Un’ occasione speciale
Vladimir Kush, Heavenly Fruits
Sabato pomeriggio. Primavera. L’ aria è tiepida. Il sole già caldo.
Me ne sto fuori casa, nel quadrato di terra sul retro della villetta a schiera dove abito da quando io e Laura ci siamo sposati, saranno un nove anni, dandomi da fare con la falciatrice. Mi aspetta un monte di lavoro da fare. O almeno credo. Non che mi dispiaccia. Però penso a quanti fine settimana sacrificati ci vorranno a fare il lifting post invernale a quello sputo di verde. Risistemare tutto come piace a me, e a me piacciono le cose fatte con cura, proprio bene, se no non c’ è senso a farle, le cose. Tutto per potere alla fine sistemare tavolino, sedie e amaca in una cornice linda, ordinata, con il prato che doveva apparire come spazzolato, con i fiori nei vasi collocati con simmetria e la piccola aiuola a forma di O perfettamente delineata. Mi innervosisco al pensiero. Niente gite in bici per, diciamo, tre fine settimana. Chiuso in quei 70 metri e la schiena è già indolenzita. Si deve fare. Perciò l’ avrei fatto. So che per i mesi a venire avrei continuato a controllare che tutto fosse a posto. Avrei corretto eventuali sbavature, sforbiciato, potato, concimato. Non un hobby, ma una specie di condanna. O semplicemente una mania. Ognuno ha le sue, d’ altra parte.
C’ è di peggio comunque. E devo mettere in conto anche la soddisfazione che avrei provato a lavoro finito. Mi do dunque da fare. Me ne sto a falciare, quando mia moglie esce di casa, mi si avvicina. Spengo la falciatrice. Lei mi dice: “Ha telefonato Enzo.”
Enzo. Vecchio amico, ex compagno di scuola, rimasto vedevo un due mesi prima. Al funerale, quasi non l’ avevo riconosciuto, stravolto dal dolore com’ era. Povero Enzo.
“E…?” chiedo a mia moglie. Ha da sempre la caratteristica di far cadere una, due parole e poi zittirsi. Come in attesa dello stimolo a concludere il discorso con qualcosa di sensato.
“Ha chiesto se domani siamo a casa.”
“E….?”
“Gli ho detto di sì.”
Non dico “E…?”
Lei aggiunge ugualmente: “Ci viene a trovare. A pranzo.”
Perfetto. Enzo viene a trovarci. Domenica. E si porta appresso tutto il bagaglio del suo dolore, della sua solitudine, della sua paura,. Quel che ci vuole a inizio primavera. Le rondini tornano al nido appeso alla grondaia.
Sia chiaro. Mi era dispiaciuto per lui. Sapevo che era molto legato alla moglie. Sapevo che non avevano figli. Mi rendo conto che deve essere per lui un gran brutto momento. Ma è la vita che va così. Io non c’ entro. Non ne sono responsabile. Diciamo la verità, nel tempo, i legami s’ erano allentati fra noi, lavori diversi, interessi diversi, posizioni diverse. Più che altro erano rimaste amiche le mogli. Si vedevano, andavano a far spese insieme, si telefonavano, robe da donne. Ma io potevo stare lunghi periodi, senza neanche sentirlo, Enzo. Quasi da dimenticarmi che esistesse. E sarebbe venuto a casa mia l’ indomani.
L’ idea mi infastidisce. Avrei dovuto assumere un’ espressione dolente? Fare un viso da circostanza? Fare finta di niente e parlare del più e del meno? Di sport? Di politica? Che cosa può fregargli a uno con un peso così da portare, dello sport e della politica? Che poi sono sempre la stessa menata.
“Devo andare a fare un po’ di spesa.” Dice mia moglie. “Prendo la macchina.”
Se ne rientra in casa.
“Dici che faccio un arrosto domani?” è di nuovo sulla soglia.
“Sì. Perché no?”
“Non so. Potrei preparare gli involtini. Marta diceva che gli piacevano.”
E allora, no. Niente involtini. Ci manca solo che gli metti sotto il naso il piatto preferito, magari proprio come glielo faceva la moglie.
“Niente involtini.”
“Arrosto?”
“Arrosto.”
“Con le patate?”
“Con le patate.”
Se ne va. Sento il motore dell’ auto. Sento che si allontana. Riaccendo la falciatrice. Accidenti anche al povero Enzo. Devo andare al consorzio. Mi occorrono dei vasi e della terra. Voglio anche qualche pianta di gerani. Rossi. Mi infastidisce pensare a come sarà domani. Mi vergogno un po’ di sentirmi così maldisposto. Insensibile? Egoista? Ma no. Sono solo un uno come tanti: casa, lavoro, rogne fisse e rogne saltuarie, deluso un giorno sì e l’ altro pure, ansioso, puntiglioso, perfettino nelle mie cose, a proposito come faccio a andare al consorzio che la macchina l’ ha presa lei? La macchina da strapazzo, da spesa, da carico e scarico. Non posso certo andare a impilare sacchi di terra nel baule dell’ auto grande, quella “buona”. Porca miseria. Dovrò aspettare che ritorni, lei con l’ arrosto e le patate e tutto quanto il pranzo per il povero Enzo.
