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Da: it.paperblog.com
in questa notte
fatta di mille lune
si fa possibile l’ impossibile
s’ insinua piano il senso
del futuro
la dimensione dell’ essere
altrove
altrove da qui
aprire le braccia lasciare che il
volo prenda alla gola
spasimo estremo di estrema
speranza
oscura è la sponda in attesa di un’ orma
spersa fra lunghe frange
di sogni smarriti.
Beverly Bennington, Silence
io non so dove finisce l’ essenza delle foglie
che d’ autunno
si disfano in terra
forse penetra giù fin dove il grembo d’ erba s’ innesta
al fuoco perenne dell’ eterno
forse si fa tutt’ uno con l’ aria il gelo delle
lunghe barbe di ghiaccio festoni ai tetti
forse vola liberamente fra le nubi al galoppo su ali di tempesta
forse é parte della nebbia avvolgente i giorni brevi le lunghe notti
forse…
è tutto un forse questo cammino a passi lenti ogni inciampo diviene un dirupo
da superare
è tutto un forse l’ accendersi e lo spegnersi del lume che
tengo sul davanzale – ci sono i ciclamini sul davanzale -
a trarre baluginii danzanti come
di domande timide
di timide dita tese
a cogliere
la scintilla di una speranza
ad aggrapparsi
nel nome del divino
alla risposta.
Javer Porras
Attendendo la neve
che a fiocchi fitti
acceca la montagna
i passi smorza e
l’ occhio imbianca
tra rami nudi vado
e sterpi tengo
ben stretti al petto
legati con un nastro
come un mazzo di viole.
Quando sono venuti a prendere gli ebrei
Sono rimasto in silenzio perché non ero ebreo
Quando sono venuti a prendere gli omosessuali
Sono rimasto in silenzio perché non ero omosessuale
Quando sono venuti a prendere i comunisti
Sono rimasto in silenzio perché non ero comunista
Quando sono venuti a prendere gli zingari
Sono rimasto in silenzio perché non ero zingaro
Quando sono venuti a prendere me, non c’era più
nessuno che potesse parlare per difendermi.
Martin Niemöller
Per eventuali problematiche sull’ attribuzione del testo, rimando a :
Un testo di Bertolt Brecht che non é di Bertolt Brecht
Super beautiful photos
portavo Rirì nel
cuore
tenevo Rirì sul
palmo
cantavo a Rirì
ogni giorno
e Rirì sorrideva
chè questo significava il nome
Rirì come riso sorriso
Rirì stava al caldo nel nido
del piano infinito
in attesa che germogliasse
per lei anche per lei
l’ ora
che il momento si compisse
suonasse lieve il richiamo
di cristallo della
campanula che il vento risuona
come cuore che batte.
Rirì era un sogno. Il mio.
perché quando si invecchia e la vita, brano a brano
ti sbrana, selvaggiamente si sazia di te, la vita
allora forse
occorre un sogno che rida
e tu lo sai che è un sogno e che mai diventerà realtà, non c’ è speranza,
ma ti fai bastare il sogno e lo accarezzi, lo fai carne e dai colore e forma alla visione
fumo azzurro
perché dovrai pure andare avanti
anche se sei a pezzi
dovrai andare avanti
mattino pomeriggio sera e poi
le lunghissime notti ore del buio
dove sprofondi la mente nei giorni andati i ricordi
si fanno storie tutte da raccontare ancora e
la mancanza punge
le delusioni illusioni sono ferite vive e ringrazi
Lui per quel che hai avuto
ecco
allora stringi tutti i tesori al petto, li stringi forte li accarezzi
sono qui, dici, siamo qui e li vedi li tocchi perché il passato torna vivo
e presente e l’ essenza si ricompone al tatto
una resurrezione si compie
ogni notte
e poi c’ è Rirì a salvarti sull’ orlo del campo di segale
dal burrone sprofondo senza fondo forse una follia geniale e pietosa
e nel sorriso di Rirì che ancora non c’ è e mai ci sarà per te
- bisogna meritarla, una Rirì –
ti culli e trovi il fiato per salutare l’ alba.
Mai ci sarà per me Rirì, anche se esiste sogno visione magia alchimia
sospiro respiro grano di senape uovo in – seminato
sorriso sempre trillo di cincia passero nel nido
la tengo in pancia la porto nella mente la partorisco in vecchiaia.
Immagine di Brian Wolfe
nel grembo dormiva cullata
dall’ onda del sangue e nel sangue
cresceva, formava la vita
il granello di senape che inseminava
l’ oggi e il domani
preparava la trama lucente
agganciata com’ era all’ attesa
ed era di tutti i colori il suo mondo
di tutti i sapori
di ogni profumo sapeva
di ogni sorriso
era un canto infinito ancora sospeso
un sospiro che lieve cresceva smuoveva
i riccioli biondi del tempo momento attimo
di speranza steso nel sole.
