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UtenteMessaggio

09:20
2 ottobre 2010


fernirosso

Ospite

igor mitoraj- teatro del silenzio

“…E io, non fossi un uomo in catene,
un giorno all’alba,
come un ricordo vago quasi sepolto,
lascerei questo luogo freddo…”

The garden of mirrors  di Ahmad Shamloo

E ancora

premevano    si accavallavano

come un esercito si accalcavano presso la mia fronte

come sulla porta di una fortezza.

La  bocca  mia serrata

dietro il cancello ad oriente

e la notte sigillata in gusci d’uovo trasparente

tra le scapole il respiro di una lunga bianca    striscia di terra

e pietra allagata da una luna  crescente.

Parole frantumate

tra i sassi   e le conchiglie piovute in una notte lontana

forse disseminate come uova ovunque

in mille pietre  frammenti  del cosmo mentre la luce ancora  d i l a v a

l’ultima penombra     depone una franchigia

da questo sogno   nel mio primo pensiero.

Nelle orme nelle tante tracce abbandonate ovunque

alghe come strascichi di una lunghissima veste

e  pesci e la schiuma di un mare senza riposo come ricami

messi

a soqquadro per un assalto

si fanno abbozzi di storie.

Terre  tutte

terre accatastate come legni sulla riva

come tutti quei sassi per terra che dirigono verso un corpo abbandonato

oltre

le vesti dell’alba scucite alla cintura

là dove l’orizzonte  stanotte    si era ghiacciato

nei guizzi dei delfini e gli schizzi delle balene erano fiori di rugiada.

In fila e nel nodo ritorti nell’ultimo filo

di una collana di candide perle

la notte s’è scrollata di dosso  le stelle. Stanno lì alla deriva

cucite  al filo del pontile e

se le insegui ti accorgi che conducono alle dune della spiaggia.

Dune morbide  calde     seni bianchissimi che  parlano al mio orecchio

con la lingua del latte

uno schizzo di colostro

dove poggiando la lingua s’impara senza lezioni di teoria

tutto il corpo di dio

nel padiglione immacolato della vita

lo spettacolo inconfutabile della morte.

E non si sono aperti i fiori intorno al boccascena

non sono sbocciati i sogni

non hanno cantato le rose delle mie mani

solo il mare

agitato dal fiato di ogni respiro scorreva serrato

un’onda dopo l’altra  verso lo scoglio del nostro stare qui

ancorati qui senza ieri o domani

senza riconoscerci oggi

su queste latte rumorose in cima al tuono del vento.

22:34
2 ottobre 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

verso lo scoglio del nostro stare qui

ancorati qui senza ieri o domani

senza riconoscerci oggi

su queste latte rumorose in cima al tuono del vento.

Conclusione che sa tutto dell' isolamento, della solitudine, del non riconoscerci, dentro, all' ancora di noi stessi, senza passato e senza futuro. Conclusione che arriva dopo la cavalcata di immagine in immagine, ricchissima, avvincente, struggente: visione che abbraccia l' universo, terre e mari,  tutte le creature e, fra le creature, l' uomo. 

alghe come strascichi di una lunghissima veste

e  pesci e la schiuma di un mare senza riposo come ricami

messi

a soqquadro per un assalto

si fanno abbozzi di storie.

Terre  tutte

terre accatastate come legni sulla riva…

Dune morbide  calde     seni bianchissimi che  parlano al mio orecchio….

Risonanze di acque e di parole e di stelle sperse, lavoro splendido.

dmk

22:07
3 ottobre 2010


fernirosso

Ospite

grazie Daniela,sto cercando di sistemare una raccolta ma, capita, che invece di chiudere quella, ne apra altre, attraverso i testi che avevo pensato di scrivere per l'altra. Continuo ad avere la stessa voglia di andare in giro libera che avevo da ragazza. ferni

13:38
4 ottobre 2010


Elina

Ospite

leggere questo testo è perdersi in viaggi di durata imprecisata

è accorgersi della pienezza della parola e dello sguardo quando la trae fuori dal consueto

meravigliose queste ultime scritture, da accogliere/raccogliere unite alla voglia di andare girovaga

Elina

17:08
5 ottobre 2010


Carmen

Ospite

incantata, non riesco per il momento a dire altro.

Ciao!

Carmen

22:44
5 ottobre 2010


Manfredi

Ospite

rivisitazione del mondo, direi, dei mondi che formano l' universo di cui siamo infinitesimali particelle, come grani di sabbia fine di quelle "dune" che compaiono nella poesia, in una ampia visione che tiene conto degli esseri e delle cose, il tutto immerso in una "folla" naturale dove l' essere si perde e si ritrova solo per constatare la propria infinita fragilità.

bellissime anche le immagini e perfette per questo lavoro. complimenti. ho l' impressione che lei stia lavorando sui versi, sui contenuti, sul ritmo e sulle risonanze tendendo a un' impressività sempre maggiore.

22:04
11 ottobre 2010


fernirosso

Ospite

penso che ci siano più modalità di interpretazione di questo testo e qui alcune sono venute a galla.Grazie a voi,f



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