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La propria storia

UtenteMessaggio

20:43
4 ottobre 2010


fernirosso

Ospite

 

“E tutti questi mondi, prima ancora che di leggi, di ragioni o di altre cose pratiche, hanno bisogno della poesia, che sa capire le cose schiave, ascoltare la loro voce e avvicinare la loro immagine fuggevole”. –

Maria Zambrano, Filosofia e Poesia.

- Chi potrebbe? – mi avevi chiesto

- parlare della propria storia

come se fosse solo sua? -

Poi ti fermasti un attimo, guardandoti intorno

come per cercare qualcosa  e io con te

ma senza vedere e sapere cosa cercavi.

Un attimo dopo riprendevi    come se nulla ti avesse interrotto.

- Chi    se abituato a camminare nell’erba

potrebbe pensare di trovarvi

una sola verità tra le miriadi

di  piante   insetti  e tutti gli altri esseri identici

come le gocce d’acqua

che la pioggia dissemina  in  fonti di vita in questa terra

e un attimo dopo    senza spiegazione

quel carico di cielo si dissolve

esponendo fino all’ustione i getti i cretti

per l’ insaziabile indifferenza del sole.

Le nostre vite   dense  pesanti

come quelle delle erbe    pensanti   per un attimo      intere

si  decompongono

come se anche per noi ci fosse una raccolta e  il vento ignaro

di qualsiasi futuro ci strappasse  il filo per uno dei suoi drappi.

Tra l’inizio e la fine

tutto e tutti

camminiamo certi  e siamo    residui del tempo.

Tutte le stagioni     un cumulo di foglie  sulla porta

e ognuno ha nel proprio ramo

la  radice recisa di un altro     vivo per le vite di tutti

i passati e i futuri tenuti insieme da qualcosa che nessuno vede eppure

sa esistere

in questa  contemporaneità che ci assilla

che ci fa credere di vivere questa  come unica  rappresentazione

della storia    e in questo oggi

recitata ancora e senza fine  tutti i futuri

prossimi  e anteriori.  -

Poi, ti  sei fermata   un’altra volta  e di nuovo

per un breve attimo non hai detto nulla.

T’incuriosiva il rumore dell’acqua come una parola

lasciata a pochi passi da te      dalla riva.

Sembrava che quel lambire del mare

la sabbia della costa

fosse una luce che tu vedevi     ascoltavi

e riguardava te ma non era per te  sola. Anch’io la osservai

finché tu non mi guardavi.

- C’è in quest’acqua – dicesti guardandomi – l’infanzia

la nostra infanzia che non finisce mai di toccarci

di bagnarci le caviglie, come se dai piedi  l’inizio

continuasse ad assalirci e l’atrocità della storia

che vuole scrivere un’evoluzione   apparisse per ciò che è

solo un inganno

un’apparenza con cui si cerca di cancellare ogni nostro  primo gesto

sempre immaturo e sempre senza scelta. Noi futuri non vediamo domani.

Noi  siamo

campati in aria ed erbe di una identica  specie siamo    sempre

semi che la vita sparge dimentica

di quell’acqua che ci nutre e ci gonfia

mentre ancora accerchia i nostri piedi

i pensieri dell’uomo che  non ricorda più il gioco di allora

di quando era bambino e  ancora gli  rimbalza

fin dentro i più recenti pensieri.

- Uccidere il padre, seppellire le sue ossa.-

Questo ci insegna la vita per dimenticare.

La sua presenza venerata di generazione in generazione dentro l’ assenza

spogliando la vita di un peso che ci affoga ancora

sempre dentro noi stessi

la responsabilità    ci indica     con il dito teso  l’inizio e la sosta

un capro della storia  alla volta.

E il  silenzio si affaccia

dai capitoli  del libro oscurato.

Ha un fascino che il suono di nessuna parola pareggia. Lenta

austera la vita non lenisce le ferite non chiama con garbo

non afferra la moderazione.

“… Non c’è nessuna morte. E’ vero?

- ti chiesi.

- Esiste la paura della morte.

E’ per quella paura che gli uomini ammazzano distruggono

sfregiano disperdono la loro ossessione  in sogni meschini.

Eppure è per quella paura che non ci stacchiamo dalla vita, da noi stessi

Una specie di difesa, da un dolore che il corpo non accetta che un poco per volta

mescolando gli elementi in una ricetta che allenti quel dolore che non può

alleviare se non soccombendovi.

