Archive for the 'poesie' Category
nevica fitto
a larghe falde
la terra si veste di bianco
e dorme
sul prato, solo
la traccia di
un merlo smarrito
briciole di pane
e chicchi di
riso spargo
alla fame del gelo
in dono.
§§§
Wintertime
It’ s snowing
thickly, in large flakes
the land in white is sleeping
on the lawn, only
the print of a blackbird,
as got lost,
can be seen
crumbs of bread
and seeds of grain I sow
as a gift to this wintery
icy hunger.

Guy Coheleach, “Single Moose in Snow”
Tempo di natale
Come un alce che erbe
ghiacciate annusa
su, al nord
è inverno
e c’ è neve ovunque
come un alce
che paziente si scrolla
dalle corna il tempo
e se ne va lento a spasso per la strada
di un paesino sperduto
da qualche parte nel nord
una mattina, proprio una mattina,
con la gente che passa nell’ aria fredda
che ci fa un cervo qui
davanti al caffè?
e Doris lo guarda dai vetri e dice, è un alce. Grazie a Dio, è solo un alce.
Poteva essere lui di ritorno,
a farmi del male
e i bambini ridono e circondano il cervo
e gridano finché il barbiere lascia la bottega e fa,
sciocchi che siete, andate a casa!
e l’ alce, lento, va oltre
e per fortuna evita due auto e il furgone del lattaio
finché il paese finisce e lui scompare
poco alla volta
e gli alberi lo nascondono…
profonde impronte in fila
restano incise nella neve
questa mattina d’ inverno
in un villaggio del nord,
così scivola il giorno a svanire
nell’ ombra che la notte cavalca
e le stelle.
§§§
It happened in wintertime
Like a moose browsing
dry icy greenery
in the north
It’ s wintertime
and snow is almost everywhere
Like a moose
patient scrolling his time
by his antlers
and rolling along the street
of this desolated village
lost somewhere in the north
in the morning, just a morning,
with people in the cold air passing away
no idea what a moose is doing here
in front of the cafè
and Doris looks at him through the window and says
“It’ s a moose. Thanks God, it’ s only a moose. It might be he coming back
to hurt me…”
and children laugh at the moose and circle it and scream
till the barber comes out of the barber’ s shop and cries
“stupid you are! go home!”
and the moose slowly passes along
and luckily avoids two cars and the parish snow machine
till the village finishes and he vanishes little by little
and the trees hide him
a line of deep prints
is carved on the snow
this winter morning,
in this northern village
so slowly the day passes away
till night introduces
the shadowy stars.

Inseguendo parole
costruire sogni e lontane
seguire fiaccole notturne
lungo l’ argine che
s’ incunea sotto l’ arco
snodato del ricordo
le ombre sono tese come corde
ai rami appese
filanti sghembi fuochi
chiamano al silenzio
la scena accendono
di ricorrenti tempi
di lunghe attese e
impulsi fuggenti
e siamo qui ancora
a guardar la notte
nel nido profumato
e fra mill’ anni
ancora qui saremo
per sempre eredi
di attimi,
scampoli fugaci
di intimità sofferte.
Binario/Track di giothebike
raschiando il fondo della
notte
a tasto premo la molla
nascosta
l’ ombra percorro e
su schiuma ricado di fresche
radici ondose
- flessibili giunchi
senza fine intrecciano
sentori di fragrante
nevischio con
lucori d’ alba -
e rido allora dell’ altalena
insonne
del lungo torpore che l’ ossa
pervade
la veglia illudo come fosse
viaggio che lento s’ arresta
e il binario morto occupa infine
con un sospiro fiorito di
lame d’ acciaio.
raccolgo ore taglienti
incise nel sasso
del fiume
gridate nel vento che
oggi
spazza la valle,
le nuvole in fremiti
d’ ombra rincorre
le ore che corro strette nel pugno
raccolgo e
son detriti in mosaici d’ oro,
filanti stelle e soli al tramonto ancora girano
in tondo
e stride il cardine
a vuoto sull’ ora
battente di questa alba
sul davanzale
posata.
In prestito il rosa.

Steven Kenny, The perch, 2004
E quando
l’ aria manca
e rimani appesa
polsi legati stretti
al ramo che si sfoglia,
ti fai corteccia e scorza che si sbuccia,
e pioggia e vento battono le ossa
e i fogli intridono di te
- quel che sei -
spartito di parole
segni e graffiti
ciuffi ondeggianti
in parabole casuali
sull’ erta che la sponda
all’ acqua riconduce.
Io sbircio il sogno dall’ angolo stretto
dove sto conficcata, spalle al muro e
nessun rimando d’ azzurro
sbircio il sogno dalla fessura fra le stecche della veneziana
storta e corrosa da anni di inferno e di smog
vorrei volare nel sogno
sospeso e rimanere al caldo
nel suo alone invitante
nel suo ventre rovente
di lunghi sussulti interiori,
a occhi spalancati, per non perdermi niente
a occhi spalancati per saper domani
ritrovar la strada che al sogno
conduce,
io, ostaggio di quotidiana follia.
Una poesia di Benito Ciarlo

Ciò che provo vivendo
è un dejà-vu patetico.
Ogni domanda è inutile.
Alla luce dei secoli
ho tutte le risposte,
tutto è già stato detto.
È questo il paradosso
che provoca incertezze:
quando ci penso dubito
persino d’esser vivo.
Se cercassi una prova
dovrei guardarmi dentro
in modo da capire
se sono vero o astratto.
Potrei perfino credere
ch’esisto perché scrivo,
potrei, però non tollero
che la prova assomigli
al pensiero d’un Altro
che si scoprì pensando.
Perciò nelle mie viscere
spesso risale il grido:
“Voglio meravigliarmi!”
Posso goder del fulmine
che incendia la foresta:
ne ruberò il bagliore .
Voglio profumi nuovi,
nuovi ritmi, più luce,
ruscelli rompicollo
ch’esondino dagli argini.
Voglio stelle diverse
da quelle dei Caldei.
S’ogni tempesta è figlia
d’un cielo ch’era terso
esigo le mie nuvole!
Non posso accontentarmi
d’antichi cieli lindi,
posso aspettar che spiova.
Datemi un paio d’ali,
non voglio morir bruco:
cerco la metamorfosi,
non importa se Icaro
sciolse le sue tentando.
Posso librarmi anch’io!

Fragile l’ ora
scorre
in acqua sotterranea
e terra erba germogli
si fa,
in un sospiro
crea ricrea circoli nitidi
in giri concentrici s’ avvolge
si srotola poi e lunga si dipana
lingua di fiamma crepita e arde
fulminea scatta e l’ attimo travolge
futuro è già che incalza e preme e grida
colpi batte alla porta, il silenzio scardina
- gira la ruota insieme
all’ ora che furtiva
si defila -
e sto come isola persa
alle correnti,
in attesa del tocco
che al piede imprima il passo,
ma è sera ormai e lento
è il battito
lento, così lento
mentre l’ ora corre
e grani di corallo
infila, monili
come domani,
pesanti al collo,
preziosi di
fredda luce
che il vetro riflette
convessa
e fastidioso
l’ occhio coglie
in un battito di ciglia.
… ma l’ universo grida
tutto il dolore,
l’ affanno della corsa
rintraccia nell’ ordito
delle stelle
s’ oscura di nubi
chiamate a burrasca
s’ annera infine
e l’ animo schianta.
Infinita la leggerezza delle foglie.