Da it.123rf.com
e questa sabbia che intride
la pelle scalfisce il respiro
sguscia il sorriso scolpito nello scatto
di un solo tratto di penna
onde di sabbia che il vento disperde
e poi ricompone in mari mai quieti
irresistibili oceani da navigare
sabbia alla luna riluce in argento disfatto
filtra fra le dita l’ attimo lieve che scorre
inavvertito unico irripetibile
già perso.
www.teatrodellegame.it
La trama di questo breve racconto dello scrittore francese Jean Giono si può riassumere tutta nel titolo: c’era un uomo che piantava alberi. Questa frase, che potrebbe essere l’inizio di una favola, in realtà esaurisce tutto il campo dell’azione del protagonista. Lo sviluppo del racconto e dunque il tempo narrativo, è utilizzato per moltiplicare ed amplificare questo piccolo e semplice gesto del piantare un albero. Ed è immediato e sufficiente richiamare il verbo che gli fa da sinonimo per aprirsi ad una vasta gamma di suggestioni: seminare.
Raggiungiamo così il nocciolo di questo testo: esso è “il racconto del seminatore”, e proprio per dare maggior luminosità a questa figura esemplare, l’autore lo riproduce e rispecchia nella forma stessa della scrittura, che deve semplicemente descrivere quell’unico gesto di deporre la potenzialità di ogni eventuale ed auspicabile trama futura, rappresentare solo il deposito di ogni ulteriore significato. Natura e linguaggio ritrovano un loro analogo riflesso di purezza nell’atto originario della semina.
La parola “scrivere” viene da scavare, incidere. È il medesimo gesto che il protagonista compie con la sua asta di ferro: incide la terra e vi pone il seme, così come lo scrittore nella carta vi pone quel segno che produrrà i futuri significati. È Platone che nel Fedro racconta dell’analogia fra la scrittura e il seminare del contadino.
Il gesto del seminatore, come il gesto di questa scrittura, è quello di rappresentare non una vicenda nei suoi successivi passaggi, ma unicamente il simboleggiare la possibilità nascosta – nella terra come nella lingua – di ogni possibile evento futuro. Non racconta perciò una storia, ma depone il senso di ogni possibile storia a venire.
Il seme di ogni albero è come il seme di ogni storia: è dall’opera di un seminatore che non si aspetta nulla in cambio che dipende il futuro della Natura e dell’Umanità, così come del nostro presente dobbiamo esser grati a qualche generoso seminatore del passato.
Un dono, senza attesa dello scambio, produce la vita.
Recensione da http://www.teatrodellegame.it
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In India, nella regione settentrionale di Assam, un giovane chiamato Jadav “Molai” Payeng piantò dei semi in una terra brulla e dimenticata dall’uomo per creare un eco-sistema in grado di ospitare piante e animali in via di estinzione. Oggi è diventato un eroe per aver costruito da solo una foresta di 550 ettari ricca di vegetazione e di animali.
Enzo Bellini
Make me a picture of the sun –
So I can hang it in my room –
And make believe I’m getting warm
When others call it “Day”!
Draw me a Robin — on a stem –
So I am hearing him, I’ll dream,
And when the Orchards stop their tune –
Put my pretense — away –
Say if it’s really — warm at noon –
Whether it’s Buttercups — that “skim” –
Or Butterflies — that “bloom”?
Then — skip — the frost — upon the lea –
And skip the Russet — on the tree –
Let’s play those — never come!
E. Dickinson
Fammi un ritratto del sole-
Così che io possa appenderlo in camera mia-
E possa fingere di scaldarmi
Mentre gli altri lo chiamano ” Giorno”!
Disegnami un pettirosso – su un ramo -
Così che io possa ascoltarlo – mentre dormo -
E quando cesserà la melodia nel frutteto -
Anch’io deporrò la mia illusione.
Dimmi se e’ vero che fa caldo a mezzogiorno
Se sono i ranuncoli – quelli che volano -
O le farfalle – quelle che fioriscono.
Poi, manda via il gelo dai prati
E togli il color ruggine dall’ albero
Dammi l’illusione che – ruggine e gelo-
Non debbano più tornare!
Water, is taught by thirst.
Land — by the Oceans passed.
Transport — by throe –
Peace — by its battles told –
Love, by Memorial Mold –
Birds, by the Snow.
Emily Dickinson
L’acqua è insegnata dalla sete.
La terra, dagli oceani attraversati.
La gioia, dal dolore.
La pace, dai racconti di battaglia.
L’amore da un’impronta di memoria.
Gli uccelli, dalla neve.