: assertive) – lui trovava in realtà disdicevole che gli tenessero testa in una discussione. L’ennesima versione della solita vecchia storia, l’uomo che predica bene e razzola malissimo, progressista in tutto tranne quando si tratta di mettersi a stirare le camicie o stendere il bucato quando sta per cominciare la partita in tv? Ovviamente sì, ma non solo: certo i peccati personali di Engels sono, da una parte, così lontani, mentre la modernità delle sue teorie – almeno quelle sull’oppressione della donna – è ancora così (tristemente) attuale.

TEORIA E PRATICA - Leggere il libro del professor Hunt, per un maschio, è però anche un test. Un modo per mettere alla prova i propri inevitabili pregiudizi personali: perché se il primo architetto della liberazione femminile assolveva i suoi comportamenti privati usando le posizioni pubbliche come salvacondotto, ciò non è evidentemente più possibile. Perché una peraltro giusta filippica perorata alla macchina del caffè, in ufficio o all’ora di cena, sulla mancanza di asili-nido, sulla cronica arretratezza delle pari opportunità italiane rispetto al nord Europa, sulle tante cose inammissibili all’estero che avvengono ogni giorno nei luoghi di lavoro italiani, non mette tuttavia nessun maschio al riparo dallo spettro che si aggira per l’Europa – e non solo – maschile e progressista: lo spettro del sessista illuminato, tanto orgoglioso delle proprie convinzioni egualitarie da specchiarsi più in esse che non nei propri comportamenti quotidiani.

Matteo Persivale

Da: http://www.corriere.it

Un the al casone con Ruzante e Diego Valeri

ottobre 1st, 2009 by admin

 

Un the al casone con Ruzante e Diego Valeri

CASA-MUSEO della cultura contadina
via Ramei 16- Piove di Sacco, Padova

Ospita

la Casa Editrice Il Ponte del Sale con i suoi tre poeti:

Fernanda FerraressoMigratorie non sono le vie degli uccelli
Marco MunaroNel corpo vivo dell’aria
Umberto SimoneIl sacco del curdo
 
http://cartesensibili.wordpress.com/avvisi-e-concorsi

La bella di Loulan e l’indipendenza dello Xinjiang

settembre 21st, 2009 by admin

 

Paolo Manca, giornalista ed esperto sull’argomento, parla della situazione dello Xinjiang.
In Cina, nella regione dello Xinjiang, la situazione è molto delicata: cosa sta accadendo?
“Lo Xinjiang è una grandissima regione che copre un sesto del territorio cinese, di cui costituisce la parte più occidentale. La popolazione è per la maggior parte di Uiguri, mentre nel resto della Repubblica Popolare Cinese la maggioranza è Han. Gli Uiguri, circa 9 milioni di individui, sono musulmani, parlano una lingua di origine turca, scrivono in arabo e hanno tratti somatici non orientali. Sulla base di queste differenze, da oltre sessanta anni chiedono l’indipendenza dello Xinjiang dalla Repubblica popolare, o almeno una maggiore autonomia. La situazione di tensione è precipitata all’inizio di luglio, quando a Urumqi, capitale dello Xinjiang, si è diffusa la falsa notizia di uno stupro commesso dagli Uiguri contro due giovani Han. La reazione violenta degli Han, desiderosi di vendetta, ha fatto esplodere lo scontro etnico, represso con la forza dalla polizia: 158 vittime accertate, centinaia di feriti e 1500 arresti il conto finale.”
L’archeologia, fondendosi per una volta con la politica, sembra dare ragione ai nazionalisti Uiguri… Quali sono le scoperte più recenti?
“Non credo che l’archeologia si sia fusa con la politica, piuttosto vedo la politica che sfrutta l’archeologia, trascinandola in un campo che non le appartiene. Nello Xinjiang sono state trovate centinaia di corpi mummificati naturalmente, cioè perfettamente conservati dal clima particolarmente secco e dalla sabbia alcalina. Risalgono a un periodo compreso tra l’Età del Bronzo (1800 a.C.) e il I secolo d.C., la maggior parte di loro sono alti, biondi con gli occhi tondi e il naso grosso, hanno cioè tratti somatici caucasici, non asiatici. Gli Uiguri portano questi ritrovamenti come prova per sostenere che i loro antenati fossero occidentali, non asiatici come invece vuole la storia ufficiale cinese. Un motivo in più per chiedere l’indipendenza. La Bella di Loulan, forse la mummia più famosa tra quelle ritrovate, è anche diventata l’eroina di una canzone indipendentista popolare. Il problema è che il significato politico associato alle mummie ha di fatto fermato gli studi di ricercatori occidentali sui corpi. Oggi il governo cinese permette proseguire le indagini solo a scienziati cinesi, ma è evidente che qualunque risultato possa emergere, difficilmente sarà giudicato oggettivo dalla comunità internazionale. Un vero peccato, perché per l’archeologia, e dunque la Storia, il ritrovamento delle mummie cinesi (geograficamente lo sono) è una delle maggiori scoperte del secolo scorso.”
Dobbiamo rivedere la teoria delle migrazioni Indoeuropee?
“Senza dubbio. I pochi scienziati occidentali che sono riusciti a studiare le mummie prima del blocco, in particolare Victor Mair professore di Lingua e Letteratura cinese della University of Pennsylvania, hanno dimostrato che almeno due mummie hanno origine occidentale. Questo conferma che la zona era abitata anche da uomini e donne provenienti dall’Europa e dunque ammettere che si sia stata una migrazione verso queste terre, dove per secoli hanno convissuto popolazioni diverse, caucasiche e asiatiche.”

