Archive for the 'poesie' Category
e la memoria di noi è polvere di
ossa, brandello e laccio,
spigolo senza svincolo
che lega a doppio nodo
il tempo
da occhiello a occhiello
in intrecci filanti
dai colori di terra,
in silenzi
stellari diluiti all’ infinito,
sempre là,
dove l’ attimo
nidifica e
s’ impluma.

E sia l’ inverno
il gelo nelle ossa
e rami nudi su di una
terra dura che ostinata
ripete l’ eco dei monti
intorno e della valle,
scivola il mio silenzio in fitta nebbia verso
la riva dove si fabbrica la parola avara di spazio
senza tempo e luogo
luce che schianta e precipita rotolando a fondo
nel pozzo senza fine dove acqua attingo
cristallina.
Una poesia di Carmen e dmk
C’è un Dio seduto su di un sasso che ti ascolta
raccontagli dei deserti e del fiore
che troneggiava sulla duna
e della pioggia battente
quando tutto ti scivolava intorno
e del sole
quando cercavi l’ombra
e dell’ombra
quando cercavi il sole
spiegagli perché non ti accontentavi
della superficie
la tua anima è a Sua somiglianza
e della perenne requisitoria
sulla morte e sulla vita
un premio e una condanna
digli quanto forza ci volle
a porgere l’altra guancia al nemico
nei giorni ostili e delle percosse delle notti febbrili
quando tessevi il coraggio in silenzio
raccontagli quando camminavi claudicante
e ogni passo era un tormento
di come tagliavi la solitudine (tant’era spessa)
per farti avanti in mezzo all’indifferenza
e spalancavi il tuo valico arginando illusioni,
perché sapevi.
Diglielo, una volta per sempre, che non volevi fare altro
che arrivare alla vecchiaia, con i tesori della tua storia.
E al Dio che ascolta, seduto sul masso,
in vetta al monte delle cose
cercate e smarrite
del sorriso e del pianto
dell’ andare e tornare
del piangere e urlare
dello sperare sempre,
al Dio che sa e che ascolta
- che sa ascoltare e
tutto vedere e capire –
parla, anima in mano,
del futuro che dalle radici
per i figli hai strappato
a ogni ora del giorno e della notte
- dita tese come corde –
di come hai munto vacche stanche
e spremuto e scavato,
in buche profonde cercato
un domani per loro
frutti acerbi e succosi
coltivati nel sole e nell’ ombra cullati,
al Dio che ascolta
di’ della speranza che
stremata e indomita offri
annodata al respiro ansioso
per il tuo sangue che fila
lento verso il mare.
Una poesia di Paolo Ivan Tona da “11 Poesie”

Ho nel mio sangue questo struggimento
Questo continuo addio….questo morire…
Sono le notti di maggio dove la zagara
Stordisce la ragione e mi trascina
In un tempo che io non so se vissi
Qualcosa c’è di quel tempo se le viscere
Hanno un tremore se il senso mi stordisce
Come un ricordo che non trova l’orma
Ed è un’anima che cerca la sua forma
E non la trova
S’aggira l’anima nel profumo di zagara
Scosta le antiche porte entra nei muri
Poi cede
Una goccia di sangue si è formata
Sopra la spina della rosa rossa.
Paolo Ivan Tona
§§§
zagara nights
this nostalgia
saying an everlasting good bye…
….. this dying
live in my blood
at night, in May
the zagara
my reason dazes
and pushes me away
back to that time
I ignore whether I lived in
or not
nevertheless
something must be true
of it,
as my inside shivers
and my senses get me stunned,
it’ s like a shapeless remembrance
it’ s like a soul looking for a frame,
not finding it
so in the midst of the smelling zagaras
my heart goes around
the ancient doors opens
the walls penetrates
then dims
for on the thorn of a red rose
a drop of blood is blooming
E’ limpida questa notte
con la luna che falcia
la cima dell’ albero
grande
immenso il sipario
calato sulle cose
dell’ oggi
infine addormentato.
E’ solo un sospirar
di stelle
sgranate, all’ infinto
sperse.
Colette Calascione, Whispering Leaves
Promesse al mondo mai mantenute,
fiori secchi dentro un cassetto,
una barca sfondata sulla riva,
lontano smorzato un canto di
sirene antiche,
un sasso lanciato contro il tronco del pino,
odore di corpi assordati nel rombo della via,
scroscia
la luce sui muri delle cose
che non importano,
insegne al neon
rivestite di polvere opaca
su respiri che non sono altro
che fisiologica necessità,
i cieli sono stati conquistati
gli animi rarefatti rinchiusi negli armadi
profumano di naftalina.
Da: Con ali raccolte, Montedit 2000
immaginando percorsi nuovi
cornici di parole,
ti perdi
sfilando l’ orlo della veste
ricamando senza fine il tovagliolo
della cena,
fumi e volute ricercando,
in meandri t’ involi,
contorti e
scuri gorghi,
creatura notturna
falena immensa che
l’ ali brucia
alla candela.
Steven Kenny, “Birdlady”, 2000
rimetto in gioco le
ore, i minuti, i secondi,
le carte riordino sul
tavolo e un
orizzonte cerco che
il gioco contenga
fin dove l’ occhio
penetra lontani
fondali sdruciti
immensi coaguli
in dissolvenza di luce,
polvere che s’ insinua
fin sotto la pelle
le ossa riscalda
le carte sparpaglia del
gioco senza fine che
il tempo intreccia
a piena gola
ridendo.
Una poesia di Mario Bressan, da Sillabe, Vitale Edizioni, 2007

Steven Kenny, The Wheel, 2002
C’ é sempre,
fra l’ essere e il non essere,
una brevissima,
ma percettibile
parentesi
d’ assenza di tempo.
E’ quando lo scorrere
del continuo
s’ arresta
fragilmente
sulla tua pelle,
pur viva,
che raggela
nell’ infinito attimo
del non sapere.
E’ la tua pelle d’ uomo
bruciata
da troppi soli,
la misura
della tua breve
eternità.

Gli occhi nella tazza del caffé
il cerchio nella schiuma
la mano che trema
un poco,
prima dell’ alba
nel buio che schiarisce
e pallido si decolora
nel biondo dell’ aurora,
apri la finestra, l’ aria fresca
solleva l’ orlo della veste
alzi gli occhi dalla tazza di caffé,
è di nuovo giorno, vedi.
E via svapora della notte
l’ umore, il fradicio sapore.