Domenica, sono le 12, 30 quando Enzo parcheggia la sua Fiat davanti al cancello di casa. Lo vedo dalla finestra della saletta. Parcheggiare con cura, spegnere il motore, cincischiare brevemente in zona cruscotto, scendere dall’ auto, darsi una lisciata ai risvolti della giacca, ma perché diavolo s’ è messo in completo blu, con tanto di cravatta e trench sul braccio? E’ domenica, il giorno benedetto dei jeans e della maglia sportiva. Lo vedo aprire lo sportello posteriore, infilarvi il braccio e ritirarlo con nella mano un gran mazzo di fiori, l’ omaggio per la padrona di casa. E’ un po’ più grigio, un po’ più stempiato, ma il passo è sicuro, il piglio deciso. Cosa mi aspettavo? L’ uomo che avevo visto al funerale, in peggio. Invece noto una certa ripresa. “Bene, mi dico. Sono contento per lui. Povero cristo.”
Apro la porta, sorrido, gli tendo la mano, arriva mia moglie, si tuffa nel mazzo di fiori, ringrazia, non ti dovevi disturbare, lei, è stato un piacere, lui, a me scappa anche una pacca sulla spalla. La tavola è apparecchiata, Laura ha tirato fuori il servizio buono, quello con i decori blu, i bicchieri azzurri, le posate nuove, c’ è profumo di arrosto nell’ aria. Offro un aperitivo, un’ acquetta leggera da supermercato, niente roba sofisticata. Laura tira fuori una coppetta di chips e una di olive. Beviamo, nessuno tocca le olive e le chips. Andiamo a tavola, parliamo divagando dalla politica, elezioni o non elezioni anticipate?, al buco dell’ ozono, ambientalisti sì, ambientalisti no. Le parole corrono veloci, i sorrisi si sprecano, il tono è leggero. Non ci sono i sospiri che temevo. Gli occhi bassi. Luccicanti. I ricordi. No. I ricordi no. Il cielo ci scampi dai ricordi. Alla frutta mi capita così, per caso, di pensare alla scuola, io e Enzo quando si andava a scuola, alle pirlate che facevamo, a dire la verità le pirlate le facevo io, lui mi veniva dietro da quel buon gregario che era. Non aveva iniziativa, questo era il suo difetto. Comunque si era amici. Scuoto la testa e, quando me ne accorgo, mi do del cretino. Offro da bere. No, grazie. Davvero. Senza complimenti. Arriva il caffè. Lo beviamo seduti nell’ angolo salotto. Io in poltrona. Enzo e Laura sul divano. Noto solo in quel momento che Laura è particolarmente carina, tirata a lucido, vanità di donna! Lui è rilassato. Beviamo il caffè. In silenzio. Penso: “E adesso? Che facciamo? ” Badassi a come mi sento, mi stenderei una mezz’ ora. Magari con Laura. Hanno finito il caffè, appoggiano le tazzine sul tavolino basso, Laura si china a sistemare la sua, ha una bella scollatura, mia moglie. Do un’ occhiata rapida e sbieca a Enzo, se mai mostra un barlume d’ interesse per le tette di mia moglie. Non noto niente. Ha lo sguardo educatamente assente. Li sento parlare, io mi astengo dalla conversazione. Parlano della prossima estate.
“Ma sì, è sempre la solita storia. Con Marco (sono io, Marco) che ha le ferie in agosto e così si va via quando si muovono tutti. Proprio tutti.” sottolinea Laura. “Si spende di più, si sta peggio. Ma non si può fare diversamente.” Enzo annuisce.
Ma cosa vuoi mai che gliene importi? Dei tuoi, nostri problemi da vacanzieri di massa? E poi la conosco a memoria la litania del “perché non puoi prendere le ferie in luglio?” Perché non posso. Ecco perché. Perché l’ ufficio chiude in agosto. Ecco perché. Quello che vorrei sapere invece è perché, stando così le cose, non ce ne rimaniamo a casa nostra. Invece ci imbranchiamo con gli altri milioni come noi e finiamo a sbranarci per il posto in aereo, per la sdraio al mare, per la fila dell’ ombrellone, sempre troppo lontana dal mare. Potremmo stare a casa. In fin dei conti non abbiamo bambini piccoli cui fare cambiare aria, portandoli dall’ inquinamento cittadino al sole a rischio di una qualunque spiaggia. Enzo comunque non ha progetti. Eh già. Lui e Marta andavano via giusto una settimana, dieci giorni al massimo, ogni anno un posto diverso, per svagarsi, per conoscere luoghi differenti, gente differente, costumi differenti. Ma adesso, così, da solo… Laura lo guarda comprensiva.