Chiara Boracchi
Si ringrazia per la collaborazione Storica National Geographic.

Il ciclo del tempo

settembre 5th, 2009 by admin

Alessandro Papetti, Il cerchio del Bosco

Tre grandi dipinti circolari, otto metri di diametro per ogni struttura, nel cuore di Palazzo Reale, all’interno del cortile. Una collocazione insolita per un’opera d’arte, che rappresenta ’Il ciclo del tempo’, installazione di Alessandro Papetti. I tre grandi ‘ambienti pittorici’ sono creati in modo da lasciare entrare il visitatore al centro dell’opera. Tre cerchi dedicati all’acqua, al bosco e al vento, con un richiamo ideale ad alcuni dei cicli più celebri della storia dell’arte. L’artista ha lavorato ai dipinti per oltre un anno all’interno del suo ‘atelier’, un grande capannone in Corso Lodi. Ma Papetti covava il progetto da tempo. Da almeno dieci anni. L’iniziativa è la prima di un progetto che collega le esposizioni di arte antica e moderna con la sensibilità di un artista contemporaneo. L’installazione di Papetti dialoga idealmente con la grande mostra ‘Monet. Il tempo delle ninfee’, a Palazzo Reale fino al 27 settembre.

Quando
Giornaliero dal 05/09/2009, 09:30 fino al 20/09/2009, 09:30

Dove
Indirizzo: Palazzo Reale, piazza Duomo 12
Città: Milano (MI)
Da: http://eventi.quotidianonet.ilsole24ore.com

MITO – SettembreMusica

agosto 30th, 2009 by admin

In un anno reso difficile da crisi economiche e calamità naturali Milano e Torino hanno continuato coraggiosamente a programmare il loro festival nella convinzione che le strategie culturali, accolte nelle scorse stagioni dal pubblico con tanto entusiasmo, rappresentino per lo sviluppo civile del paese un’innegabile priorità.

Per imparare a vivere in una società multiculturale nella quale le differenze si traducano in occasioni per approfondire le nostre conoscenze, nulla è più adatto della musica: ecco dunque che MITO SettembreMusica, fin nel giorno della sua conferenza stampa, presenta l’Orchestra Sinfonica del Qatar diretta da Lorin Maazel. Le differenze intese come occasioni di arricchimento culturale sono però numerose anche all’interno della nostra storia; lo sanno bene gli abitanti di Torino e Milano che nel periodo del festival scoprono le sembianze quasi infinite che la musica ha assunto nel corso dei secoli.

Cominceremo giovedì 3 settembre a Torino e venerdì 4 a Milano con l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo impegnata in un vero e proprio festival Prokof’ev il cui scopo è riportare al centro della scena una delle grandi figure musicali del secolo scorso sulla quale è calato negli ultimi anni un velo di leggera disattenzione. Il Novecento ce lo siamo appena lasciati dietro le spalle ma la materia meravigliosa e spesso tragica nella quale è forgiato ancora aspetta di essere conosciuta con sufficiente obbiettività.

L’attrazione più forte che il festival MITO SettembreMusica è in grado di esercitare consiste però nel mettere il pubblico di fronte a continue scelte: musica del nostro tempo o antica, teatro musicale barocco o contemporaneo, orchestre sinfoniche o solisti, musica di etnie lontane o liturgie musicali cristiane? Il dilemma fondamentale è tra l’ascoltare quello che già si conosce o quello che ci è ancora ignoto: abitudine o avventura culturale? Incoraggiare l’una non significa deprimere l’altra, poiché a viverla ogni giorno questa alternativa produce una definizione più consapevole del nostro ruolo nella società.

