Forum

 
Questo forum é per il momento chiuso – l'accesso é di sola lettura
Devi avere effettuato il login per poter inviare un messaggio
Cerca nei forum:


 






Utilizzo wildcard:
*    corrisponde ogni numero di caratteri
%    corrisponde esattamente un solo carattere

UtenteMessaggio

21:28
4 febbraio 2011


admin

Amministratore

messaggi3520

Propongo questo film del 2003 "strano", nel senso di diverso dai soliti, in cui mi sono incappata in piena notte, in una crisi di insonnia. Lo propongo perché mi ha dato da pensare, quanto a chiave interpretativa.

Provocatorio, simbolico fino alla nausea – tutto qui rimanda a qualcos'altro – ossessivo e stordente con quella voce fuori campo e la musica ispirata dal genio di Kurt Weill dell'Opera da Tre soldi di Brecht. Non stiamo nemmeno più a discutere se sia un bel film o no, se sia soprattutto un film nel senso tradizionale del termine. Dogville è un pugno in un occhio, una presa di coscienza che non chiede i giudizi a tre o quattro stelle, chiede solo di essere visto. Ecco, andate a vederlo. Poi se ne discuterà perchè è certo che questo film non può lasciare indifferenti…

…. Il set è un non-set. Dogville è "il nostro villaggio" sulle Rocky Mountains, ed è cancellato. Già. Cancellato. Sappiamo dell'esistenza delle case o delle strade solo perchè con un gesso bianco Von Trier ha tracciato – come usa fare attorno ai cadaveri – delle linee di demarcazione. Qui anche il cane ha la sua casa tracciata col gesso. Sappiamo che una montagna blocca completamente l'accesso da un lato del villaggio e che esiste una sola strada, Elm Street (come in "Nightmare") quale unica via di comunicazione con il resto del mondo. Lo sappiamo perchè ce lo dicono, lo immaginiamo. Come a teatro. Ecco. Von Trier chiede allo spettatore molta immaginazione. Immaginati le case, immaginati che qui ci sia una porta e qui un muro, immagina e credi a quello che ti ho segnato lì per terra, lì dove si muovono questi cadaveri viventi su un palco che è un set. Qui, in questo mondo a parte, in questo Nulla dove ti voglio far vedere tutti i vizi dell'umanità mascherati di falso perbenismo. Qui dove i soldi rendono tutti corrotti, anche i bravi borghesi, qui dove annulliamo la differenza tra criminali e poliziotti (ecco ancora la mitica "Dreigroschenoper" di Brecht). Dogville è l'America corrotta ma è ogni villaggio, in ogni parte del mondo. 

http://www.film.it

Grace, figlia di un gangster, arriva in una piccola città sita nei pressi delle Montagne Rocciose, in Colorado. Qui è ben accetta, almeno fino a quando gli abitanti del posto non scoprono che è ricercata dalla polizia. Decidono, quindi, di tenerla nascosta in cambio del suo lavoro nella comunità. …

Lars Von Trier è un genio incattivito. Genio perché riesce sempre a sorprendere il pubblico con il suo stile e il suo modo di fare cinema. Incattivito perché con i suoi film-parabola crede di poter cambiare un mondo sempre più torbido. Più che un film, Dogville è un apologo, un ammonimento e un insegnamento morale: la malvagità risiede in ogni essere umano, repressa da regole civili e religiose, ma sempre latente nell’animo e pronta a esplodere non appena si sente minacciata. 

È il potere inebriante di riuscire monopolizzare qualcosa – qualsiasi cosa, anche la vita di un altro essere umano – solo per il gusto di leggere nei suoi occhi la parola pietà. È la vendetta implacabile, quella di von Trier, un regista che nei suoi film si diverte spesso a inscenare un braccio di ferro con la giustizia – chi vince, è puntualmente lui…
…Con una divisione in nove capitoli e un prologo raccontato da un narratore onnisciente, von Trier riesce a creare, dal cinema, puro teatro. Numerose le nomination ricevute e i premi conquistati, anche grazie alla prova di un cast di assoluto rilievo: oltre alla gelida Nicole Kidman, si segnalano Lauren Bacall e James Caan.

dmk

22:07
4 febbraio 2011


Manfredi

Ospite

doveva essere il primo episodio di una trilogia che il regista intendeva produrre. mi son perso se ha poi fatto gli altri due episodi, del secondo aveva anche preannunciato il titolo…bisogna che vada a vedere, acc … alla memoria!Wink 

dogville vale davvero, anche se sarebbe meglio non vederlo nel cuor della notteWink 

certo che lascia la bocca amara, come sempre quando qualcuno apre la porta sull' anima umana. venne, ricordo, tacciato di anti americanismo (il che è anche vero), ma l' america di dogville é l' universo mondo "civile" in cui abitiamo, è il "cuore di tenebra" che a tutti batte in petto. parabola o apologo, ma universali. crudo, duro, difficile da accettare, persino. il bene e la luce svaniscono poco per volta agli occhi dello spettatore e la sozzura ingombra lo schermo, penetrando la consapevolezza di una giustizia o vendetta  o legge del taglione feroci quanto inevitabili. lo interpreto come un mettere in in guardia, un avvisare, un richiamare urlando. ma ci sarebbe molto da discutere, sul finale, in particolare. la mancanza di misericordia, per esempio…

21:09
7 febbraio 2011


admin

Amministratore

messaggi3520

Vengo in soccorso (tardivo) alla tua memoriaWink

Manderlay e Washington sono i restanti titolo della trilogia.E Grace ne é sempre la protagonista.