Una crocierina? Gli suggerisce. Si conoscono tante persone a bordo, e poi c’ è sempre qualche attività stimolante pensata dagli intrattenitori. Questo della crociera è un tarlo, un’ idea fissa di Laura. Sono anni ormai che spacca con la crociera in Grecia, in Norvegia o in Egitto non importa: basta che crociera sia. Non mi ci vedo su una nave, barca, tinozza per giorni e giorni a farmi intrattenere con l’ obbligo di dovermi divertire.
“Sì, una crociera. Ci dovrei pensare. Non è una cattiva idea. Magari una di quelle che ti portano in giro per il Mediterraneo… Sì.”
Ecco, Laura è raggiante. Ha trovato uno che condivide la sua idea. Si crea di colpo, quasi in modo istintivo, un clima di congiura fra i due e io, naturalmente, ne sono escluso. Laura si alza, va alla piccola scrivania, apre il cassetto centrale, ne estrae una manata di depliants. “Ecco, sono nuovi, di quest’ anno. Ho fatto un salto in agenzia l’ altro giorno. Così, sai, avevo due minuti liberi. Tanto per vedere, sentire i prezzi, le proposte…”
Mi guarda, di sfuggita. Le tirerei il collo. Lo sa bene come la penso, ma non demorde. Si mette d’ impegno a illustrare le possibilità: nomi di luoghi, date, prezzi volano nell’ aria, ognuno, a suo modo, prende vita e dà vita a un sogno. Mi pare. Quasi quasi quei due mi fanno tenerezza. Lei, con la sua voglia di andare e fingersi per una settimana una donna di mondo, lui con il suo bisogno di vivere ancora, nonostante tutto. Magari di prendersi una vacanza dal dolore, di staccare dal sentirsi solo. Tutti e due cercano una via di scampo. Io no. Non ce ne sono vie di scampo. Se ce ne sono non mi interessano. La vita ordinaria mi si addice, mi calza a pennello tutto il suo grigiume. Mi sento una nuvola nera che porta pioggia. Gonfia di aria. I due si sono fatti vicini sul divano, sfogliando gli opuscoli, immersi nei loro viaggi. Potrei accendere la televisione, non se ne accorgerebbero neanche. Mi trattiene l’ impressione che così facendo, mi escluderei automaticamente da loro in modo totale. Non mi garba, e non so perché, l’ intimità che si è creata fra di loro. So che sono sciocchezze, anche perché non sono geloso, mai stato geloso. Fisicamente. Ma qui, davanti a me, si sta mettendo in scena qualcosa di irritante e diverso: un’ alleanza di gusti, una ricerca di solidarietà, una connivenza. Per niente gradevole. Mi stanno venendo i nervi. Adesso vado a zappare in giardino. Ma sì. Fruscio di carta patinata.
Laura dice: “Sarà meglio che sistemi un po’. Scusa.” Si alza. Raccoglie tazzine, piattini, zuccheriera, va in cucina. Sculetta un po’? No, è solo un’ impressione.
” Mah…” fa Enzo. Lo guardo, interrogativo.
“Vedi, Laura è davvero tanto carina e gentile a mostrarmi tutto questo…, ” indica gli opuscoli con quanto contengono, “ma, sai, l’ idea di andarci mi angoscia. Starei tutto il tempo a pensare a quanto a Marta sarebbe piaciuto questo o quello o se magari non le sarebbe piaciuto. Mi sentirei ancora più solo in mezzo a tutta la gente che ci va per divertirsi, giovani e non. Non so se mi spiego.”
“Con il tempo…” incomincio a dire e mi sento incastrato in quello che avevo temuto sin dall’ inizio, ricordi rimpianti lamentazioni.
” …. passerà?” conclude Enzo.
“Magari non passerà. Si attenuerà.” dico io.
“Magari. Penso che sarà così. Diventerà un ricordo. Adesso è il presente. E’ la vita di ogni giorno. E’ sempre dentro di me. Con me.” Ha gli occhi stretti a fessura.
Fa’ che non pianga. Tento di dimostrarmi amichevole. “Ti capisco.”, faccio.