Eccoci dunque a proporvi una sequela di istantanee musicali sul Giappone con l’Orchestra Imperiale di gagaku e il teatro Nō, le polifonie sacre di Palestrina e di Dufay, i festeggiamenti per gli anniversari plurisecolari di Haydn, Mendelssohn-Bartholdy, del Futurismo e perfino di Abraham Lincoln, personaggio al quale i compositori hanno rivolto non di rado la loro attenzione. Vorremmo invitarvi ad ascoltare alcune fra le migliori orchestre del mondo coi loro celebri direttori, a scoprire la musica del nostro tempo attraverso le opere di Hosokawa, Manzoni, Dufourt, Mantovani, Daugherty, Filippo del Corno e tanti altri compositori che potrete conoscere meglio anche attraverso conferenze e dibattiti.

Se al piacere di ritrovare le abitudini musicali che ci sono più care si aggiunge l’emozione della scoperta, della discussione e dell’approfondimento, allora il Festival raggiunge il suo scopo: è con questa convinzione che desidero augurare agli abitanti di Milano e Torino e a tutti coloro che verranno da lontano per partecipare alla nostra grande festa musicale buon ascolto.

Enzo Restagno

Direttore Artistico

http://www.mitosettembremusica.it/

Il fantastico mondo di…Clark & Pougnaud

luglio 24th, 2009 by admin

Il fantastico mondo di…Clark & Pougnaud

Dal 3 Ottobre al 13 dicembre 2009, in esclusiva italiana presso lo spazio PaciArte contemporary di Brescia sarà possibile ammirare le opere dei due artisti francesi.

Citando la solitudine americana di Hopper, gli artisti francesi Clark & Pougnaud evocano quella 

 

contemporanea, realizzando delle immagini straordinarie.

Non è solo al pittore statunitense che i fotografi si ispirano (”Hommage à Edward Hopper”), ma anche ad altre storie (”Dorathy et l’enfance”) che raccontano quei momenti di solitudine che l’essere umano incontra quando si confronta con la vita, dall’infanzia alla maturità piena. 

Da: http://mag.sky.it

      http://www.artsblog.it

Il tempo delle ninfee

luglio 5th, 2009 by admin

Si tiene a Milano, fino al 27 settembre, nei locali di Palazzo Reale, la mostra Monet, il tempo delle ninfee, ideata e curata da Claudia Zevi con il contributo di Jacques Taddei, Hélène Bayou, Michel Draguet, Marco Fagioli e Delfina Rattazzi. Per comprenderne il percorso è forse utile partire direttamente dalle parole del pittore: “Giverny è stato per me un atto di fede, un atto d’amore e d’umiltà”. Questo luogo rappresenterà, in effetti, per Claude Monet, un “motore” importantissimo per la sua arte, espressione di una passione esasperata, di una vera e propria ossessione, che dal finire dell’Ottocento fino al 1926 – anno della sua morte – lo perseguiterà ininterrottamente.

Da: http://www.mostreinmostra.it

Informazioni:www.mostramonet.it

Orari:
da martedì a domenica, dalle 9.30 alle 19.30 
lunedì, dalle 14.30 alle 19.30 giovedì, dalle 9.30 alle 22.30 
la biglietteria chiude un’ora prima 



Il bambino che sognava la fine del mondo

luglio 4th, 2009 by admin

Immagine da Flickr

E’ uscito il 18 marzo, “Il bambino che sognava la fine del mondo” il nuovo romanzo di Antonio Scurati, uno dei più quotati tra i narratori contemporanei che, in questo suo nuovo romanzo muove una forte critica al mondo dell’informazione, al mondo dei media assetati di notizie, di scoop e di paura.
Antonio Scurati il mondo dei media lo conosce molto bene, professore e ricercatore all’università di Bergamo, insegna proprio “Teorie e tecniche del linguaggio televisivo”, non è dunque un caso che abbia scelto proprio la televisione come fulcro della sua narrazione e come obiettivo del suo attacco. Perché a quanto pare dalle voci che circolano, quest’ultimo libro dell’autore napoletano sembra proprio essere un attacco, duro e diretto, una vera e propria denuncia del sistema mediatico che si nutre di paure e angosce cavalcando il nostro terrore.
Potenzialmente dunque un libro da leggere e da meditare, in ogni caso, sembra, un’occasione per riflettere su tutto ciò che ci viene quotidianamente sparato nel cervello, notizie che ormai di vero hanno solo qualche immagine (non tutte perchè la maggior parte sono di repertorio), notizie completamente stravolte da quella retorica dei buoni sentimenti che dovrebbe disgustarci, ma che evidentemente non siamo più in grado neppure di percepire, notizie che mirano a terrorizzarci, a chiuderci in casa, ad odiare qualsiasi cosa che non riconosciamo familiare, notizie che prima o poi, si spera, ci stancheremo di stare a sentire.
 
