Utente | Messaggio |
14:51 10 gennaio 2010
| admin
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rappresentazione della Anti-Commedia di Eugéne Ionesco realizzata a Signa dalla Compagnia Teatrale "La Talea" (demo)
Tra gli anni '40 e '60, si sviluppa un particolare genere teatrale che sarà definito Teatro dell' assurdo o Nuovo Teatro, i cui esponenti principali sono Artur Adamov,Samuel Beckett e Eugène Ionesco.
"La Cantatrice Calva", prima opera di Ionesco, datata 1950, è, insieme a La grande e la piccola manovra (1950) di Adamov e Aspettando Godot (1952) di Beckett uno dei principali testi del Nuovo Teatro.
L'ispirazione per "La Cantatrice Calva" venne ad Ionesco durante gli studi di "lingua inglese". Rumeno di nascita, francese di adozione, Ionesco decise di imparare l'inglese usando un manuale di conversazione. Lo colpì la banalità delle frasi in esso contenute: "il sole splende", "i mesi sono dodici", "il tetto è rosso". L'anticommedia - come Ionesco stesso la definisce -, in lingua francese, consiste nella trasposizione teatrale di un normalissimo giorno in una normalissima casa molto inglese e molto borghese. Le battute sono esasperate dall'uso frequente di frasi fatte, battute di dialogo che contrastano tra loro, luoghi comuni. I protagonisti sono i coniugi Smith, i coniugi Martin, la cameriera Mary e il pompiere. Il copione, diviso in undici scene, non può essere spiegato, va letto. E' geniale, singolare, assurdo, "fuori da ogni schema".
  Nella scena prima, ad esempio, il signore e la signora Smith dialogano. Le loro battute sembrano frasi estrapolate da un libro di conversazione di lingua straniera. I discorsi sono assurdi, contraddittori.
Signor Smith Per fortuna non hanno figli. Signora Smith Non ci sarebbe mancato che questo! Figli! Povera donna, che cosa ne avrebbe fatto? Signor Smith E' ancora giovane. Può benissimo risposarsi. Il lutto le sta così bene. Signora Smith Ma chi si prenderà cura dei figli? Lo sai che hanno un bambino e una bambina. Come si chiamano?
Ionesco dà una precisa indicazione sulle modalità di recitazione: "voce strascicata, monotona, un poco cantante e assolutamente priva di sfumature". Il risultato è un dialogo piatto, portato avanti da due individui con una capacità di emozionarsi pari a quella di un manichino in vetrina.
L'ultima scena è un susseguirsi di frasi impostate, banali, sconnesse. Ognuno dice qualcosa, ma non è che quel qualcosa si connette al qualcosa detto da qualcun altro. E' delirio allo stato puro. E alla fine tutti urlano, e si parlano sopra l'un l'altro e il caos regna sovrano, mentre le luci si spengono e tutto ricomincia da capo, in un ciclico ripetersi degli eventi, dove la quotidianità della vita e l'assurdità si mescolano in un quadro dai confusi colori.
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15:55 10 gennaio 2010
| francmec
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Vi propongo un video estratto da un'altra opera famosa di Ionesco, "La lezione".
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17:24 10 gennaio 2010
| sandra
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Bèh, per essere assurdo, è assurdo. 
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17:29 10 gennaio 2010
| Elina
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i personaggi parlano ma non comunicano, limitandosi a uno scambio di frasi banali e convenzionali, prigionieri del conformismo
Lo stesso ionesco dice de La cantatrice calva: « Scrivendo questa commedia (poiché tutto ciò si era trasformato in una specie di commedia o anti-commedia, cioè veramente la parodia di una commedia, una commedia nella commedia) ero sopraffatto da un vero malessere, da un senso di vertigine, di nausea. Ogni tanto ero costretto ad interrompermi e a domandarmi con insistenza quale spirito maligno mi costringesse a continuare a scrivere, andavo a distendermi sul canapè con il terrore di vederlo sprofondare nel nulla; ed io con lui».
grazie Daniela per averlo portato
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17:50 10 gennaio 2010
| Pietro
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Se lo scopo è creare il senso dell'assurdo, questo tipo di teatro ci riesce molto bene.
Credo di aver detto le stesse cose di Sandra, solo che lei è stata più…concisa. Questo non vuol dire che non si apprezzi l'inserimento. E' sempre istruttivo conoscere. Grazie, Daniela.
Tuttavia, ad essere completamente sinceri, preferisco il teatro classico e l'opera.
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18:25 10 gennaio 2010
| Rose
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C'è qualcosa di tragico in questa incomunicabilità, ma nello stesso tempo, di ineluttabile … come se l'umanità fosse condannata a non capirsi.
