ampi frangenti battono
l’ orlo delle nubi
in rituali tempeste invernali
cavalcano cresta su cresta il
deserto senza parole
frustano l’ aria, spezzano
i rami correndo radenti
alla terra bruna
è inverno senza riscatto di
voci e
l’ oro dell’ ape in parentesi
d’ ombra ho smarrito
in riflessi di echi sofferenti che
il freddo inchioda ai bordi del tetto,
tacite forme dimesse.
la dolcezza dell’ acqua
a cascata, a stille,
scorre sul filo acceso della vita
scavata con le dita, raccolta
nella coppa della mano,
messe di giorni arsi dal sole
incendio che divora la carne,
sterilità desertica
cieco senti
l’ odore dolce, il profumo di terra e radici
nel grembo d’ acqua
nascita e ri – nascita in lavacro infinito,
lacrime piangono si sperdono in terre di sabbia.
Vita negata sprecata distorta smarrita in crepe profonde
incisioni e ferite
fertilità perduta depredata del canto dell’ acqua,
miraggio di
un pozzo una fonte un bacile una tazza sbreccata.