“Non credo”, dice lui, gentile ma categorico e ribadisce: “Non credo proprio. Ma non importa. Non ho la pretesa che gli altri si rendano conto davvero di quello che provo. Del come lo provo. Sai, dice, come cambiando discorso, l’ altro giorno ho incominciato a mettere mano nei suoi cassetti, per sistemare le cose e alla fine non ho sistemato proprio niente perché non mi va di mettere via le sue cose, mi sembrerebbe come di sfrattarla da casa sua e tu lo sai a come ci teneva a casa sua, insomma l’ altro giorno in un cassetto ho trovato una busta e dentro la busta c’ erano un paio di mutandine e un reggiseno di quelli tutti di pizzo e mi sono ricordato di quando li aveva comprati e me li aveva mostrati e mi aveva detto strizzando l’ occhio: li metto da parte, sono per un’ occasione speciale. Non li ha mai indossati, Non c’ è stata nessuna occasione speciale ed è stato senz’ altro per colpa mia. Solo le è capitato questo, d’ essere seduta a tavola con me, di dire mi sento male e due minuti dopo, due minuti, capisci, era finita. E non c’ è stato verso di farla tornare indietro, dovunque sia andata. Capisci.”
Si è alzato dal divano e mi sta di fronte, in piedi, grigio, quasi vecchio, disperato.
Si sta chiedendo: “Perché?”, e mi accorgo, stupefatto, che anch’ io mi domando: “Perché?” lo sto letteralmente urlando dentro di me. Arrabbiato. Incazzato. Colpito. Perché? E non mi basta il son cose che capitano. Tutti i momenti. A migliaia di persone.
“Andiamo un po’ fuori. ” Laura s’ è messa una giacchetta sulle spalle e ci indica la porta d’ ingresso. E’ seria. Dalla cucina arriva il ronzio della lavastoviglie. Usciamo nel giardinetto. Illustro a Enzo i lavori che devo fare. Lui dice che verrà una meraviglia. Parliamo del tempo. Alle 4 del pomeriggio Enzo se ne va. Lo salutiamo dal cancello, ciao, telefona, torna presto e cose simili.
“Devo portare fuori il pattume.” Dice Laura.
“Faccio io.”
“No. Devo finire di preparare il sacco.”
Entra in casa. Quando ne esce ha il sacco azzurro profumo limone in mano. Glielo tolgo e vado al cassonetto in fondo alla fila di villette. Nella trasparenza azzurrina della plastica galleggiano pagine patinate di navi da crociera. Butto via tutto. Spazzatura e sogni. Laura è sparita all’ interno. Sento chiudersi una persiana al piano superiore. Forse vuole riposare. Così non posso finire di falciare. Potrei svasare i gerani. A ben guardare potrei non fare un cazzo di niente. Anzi. Potrei incominciare a godermelo ‘sto sputo di terra, invece che sentirmene schiavo. Vado in garage e ne riemergo con l’ amaca. La sistemo. Mi ci stendo sopra. Vedo il cielo. Nuvole come soffi d’ alito. A destra e a sinistra terra e erba fresca, nuova, appena nata, fra le primule rigorosamente rosa, è fiorito un piscialetto, ha un bellissimo colore giallo dorato.
Ragazzi, penso che lascerò che l’ erba cresca bella alta e grassa, che i piscialetto fioriscano fra le rose rosa, perché mi accorgo che alla fin fine non mi importa poi molto che tutto sia spazzolato simmetrico e in tinta. Tanto non voglio finire su Case e Giardini, ma solo cogliere gli attimi, tutti quanti, attimo per attimo. In ultimo sono tutti occasioni speciali.
che dirti? è bello, davvero!
credo sia uno dei modi per affrontare la vita, anche quando i drammi non sembrano appartenerti, ne sei lontano anni luce.
però non è facile, no, scordare ed accantonare, smettere di lottare.
o forse è proprio questo il lottare? affermare la vita, nei suoi attimi migliori, assaporarla per essere sempre più certi, noi stessi,della nostra umanità. seguendo anche veloci nuvole di passaggio. ciao! malva.
feb 13th, 2009 at 23:47
Il lutto è spesso un riordinatore temporaneo di priorità, Enzo è come lo spettacolo delle auto coinvolte in un grave incidente, ognuno le guarda, passando e per un po’ rallenta l’andatura, ma poi, dopo alcuni chilometri…
Non sono convinto che il protagonista rinuncerà al suo prato, forse ora ne è convinto, forse la serata riserverà la sorpresa di un ritrovato entusiasmo, forse… io glielo auguro, di tutto cuore.
Una scrittura efficace, capace di cogliere ogni specificità, di farci provare in tempo reale ogni emozione dei protagonisti e nello stesso tempo di delinearne la psicologia, gli umori, il vissuto.
f
feb 14th, 2009 at 09:05
Ringrazio Malva e Franco per la loro sempre solerte attenzione a quanto scrivo. e, naturalmente, per dilatare l’ idea-argomento, così da aprire nuovi spazi di riflessione. Grazie!
feb 14th, 2009 at 17:32