
Immagine di pikimota
stratificazioni ossee
fin al cuor del mondo
penetranti
in rigide ghirlande
serpeggianti,
corrono dorsali
di pensieri paralleli
eppur lontani
ombre dilagano,
all’ infinito
sfumano il reale
cade la goccia
la pietra a consumare.
Una poesia di Marzia Serra

S’addensa l’aria e un nodo
stringe alla gola
quando vorresti ricucire i lembi
di strappi antichi
mentre la mano incerta e il filo nuovo
vanno aggravando il danno.
Perdono senso i nomi delle cose,
le regole del gioco, le stagioni.
L’immagine riflessa nello specchio
si cela nella nebbia di un respiro.
E fuori ogni sentiero è cancellato
dal candido sudario della neve.

rintocca l’ ora e
svolge
la molla dei ricordi a
rincorrersi fra le pagine del libro
fragile l’ airone è sulla riva
dove l’ ansa deposita alla cova
l’ uovo del tempo che resta
infranto, l’ oggi
vacilla in
dissonanti molteplicità
ostaggio di ieri e domani
fra quel che è stato
e quel che sarà.
Una storia in
dolcissime cadenze
a ritmo con il battito di ciglia,
con lo stormir di fronde,
là dove il sole cade e l’ ombra allunga
il passo, velata veglia
di notturno umore
fugaci anelli di armonie
come canti per
il tempo a venire.

si schioda l’ indice
dalla bocca muta
la bocca dove farfalle
stanno ingabbiate
ali multicolori solleticano
il palato in fremiti di parole
amore e morte son brividi di sangue
gorgheggi persi in gola
abissi senza fine
gioia dolore
inseguono la traccia
del profumo nella carne
si schioda l’ indice dalla bocca muta
e là addita dove s’ invermiglia
il corso delle cose fissate al muro
il calendario, il quadro, il pendolo,
quel mazzo di spighe secche
il tuo sorriso smarrito in nebbia
che svapora.

ringhio alla voce
del tempo
che chiama
illusori datari cementificati
di ieri finiti
ancora voraci di pelle
e sangue
delle albe che restano
come in cornice
sospese sul
davanzale
è il fardello degli anni
che pesa
soma che non si scolla
dalla costola ossuta
limata dall’ avrei potuto
dire
fare
andare
chiudere
questa porta antica
battente logorato
e sbarrarla con catene
strette e paletti fissi
e poi gridare
con la palpebra calata
a sipario.
In difesa.

andare
a saltelli
rapidi fra
imprecisi coaguli freschi
di lingue sottili
di luci intrecciate in fili di rame
di ombre che danzano al buio
la notte
mentre sul tetto il gatto s’ insinua
nel pallore lunare.

Immagine di idakrot
Momenti del vivere
in cui la solitudine
si fa nido accogliente, e tu
sei isola deserta da tutti
slegata dall’ altro, cieca di suoni
ci sono momenti così che
arrivano colpiscono e scalfiscono
la pelle del cuore - a sangue.
e vuoi lasciare divagare la mente
nel niente - nessuna domanda
nessun dopo quando come
solo chi ha fatto
questo
di me
e perché
isolata nel denso spessore del velo
secca la lingua
mutilata la parola, vela ripiegata
senza vento
ci sono momenti così,
passaggi del sé, sommersi tormenti
in lucidi specchi e
tu riverberi fiamme
dall’ occhio fissato alla trama tessuta
da agili dita di ragno.
Poi si fa giorno di nuovo
e il passo riprendi e la strada.

si pongono le strade
per via
dal punto focale divergenti
corrono le strade fra cordoli
duri cementificati,
confini senza sconto,
ma tu
rincorri l’ estro d’ andare
per cammini sommersi
reperti antichi da
ritrovare e note perse
da risuonare
dentro
spezzi la canna palustre
respiri sott’ acqua,
pulsante di lunghe attese
e spasmodiche,
nel pieno silenzio
che il sorger del sole
accompagna,
un canto ti fai, un inno,
dentro.
E
sgrani la vita.

Francesco Giacomazzi, Donna seduta
Seduta, guardo
la vita
che corre
la notte
sfrigolando
lungo i cavi
dell’alta tensione
e le stelle
sono solo scintille di fuoco.
Da: Con ali raccolte

Fabio Beconcini, Tempo
Sabbia fine pungente
punte di spillo
portate dal vento
a limar la pelle del volto,
sabbia dorata
ricopri
poi
scopri
pene e ricordi:
tarli nel legno
sabbia di legno sul pavimento
son orme lasciate
mai cancellate.