Da: http://www.booksblog.it

La Giuria del Premio Strega 2009, 63° edizione, ha assegnato a Il bambino che sognava la fine del mondo 118 punti, ponendolo così al secondo posto, immediatamente dopo il romanzo di Tiziano Scarpa, Stabat Mater (119 punti).

L’astrologa e Dumas

luglio 4th, 2009 by admin

Scrive Salvatore Silvano Nigro: “Carta, penna e calamaio fanno un destino. E un romanzo”.

Maria Stella vuole che Alexander Dumas prenda penna e calamaio e metta sulla carta la sua storia. Per farne un romanzo.
Ma andiamo con ordine. Maria Stella Petronilla Chiappini e Alexander Dumas padre sono i protagonisti de La strana giornata di Alexander Dumas (Piemme, pagine 371, 18,50 Euro), l’ultimo romanzo di Rita Charbonnier.
L’Autrice,vicentina di nascita, dopo esser stata attrice a cantante in teatro, si è dedicata alla scrittura. Nel 2006 ha pubblicato La sorella di Mozart e quest’anno il romanzo succitato.
Quando Dumas incontra Maria Stella, siamo nel 1843, non ha ancora scritto né I tre moschettieri né Il conte di Montecristo.
Maria Stella è un’astrologa e Dumas va da lei per sapere qualcosa sul suo futuro. Quella che doveva essere una normale seduta d’astrologia, diventa per lo scrittore una giornata strana e particolare perché apprende dalla donna una storia scandalosa. Costei gli racconta la storia di uno scambio di neonati: il figlio di una coppia di popolani viene scambiato con la figlia di Luigi Filippo d’Orleans, cugino del re Luigi XVI. La neonata è lei, Maria Stella, il neonato diventerà re di Francia.
Il lettore segue con il fiato sospeso la vicenda. Egli prende posto in un teatro immaginario e segue i dialoghi dei due protagonisti parteggiando ora per l’astrologa ora per lo scrittore. I dialoghi sono a tratti pieni di tensione,a volte febbrili, altre volte drammatici. La bravura dell’Autrice sta anche nel mettere dentro la cornice del romanzo storico altri generi letterari: il diario, l’epistolario, il romanzo di formazione.
Alla Charbonnier non interessa né il romanzo storico né la vicenda del torto subito da Maria Stella. Quello che importa è il tema dell’identità. E’ più importante chi ci genera o chi ci alleva?
Questo il leit motiv di tutto il romanzo che la protagonista scioglie alla fine a favore di Vincenza, la donna che l’ha allevata e che s’è presa cura di lei.
Ma è davvero così? Apparentemente sì. Maria Stella, però, vuol altro. Vuole che Dumas faccia di lei una creatura letteraria. Vuole che il suo destino,la sua vita travagliata diventino storia, romanzo.
Maria Stella, al pari di Manzoni, sa bene che “la scrittura è un metter nero su bianco, che impegna così… dalla vita alla morte”.
Dumas la ricorderà nelle sue Memorie, ma non ne farà un’eroina letteraria. La donna ne resta delusa e in un certo qual modo, si vendica. Allo scrittore che era venuto da lei in cerca di certezze (la gloria letteraria), l’astrologa gli assicura che sarà famoso, però gli mette davanti una cruda verità: Dumas, nonostante la sua fama di conquistatore di donne a getto continuo, è incapace d’amare. Davanti a queste parole lo scrittore s’incupisce, però è solo un colpo leggero, perché il KO arriva subito dopo: “Siete uno di quegli uomini per i quali l’unica donna che esiste al mondo è la propria madre. Idealmente è con lei che siete sposato”.
Ha scritto Roland Barthes: “Lo scrittore è uno che gioca con il corpo della madre”.
Nel duello verbale instaurato tra Maria Stella e Alexander è la prima a uscire vincitrice.

Da: http://finuzzo.blog.lastampa.it