C'era, fra me ed il mondo,
la ruvida sicurezza
di una palma da cocco.
Ho appoggiato le mie spalle
calde di sole
al suo tronco nudo.
Davanti ai miei occhi
una spiaggia candida
stendeva
la sua polvere di corallo
verso un mare verde d'equatore,
verso un sole che s'appoggiava
alle nuvole d'orizzonte
ad assaporare
la sua provvisoria morte
quella sera.
Diaframma necessario,
palma,
per mediare la pur sicura
quotidianità
del bar sulla spiaggia,
dietro.
Non so, ora,
cantare i colori del cielo,
i riflessi delle nuvole,
le trasparenze delle onde,
non so dire, mio dio,
non so dire
il diapason di quel tramonto
a Sri Lanka.
So appena dire qualcosa
delle pulsanti lacrime
alle mie ciglia
come unica esperienza
dell'emozione mia.
Pulsione costante
di foucoliano pendolo,
fra inimmaginate bellezze
spiegabili
ed immaginate bellezze
inspiegabili.
Io, fulcro fondente
dell'inevitabile bellezza.