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La lanciatrice di lumache

marzo 8th, 2009 by admin

Matisse, Il lanciatore di coltelli

Esistono i lanciatori di coltelli, o almeno, esistevano. Dico esistevano, perché la mia esperienza del mondo circense risale a tanti, ma proprio tanti anni addietro e penso che le cose potrebbero essere cambiate.
Comunque, c’ erano gli artisti del lancio del coltello capaci di delimitare, lama dopo lama, il contorno della generalmente bella signorina, che se ne stava immobile, come stampata a far da sagoma per il lanciatore.
Ma esistono anche le lanciatrici di lumache: una sola su tutta quanta la terra, per quello che ne so, e vive proprio di fianco a me.

Torno a casa, dopo un pomeriggio in un Iper a caccia di generi destinati alla sopravvivenza alimentare della famiglia, scarico l’ auto, salgo le scale, apro la porta, appoggio le buste a terra, tolgo l’ allarme, incomincio ad aprire gli scuri, uno, due, tre, fino alla la portafinestra. Accompagno il battente fino al muro, l’ aggancio e l’ occhio mi va su un misero mucchietto di viscida poltiglia e guscio rotto.
Ancora, dico.
Di nuovo, mi ripeto.
Un’ altra lumaca vittima di una faida di confine di cui ignoro, da sempre, il motivo.

Mi pare di vedere la scena: casa chiusa, deduzione logica: non c’ è nessuno.

Lei, la lanciatrice furtiva, passo passo, trova una lumaca, neanche grossa, peccato.
Le fa: cosa ci stai a fare qui, fuori da casa mia! la prende, la guarda un momento, la lumaca s’ è tutta rintanata nel guscio, un tremito di antenne.
Ti faccio vedere, ti faccio!
E poiché a un quindici metri ci sta il muro della casa dei confinanti, va proprio sul limite, così è più vicina, il lancio sarà più potente e tira la lumaca, centra il muro, ovviamente, poi si gira senza sentire il lieve scricchiolio del guscio e senza vederlo cadere a terra proprio a fianco della portafinestra chiusa. Così imparano. Tutti quanti: le lumache a insidiare la sua insalata, i vicini a stare lì, proprio di fianco a lei. Gentaglia. Le hanno fatto notare che sarebbe il caso, che innaffiando, non tirasse acqua e fango sul tetto dell’ auto parcheggiata, sul cancello automatico del garage, sul bucato steso. Chi si credono d’ essere?
A casa mia faccio quel che mi pare.

Doveva essere andata così. La settimana prima si era prodotta in un altro lancio centrando la porta della cantina, sempre quando ero stata via tutto il pomeriggio.

Guardo ancora i resti sbrodolati della lumaca, guardo il muro schizzato. Non fa niente, pulisco.

D’ improvviso mi sale una gran rabbia. La sento arrivare dal fondo dello stomaco, dal lontano di cinque anni passati a chiedere, per favore, può badare a non bagnarmi il bucato? può, per cortesia, non buttarmi terra davanti al garage? Per favore. Per cortesia. Le spiacerebbe…?
Vedo, in un attimo, lumache e lumachine sacrificate, così, per un niente di ostilità, di ignoranza, di rabbia, di presunzione.

La lanciatrice è lì sdraiata nel suo giardino che si gode il sole, dopo la fatica.
Sento che la bocca mi si apre. Mi sento dire a voce a l t i s s i m a: Ehi, tu!
La voce supera la siepe, si schianta sul viso pallido e corrucciato dell’ artista. Che si guarda attorno, in un momento di panico. Fa per alzarsi dalla sdraio, ricade, punta i piedi, si tira su alla fine, si gira, grinta ostile in bella vista, e il moccio che era stata una lumaca la colpisce direttamente fra gli occhi. Sempre avuta una splendida mira, io.

Entro in casa. Dovrò mettere sale ai quattro angoli del giardino. Che Dio perdoni la superstizione.

Intanto metto i surgelati in frigo.
Intanto porto da mangiare alle tortore stremate dall’ inverno.
e al pettirosso che ormai si è talmente abituato a me che mentre gli sbriciolo il pane, mi saltella fra i piedi. Intanto.

E se mai ci sarà un’ altra lumaca spiaccicata, gliela farò ingoiare, fino all’ ultimo briciolo di guscio.
Giuro.