igor mitoraj- teatro del silenzio

“…E io, non fossi un uomo in catene,
un giorno all’alba,
come un ricordo vago quasi sepolto,
lascerei questo luogo freddo…”
The garden of mirrors di Ahmad Shamloo
E ancora
premevano si accavallavano
come un esercito si accalcavano presso la mia fronte
come sulla porta di una fortezza.
La bocca mia serrata
dietro il cancello ad oriente
e la notte sigillata in gusci d’uovo trasparente
tra le scapole il respiro di una lunga bianca striscia di terra
e pietra allagata da una luna crescente.
Parole frantumate
tra i sassi e le conchiglie piovute in una notte lontana
forse disseminate come uova ovunque
in mille pietre frammenti del cosmo mentre la luce ancora d i l a v a
l’ultima penombra depone una franchigia
da questo sogno nel mio primo pensiero.
Nelle orme nelle tante tracce abbandonate ovunque
alghe come strascichi di una lunghissima veste
e pesci e la schiuma di un mare senza riposo come ricami
messi
a soqquadro per un assalto
si fanno abbozzi di storie.
Terre tutte
terre accatastate come legni sulla riva
come tutti quei sassi per terra che dirigono verso un corpo abbandonato
oltre
le vesti dell’alba scucite alla cintura
là dove l’orizzonte stanotte si era ghiacciato
nei guizzi dei delfini e gli schizzi delle balene erano fiori di rugiada.
In fila e nel nodo ritorti nell’ultimo filo
di una collana di candide perle
la notte s’è scrollata di dosso le stelle. Stanno lì alla deriva
cucite al filo del pontile e
se le insegui ti accorgi che conducono alle dune della spiaggia.
Dune morbide calde seni bianchissimi che parlano al mio orecchio
con la lingua del latte
uno schizzo di colostro
dove poggiando la lingua s’impara senza lezioni di teoria
tutto il corpo di dio
nel padiglione immacolato della vita
lo spettacolo inconfutabile della morte.
E non si sono aperti i fiori intorno al boccascena
non sono sbocciati i sogni
non hanno cantato le rose delle mie mani
solo il mare
agitato dal fiato di ogni respiro scorreva serrato
un’onda dopo l’altra verso lo scoglio del nostro stare qui
ancorati qui senza ieri o domani
senza riconoscerci oggi
su queste latte rumorose in cima al tuono del vento.

