Vladimir Pajevic é il marito di Ana Kapor, anche lui pittore. Mi risulta che hanno fatto delle personali insieme (Locus amoenus).
"Vladimir Pajevic ama mostrare natura e architettura", scrive Fluvio Abbate che firma l'introduzione al catalogo…. E forse anche storia. Nel senso di memoria, nel senso di lascito, nel senso di vestigia, quindi di sopravvivenza di un interrogativo: sull'umano e la sua assenza; se è così, davanti a ogni suo quadro, si può fare a meno di domandarsi com'era il luogo da lui mostrato, e per estensione la terra, il mondo, com'era tutto ciò un tempo?".
Una natura vitale e rigogliosa, ma allo stesso tempo misteriosa e solitaria, abbandonata dagli uomini, del quale si scorgono solo le tracce dell'antico passaggio. Tra l'erba selvatica affiora un pallone, ai piedi di un muro si scorge un triciclo, dal ramo di un albero monumentale pende immobile un'altalena, in attesa di un gioco che non ritornerà.
Il paradiso sta oltre il cancello, ma è paradiso perduto e mai più ritrovato.


Ana Kapor presenta Vladimir Pajevic (tanto per fare le cose pari
)
" Ho letto da bambina un racconto che si chiamava Il portone verde. Parlava di un uomo che vagando in un giorno qualunque per un vicolo anonimo, trovò dietro la mole di un socchiuso portone verde il giardino dei miracoli. Era un mondo di quiete, d’indicibile bellezza e serenità. Aveva passato solo un po’ di tempo là dentro, ma il ritorno alla quotidianità gli apparve insopportabile e scoprì di non poter vivere senza il giardino. Tornò speranzoso nel vicolo ma mai più riuscì a trovare il grande portone verde.
A volte ho l'impressione che Vladimir sia andato cercando quel giardino per tutta la sua vita. Talvolta lo trova ma c’è sempre un muro, un cancello rinserrato che lo separa da quel tranquillo e verde universo. Poi, anni fa, la sensazione che il giardino con il portone misterioso fosse nascosto proprio a Roma lo persuase a cercarlo dietro i muri scrostati degli antichi palazzi vestiti d’edera e addormentati in un sogno metafisico.
Non ci sono numeri civici a distinguere i suoi cancelli, non ci sono divieti di parcheggio o segnali di senso unico nei muri del suo mondo estemporaneo. I quadri di Vladimir ci raccontano l’eterno sogno di serenità e solitudine, vissuto nell’ombra dell’oleandro.
Dipinge ancora con la stessa pazienza e mestiere dei maestri dell’Ottocento. Lo distingue l'assoluta esclusione dalle correnti e mode dell’arte contemporanea, come se avesse inventato un linguaggio pittorico tutto suo nel quale permane testardamente. Debbo ammettere che mi piace un uomo ed un artista così, ed è forse lì che risiede il segreto della nostra unione.
Talvolta, però, mi viene il dubbio che il giardino di Vladimir, a sua insaputa, stia nascosto proprio vicino, dietro qualche muraglione dei palazzi che abitano nei miei quadri…"