-Finiremo così, naturalmente- aggiungesti tu senza  guardarmi

mentre ormai ti facevi più lontana

- come un fiore di campo,

come un fiore che dice:

È già tempo di neve, amico mio,

e le stagioni prossime a finire“.

21:19
4 ottobre 2010


stella1

Ospite

Esiste la paura della morte.

Che dire di questa poesia…………..! Esprime il senso della vita che tutti sentiamo, la paura della morte. Esiste! Non si capisce il perchè. La fine verrà e non ce ne accorgeremo.

La paura c'è perchè , credo, non conosciamo il dopo.

22:07
4 ottobre 2010


fernirosso

Ospite

Ciao Stella.Tutto bene? Che felice di risentirti!

Sì, la paura della morte, rincarata dalla consapevolezza che tutto ciò che facciamo da vivi ha solo il senso che gli attribuiamo per il tempo della nostra infinitesima vita.Infinitesima nei confronti dei millenni in cui l'uomo, generazione dopo generazione, ha cercato di costruire le sue fortezze per fronteggiare questa paura o per dare anche ad essa un senso o una motivazione che lo liberasse dal peso della vanificazione.Per questo è amara la vita, per questo ha valore vivere, per questo è importante la morte.

23:02
4 ottobre 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Le nostre vite   dense  pesanti

come quelle delle erbe    pensanti  …

I pensieri che si rincorrono, che costruiscono e ripensano, gli intercalari dialogici, brevi, incisivi, significativi, conducono con ferma determinazione alla riflessione sui tanti perchè che costellano il vivere. Ogni “io” si sfalda nella radice comune, immerso nel senso universale che tutti porta dalla nascita alla morte. Fino alla considerazione del morire in quanto atto naturale conclusivo del percorso

” È già tempo di neve, amico mio,

e le stagioni prossime a finire“.

La paura della fine si posa sulla spalla di tutti e ciascuno, la sua ineluttabilità trascende le ambizioni e i giochi della vita, dà significato alla riflessione su chi si è, su come si è, persone fra persone, sì, fiori di campo. Grazie, Ferni.

Ciao, StellaLaugh Ben ritrovata!

dmk

00:03
6 ottobre 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Cara Stella, ho dovuto cancellare il tuo commento (che adesso posto di nuovo), in quanto, per un difetto del quoting, impediva che venissero postati altri commenti. Spiacente.

Commento di Stella:

fernirosso ha detto:

- Chi    se abituato a camminare nell'erba

potrebbe pensare di trovarvi

una sola verità tra le miriadi

di  piante   insetti  e tutti gli altri esseri identici

come le gocce d'acqua

che la pioggia dissemina  in  fonti di vita in questa terra

………………………………………………..

belli questi versi.

Che presunzione umana pensare esista una sola verità.

La meraviglia della vita è avere tante verità alle quali attingere.

Ciao fanciulle, con le foglie autunnali arrivano anche i dispersiLaugh

dmk

00:06
6 ottobre 2010


Manfredi

Ospite

"la propria storia" non è solo "sua" di chi la vive o l' ha vissuta. ogni storia appartiene all' universo delle storie, anelli di una lunga catena che tutti rende vicini e compartecipi dello stesso filo che si allunga e si allunga e si smatassa di nodo in nodo, e tutti, tutti si pongono le stesse domande, e quella sulla morte è la questione regina. ognuno trovando una risposta, se è fortunato. oppure accantonando la domanda, rinunciando a cercare un come e un perché. resta la paura, indomabile, della fine. di tutto? proprio di tutto? di noi, carne, ossa, sangue…  dei nostri ricordi, dei sogni, dei desideri, del bene che è in ciascuno, del male che è in ognuno?

un testo che affronta una problematica filosofica e religiosa, con occhio sensibile rivolto – sempre – all' universalità dell' essere umano che, pare, solo se in connessione con tutti gli altri, può esser degno di centralità.

molto bello il filmato, bellissima la citazione della Zambrano. la poesia salverà il mondo… o meglio:

I poeti stanno sempre dalla parte del giusto, siano essi Brecht o Pound o Céline, con questa capacità profetica di parlare non del presente o del passato ma del futuro, di vedere l' uomo al di là del contesto storico (citazione di cui non ricordo l' autore).

22:03
11 ottobre 2010


fernirosso

Ospite

già, proprio così Manfred. grazie,f



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