Da una lettera di Van Gogh al fratello Theo:
In primavera un uccello chiuso in gabbia sa perfettamente che c'è qualcosa per cui egli è adatto, sente benissimo che ci sarebbe qualcosa da fare, ma non ci può far nulla, e cos'è questo?
Non si ricorda bene, ha idee vaghe e dice: "Gli altri fanno i loro nidi e portano fuori i loro piccoli e li crescono" e poi sbatte la testa contro le grate della gabbia. Ma la gabbia resiste e l'uccello impazzisce dal dolore.
"Guarda che fannullone", dice un altro uccello che passa lì davanti, "quello è un tipo che vive di rendita''.
Eppure il prigioniero continua a vivere, non muore, nulla traspare di quel che ha dentro, è in buona salute, e di tanto in tanto i raggi del sole lo rallegrano. Ma poi viene il tempo degli amori. Ondate di depressione.
I ragazzi che lo accudiscono si domanda cosa può desiderare. E lui sta appollaiato con lo sguardo proteso verso il cielo turgido, carico di tempesta, dove sta minacciando un temporale, e dentro di sé sente ribellione per la sua sorte.
"Io me ne stò in gabbia,stò in prigione, e non mi manca niente, imbecilli! Ho tutto ciò di cui ho bisogno! Ma per piacere, libertà, lasciatemi essere un uccello come gli altri!".