Che cos’è successo dopo Dogville? Prima di tutto Nicole Kidman ha deciso di non lavorare più con Lars Von Trier  alla trilogia America: terra delle opportunità, la trilogia americana del regista danese. Ufficialmente per altri impegni. In realtà sembra che la diva australiana abbia sofferto come molte altre attrici il crudele Lars, e che lo stress delle riprese di Dogville sia stato tale da non farle ripetere l’esperienza. Così è stata Bryce Dallas Howard, comunque brava, a impersonare Grace. È con lei che Von Trier si è apprestato a girare Manderlay, la seconda parte della sua trilogia.

Come Dogville, il nuovo film di Von Trier si chiude sulle note di Young Americans di David Bowie. Sullo schermo scorrono foto che documentano tutte le ingiustizie perpetrate alle persone di colore nel corso della storia americana. In questo caso sono loro i “giovani americani”, quelli arrivati più tardi nella società civile, dopo l’abolizione della schiavitù. È questo il tema di Manderlay. Grace, dopo essere fuggita da Dogville si ferma a Manderlay, Alabama, dove scopre che alcune persone di colore vivono ancora in schiavitù, a settant’anni dall’abolizione. Cercherà di affrancarli da un simile giogo, ma non sarà così facile.

Anche in Manderlay la critica all’America è evidente. Si capisce come l’abolizione della schiavitù sia stata formale, ma nei pregiudizi e nei diritti sociali le persone di colore sono rimaste schiave a lungo. Ma l’accusa alla “terra delle opportunità” non si ferma a questo. Va molto più a fondo. Manderlay parla anche e soprattutto dell’esportazione/imposizione della democrazia, che qui avviene con la forza, come stava (o sta?) accadendo in Iraq. Von Trier, che nelle interviste si è riferito esplicitamente all’Iraq, mette in scena la presunzione tutta occidentale che i propri modelli e le proprie leggi siano adatti/adattabili a culture ed esigenze diverse dalle nostre. Anche qui, come in Dogville, il discorso può farsi universale. Quello di Grace, e dell’America, in fondo è il vizio tipico di ogni umano: credere di sapere cos’è meglio per gli altri, senza cercare di ascoltarli.

Al Festival di Cannes del 2005, dove è stato presentato, Manderlay ha colpito molto meno del suo predecessore Dogville. La sorpresa delle messinscena scarna fino all’eccesso in effetti non c’è più. Manderlay ripropone la struttura teatrale e anti-Dogmatica di Dogville. La novità è minima: il set stavolta è bianco con le strisce nere a delimitarne gli spazi, invece di nero con le strisce bianche. Una scelta pratica, secondo le dichiarazioni di Von Trier: il bianco avrebbe fatto risaltare meglio i tanti attori di colore, che sullo sfondo nero si sarebbero visti di meno. Ma ci piace pensare che la scelta sia stata fatta anche per ribadire come Manderlay sia il “negativo” di Dogville: non solo a livello visivo, ma anche perché Grace in Dogville rappresentava gli immigrati dove la comunità era l’America, mentre qui impersona l’America stessa, e la comunità fa le veci degli oppressi. Grace è l’arroganza di un’America che tende la mano, e se la prende se non viene colta perché tesa in modo sbagliato.

Dal momento in cui abbiamo sentito le note di Young Americans abbiamo cominciato a chiederci come sarebbe stato Washington, il capitolo finale della trilogia. Ci sarebbe stata di nuovo Nicole Kidman, sarebbe rimasta Bryce Dallas Howard, o avremmo avuto una nuova Grace? In che modo avrebbe giocato con i pochi elementi della scenografia Von Trier? E soprattutto, su quale altro contraddittorio aspetto della politica americana si sarebbe concentrato l’occhio feroce del sadico danese? Forse per il minor successo di Manderlay, forse per una depressione che lo ha colpito negli ultimi anni, Von Trier ha per ora abbandonato il progetto Washington, che era atteso per il 2007, sorprendendoci con una commedia (definizione da prendere con le pinze), Il grande capo.

http://www.moviesushi.it



dmk

20:31
8 febbraio 2011


Manfredi

Ospite

muchas graciasLaugh adesso il quadro della trilogia é chiaro.



Info per il forum daniela manzini kuschnig' s weblog

Il più alto numero di utenti in linea: 783

Attualmente online:
11 Ospiti

Sta visualizzando Argomento:
1 Ospite

Statistiche del forum:

Gruppi:6
Forum:17
Argomenti:1657
Messaggi: 13100

Utenti attivi:

Hanno partecipato 31 ospiti

E' presente 1 amministratore

I più attivi:

Amministratori:admin (3520 Messaggi)