Archive for the 'poesie' Category
Fotografia di Ray Man
inutile il ri – chiamo
si perde in
echi solitari fra ceppi
residuali di età trascorse
inutile il ri – chiamo
all’ orecchio sordo
dove la parola trafila
inascoltata trame di silenzio
altissima la voce si fa
grido e domanda
preghiera e invocazione
maledizione infine
in ginocchio sulla pietra
incide onde
graffi concentrici
di rivoltate ferite
persistenti
e suona la tempia
a tempo con il battito
del volo ala ad ala
l’ aria percuotendo,
fino alla luna.
Voce impazzita e
sola.

Immagine di _Massimo_
la tempesta verrà e
ti investirà,
in mare di foglie ti
sommergerà,
rami divelti ti batteranno
gli occhi e tu
vedrai in viso il dolore
ti ripiegherai su di te, accartocciato
ti farai segno di terra
costola primordiale lungo
il percorso sconvolto,
sentirai urlare il vento e l’ acqua
scrosciare
saprai dell’ alfa e dell’ omega,
di come grida l’ amore.

la dolcezza dell’ acqua
a cascata, a stille,
scorre sul filo acceso della vita
scavata con le dita, raccolta
nella coppa della mano,
messe di giorni arsi dal sole
incendio che divora la carne,
sterilità desertica
cieco senti
l’ odore dolce, il profumo di terra e radici
nel grembo d’ acqua
nascita e ri – nascita in lavacro infinito,
lacrime piangono si sperdono in terre di sabbia.
Vita negata sprecata distorta smarrita in crepe profonde
incisioni e ferite
fertilità perduta depredata del canto dell’ acqua,
miraggio di
un pozzo una fonte un bacile una tazza sbreccata.
Immagine di JT in a new era
Una poesia di Mario Luzi
La terra e a lei concorde il mare
e sopra ovunque un mare più giocondo
per la veloce fiamma dei passeri
e la via
della riposante luna e del sonno
dei dolci corpi socchiusi alla vita
e alla morte su un campo;
e per quelle voci che scendono
sfuggendo a misteriose porte e balzano
sopra noi come uccelli folli di tornare
sopra le isole originali cantando:
qui si prepara
un giaciglio di porpora e un canto che culla
per chi non ha potuto dormire
sì dura era la pietra,
sì acuminato l’amore.
attendi il ritorno della rondine
nel tepore che
il sangue formicola
vuoi appendere la voce
al ramo alto
e suonare parole pizzicando
le corde del vento
la lontananza incanti in note di
primule nel canestro della mente
in fiore
di flebili vagiti dal folto dove la carne
s’ allenta e rinasce
Un passo poi l’ altro, una nota
poi l’ altra,
musicante del risveglio,
sospeso a correnti aeree,
a brevi respiri teso, sconfini
oltre l’ oggi,
il momentaneo
ignori e spazi dove
l’ estremo limite si innalza,
il frangersi della risacca che
smuore in polvere di nebbia.

come nasce una poesia
senza bisogno di sedurre silenzi
né di comporre ossa
una poesia
nasce anche così
solo guardando il coraggio
di una casa a picco sul mare
anche per oggi non si vola
si rimane,
guardando il buio
con tutto quel vuoto
seduto dentro agli occchi
senza un’edera di rimpianto
un tuono
la luce d’un lampo.

Immagine di NaNa
il filo rosso
stretto da collo a collo
il laccio di seta rossa
il nastro che lega capo a capo
mano a mano
come il filo di sangue dal foro nel lobo
dal colmo della gola senza corde
percorre sinuoso il braccio, la mano, le dita
fino all’ unghia percorre e lì
indugia feroce in attesa
il limpido cuore a svuotare
a colmare
il fiore dell’ amore
sbircia la passione dal velo
e trema all’ oscuro trasalire in ogni movimento
in ogni spazio, in ogni respiro
tesa, la notte, a fluttuare
sospese particelle
ogni alito caldo rappreso infine
nel freddo calcolato giornaliero flusso
quando i conti sterili e necessari
si pongono di qua dalla siepe e incalzano d’ urgenze simboliche
il sale e il pesce
e l’ olio e l’ aceto
il pane ancora da spezzare
disagio della mente
e il conto è salato
non torna la somma dei giorni
smarriti la corsa e l’ ansito
il desiderio nascosto nel pozzo infinito dove finiscono le cose maltrattate
ingannate
deluse
farsi amo – re lucente, amo lanciato a ripescare dal fondo il dono
ricolmo di sé, frantumati ritagli di tempo sprecato
devo comprare la colla
quella che tiene per sempre
e poi scheggia a scheggia rimettere insieme i pezzi
e scavare scavare nell’ arido fondo
quel che palpita
ancora.
Amore in cerca di sé.

Fotografia da: http://www.reteblu.org
grembo di madre
fiorito di spine
culla del dare
amore gratuito
la sabbia fra le dita
il calore lungo le vene
le mani brune
nell’ oro del giorno a
stendere frammenti di tempo
immemorabili
il pane impastando del seme
riposto al sicuro
a dita aperte palmo rosato
un respirar d’ acqua nel palmeto
miraggio di luce
di lunghi tempi notturni
solcati da rapidi fulmini
saettanti fulgori sottratti
alla mente abbrividita
da tortuosi avvolgenti
scenari
grembo di madre che sa
di lucide
aurore infinite,
sfida
l’ orrido sprofondo
dove l’ occhio si perde
e accecato s’ aggira
tastando la strada
in gesti estremi
provando
pareti rupestri,
la via d’ uscita
cercando.
La sfida infinita.
Ritorno
quieta
sui miei passi
d’ ambra lasciando impronte
ricordo
gli sprechi di carta stagnola:
risento
il grido del gabbiano
sull’ onda
lo schiaffo della spuma
sul molo
l’ odore di sale
sulla pelle.
Salgo le scale
di giorni ciechi
stretta ai momenti
frastagliati
scheggiati
nella sacca di tela riposti
con la conchiglia bianca
rubata alla sabbia calda
quando il mondo s’ apriva
nel colore dell’ oro
giorno dopo giorno
ogni giorno,
con amore
in attesa
che stelle marine
s’ accendessero
in cielo,
fra nuvole blu.
Una poesia di Vicente Aleixandre

da La distruzione o amore,
1933
Uccello come luna,
luna pendente o bella,
bassa come un cuore che si stringe,
sospesa senza filo a una lacrima oscura.
Tristezza contagiosa
nel deserto del nulla,
senza un corpo incantevole,
senza un’anima o vetro
dove poter riflettere un bel raggio.
La chiarità del petto o forse del mondo,
con in mezzo sospesa la medaglia,
bacio che s’è rappreso in sangue puro,
muscolo doloroso, cuore fermo.
Un uccello soltanto, forse ombra,
forse anche la dolente latta triste
o il becco affilato che su un labbro
recise fiori, un giallo filo o polline di luna.
Per questi raggi freddi,
medaglia ormai compiuta o solitudine,
spettro quasi tangibile
di una luna o di sangue o bacio infine.
Vicente Aleixandre fu membro dell’Accademia Española e nel 1977 ricevette il Premio Nobel per la letteratura.