Fotografia di Ray Man
inutile il ri – chiamo
si perde in
echi solitari fra ceppi
residuali di età trascorse
inutile il ri – chiamo
all’ orecchio sordo
dove la parola trafila
inascoltata trame di silenzio
altissima la voce si fa
grido e domanda
preghiera e invocazione
maledizione infine
in ginocchio sulla pietra
incide onde
graffi concentrici
di rivoltate ferite
persistenti
e suona la tempia
a tempo con il battito
del volo ala ad ala
l’ aria percuotendo,
fino alla luna.
Voce impazzita e
sola.
Una poesia di Vicente Aleixandre
da La distruzione o amore,
1933
Uccello come luna,
luna pendente o bella,
bassa come un cuore che si stringe,
sospesa senza filo a una lacrima oscura.
Tristezza contagiosa
nel deserto del nulla,
senza un corpo incantevole,
senza un’anima o vetro
dove poter riflettere un bel raggio.
La chiarità del petto o forse del mondo,
con in mezzo sospesa la medaglia,
bacio che s’è rappreso in sangue puro,
muscolo doloroso, cuore fermo.
Un uccello soltanto, forse ombra,
forse anche la dolente latta triste
o il becco affilato che su un labbro
recise fiori, un giallo filo o polline di luna.
Per questi raggi freddi,
medaglia ormai compiuta o solitudine,
spettro quasi tangibile
di una luna o di sangue o bacio infine.
Vicente Aleixandre fu membro dell’Accademia Española e nel 1977 ricevette il Premio Nobel per la letteratura.