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UtenteMessaggio

21:07
9 febbraio 2009


admin

Amministratore

messaggi3520

Una donna ancor giovane. Molto bella. Bella sul serio. Come poi la cosa avesse una qualche importanza.
 


Ancor giovane, dunque, bella, single. Una madre ormai anziana, una sorella, due fratelli, tutti sposati con figli piccoli.
 


Un lavoro che, dopo tanto tempo, incominciava a darle soddisfazione e, perché no? gratificazioni.
 


Poi, all’ improvviso, l’ emorragia. La corsa all’ ospedale, l’ intervento. Ematoma rimosso. Il coma.
 
Era là, un torciglio di membra spezzate, una carne svuotata di tutto, se non del fiato. Niente ricordi, niente presente.
 


Febbre, altissima. Che poi calava, poi riprendeva. Immobilità assoluta. Una palpebra semiaperta, opaca. Il sondino.
 


Si davano i turni. Andavano da lei, a parlarle, le parlavano di continuo.
Andavano da lei, a farle ascoltare la sua musica.
Le portavano i nipoti perché le ciangottassero, piccoli com’ erano, i loro versetti, le loro prime parole farfugliate.
 


Le raccontavano di quello che facevano, ogni giorno. Di quello che capitava nella vita di ognuno e la chiamavano per nome, le chiedevano: “Come stai?” oppure “Hai freddo? Vuoi un’ altra coperta?” o, quando si fece estate “Hai caldo? Apriamo la finestra?”
Le dicevano: “Guarda che bel sole c’ è oggi!”
“Sai, ho visto Mario, ieri, mi ha chiesto di te.”
 

Immobile. E quando la palpebra, un giorno, le tremò un poco, il medico disse che era un riflesso automatico, non un segno.
 


Sua madre spiava i segni, ogni minimo segno, ogni stilla di sudore, ogni vibrazione all’ angolo della bocca. E i medici le mostravano l’ ultima Tac: il cervello una macchia nera, informe. Dicevano: E’ ancora viva. Questo è tutto.
 


E il tempo passava. Passavano i mesi, correvano le stagioni.
 


Lei è immobile. Non vede. Non sente. Non parla. Non capisce.
 


E intanto è accudita in tutta la sua debolezza indifesa. Avvolta in premure, visite, fiori, parole,  amore. Quanto non ne ha mai ricevuto in tutta la vita, prima.
 


Poi un giorno, mentre la madre le racconta che la casa ha bisogno di riparazioni, e “…tu dici che sarebbe meglio…?” apre entrambi gli occhi: fissa la madre e pian piano piange.


I medici vengono a consulto: guardano l’ ultima Tac. Si stringono nelle spalle.
 

Lei sente: gira la testa nella direzione delle voci.
 Risponde alle domande aprendo e chiudendo gli occhi. Sì. No. Capisce.

Riconosce le persone.
 


Si chiama M….. Ha 40 anni. E’ mia nipote. Ed è bellissima.


dmk

21:25
9 febbraio 2009


Gio

Ospite

Grazie Daniela, è struggente vedere e sapere una persona cara gravemente inferma, ma è commovente l'affetto che la circonda, questo affetto che probabilmente è stato determinante per il suo ritorno al presente. E' ed è stata sempre viva. 

Cosa che non è avvenuta nel caso, molto triste, di cui da giorni se ne discute così intensamente e senza la pietà che ne dovrebbe derivare. La tragica fine ora è avvenuta, speriamo che tutto questo possa essere servito alla coscienza di ognuno affinchè non si ripetano fatti analoghi.

Auguri di cuore per tua nipote.

21:53
9 febbraio 2009


Rose

Ospite

Il lieto fine della storia che racconti, daniela, rende ancora più profonda la ferita lasciata dalla morte di Eluana. Non riesco a dire altro, scusami. rose

22:29
9 febbraio 2009


franco

Ospite

"…Avvolta in premure, visite, fiori, parole,  amore. Quanto non ne ha mai ricevuto in tutta la vita, prima.
.."

Ecco un "farmaco" potente, ma che la scienza continuerà ad ignorare, nel suo presuntuoso e autoconvalidante
 dogmatismo.

Un racconto che è un segno di speranza per tutti e una luce in un momento così buio.

grazie,

f

12:02
10 febbraio 2009


stella

Ospite

Era un'alba dolce di marzo.

Mia madre si alza e vuole andare dal fratello, mio padre non capisce, non ha più fratelli.

Si avvia a piedi verso la casa natale.

Arriva l'ambulanza.

Mia madre non sarà più la stessa.

Brevi ma interminabili mesi d'ospedale dove lei a poco a poco si assenta.

Resiste fino al mio diploma e poi entra in coma.

I medici dicono che non percepisce nulla.

Ma, allora, perchè, quando i figli le sono accanto gli occhi  impercettibilmente si animano e le sue mani cercano altre mani?

Riflessi condizionati? 

Può essere solo un inganno quel velo d'amore che offusca gli occhi?

Sarebbe tutto più facile essere certi dell'inganno.

P.S. Daniela come vorrei che il tuo bellissimo racconto fosse solo di fantasia! 

12:30
10 febbraio 2009


Gio

Ospite

stella ha detto:

Era un'alba dolce di marzo.

Mia madre…


Che bella dimostrazione di affetto e amore verso la mamma. Vi è sempre molta commozione quando si rammentano i propri cari che ci hanno lasciato, donandoci il loro imperituro insegnamento. Grazie stella

17:12
10 febbraio 2009


admin

Amministratore

messaggi3520

anch' io, stella, vorrei che fosse solo frutto di fantasia. Già.

Sensibilità sofferta e sofferente, nello scritto sulla mamma. Grazie.

dmk



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