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21:56 10 gennaio 2010
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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Grazie per il contributo, Francesco
Hai ragione, Rose: tragico e grottesco (a volte). D' altra parte il teatro dell' assurdo si fonda sull' idea che la vita dell'uomo sia – apparentemente – senza senso e senza scopo, e dove l'incomunicabilità e la crisi di identità si rivelano nelle relazioni fra gli esseri umani.
S. Beckett, Aspettando Godot
L'opera è divisa in due atti; in essi non c'è sviluppo nel tempo, poiché non sembra esistere possibilità di cambiamento. La trama è ridotta all'essenziale, è solo un' evoluzione di micro-eventi. Apparentemente sembra tutto fermo, ma a guardare bene “tutto è in movimento”. Non c'è l'ambiente circostante, se non una strada desolata con un salice piangente spoglio, che nel secondo atto mostrerà alcune foglie. Il tempo sembra “immobile”. Eppure scorre. I gesti che fanno i protagonisti sono essenziali, ripetitivi. Vi sono molte pause e silenzi. A volte si ride, a volte si riflette in “Aspettando Godot”, come se si fosse a “teatro o al circo” (dicono i personaggi).
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22:07 10 gennaio 2010
| Rose
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Pessima acustica in questi filmati presi a teatro. Almeno per me, che sono mezza sorda. Sono costretta ad alzare il volume e poi mio marito si lamenta, dall'altra stanza. 
Mi sembra che abbiamo già parlato di "Aspettando Godot", da qualche parte … o lo abbiamo solo 'aspettato'? 
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22:12 10 gennaio 2010
| sandra
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rose… rose... rooose… ROOOOSEEEEEE !!!
volevo vedere se mi sentivi. 
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22:13 10 gennaio 2010
| Rose
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22:22 10 gennaio 2010
| francmec
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Ho visto "Aspettando Godot" al teatro ai tempi del ginnasio. In verità allora non lo apprezzai più di tanto perché era in inglese…
Poi l'ho letto in italiano e mi è piaciuto molto.
Ehi, ma che brutta lingua ha quell'orso! Dovrebbe farsi visitare! 
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22:30 10 gennaio 2010
| Rose
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Scusa, Francesco. La lingua era per Sandra 
Purtroppo a scuola a volte si apprezzano poco queste cose. So che negli ultimi anni i ragazzi hanno molte opportunità di andare a teatro a prezzi ridotti. Un'abitudine che ai tempi miei non c'era. 
Oggi i ragazzi fanno anche teatro. Ho assistito ad una versione moderna de Gli uccelli di Aristofane, recitata da un gruppo di studenti. Proprio niente male.
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22:33 10 gennaio 2010
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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In verità, mi pare, Rose, che l' abbia citato tu, ma solo come intercalare, però, naturalmente, posso sbagliarmi.
C' è molto materiale ormai in forum e se un argomento non è stato titolato ad hoc, diventa difficoltoso trovarlo. E' da ieri che sto cercando un topic e non lo trovo, eppure so che c' è!
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22:35 10 gennaio 2010
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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Nella cultura popolare Aspettando Godot è divenuto sinonimo di una situazione (spesso esistenziale) in cui si aspetta un avvenimento che dà l' idea di essere imminente, ma che nella realtà non accade mai e che di solito chi l'attende non fa nulla affinché questo si realizzi (come i due barboni che si limitano ad aspettare sulla panchina invece di avviarsi incontro a Godot).
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22:37 10 gennaio 2010
| francmec
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Come sarebbe "i tempi tuoi"!?
(E io non ho fatto certo il ginnasio negli ultimi anni… )
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22:41 10 gennaio 2010
| francmec
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Il precedente era per rose.
In effetti Godot per alcuni rappresenta Dio, anche per l'assonanza in inglese.
Un po' ricorda "Il deserto dei Tartari" di Buzzati. Anche lì si aspettava qualcosa che non arrivava mai.
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22:44 10 gennaio 2010
| Rose
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Naaahhh! non si parla d'età. 
Danieluccia, dillo a me cosa cerchi. Io c'ho la memoria fotogrfica! (so esattamente dove abbiamo accennato a Godot … per l'esattezza, c'è un topic intitolato così +o-)
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22:51 10 gennaio 2010
| Manfredi
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è da un po' d' anni che si offre ai ragazzi la possibilità di andare a teatro, si fanno sperimentazioni che coinvolgono il linguaggio teatrale, si allestiscono spettacoli nelle scuole (addirittura in lingua originale ) e, in genere, gli studenti sono molto partecipi. si tratta di belle esperienze.
L' attesa "vuota" e senza risultato dei 2 compagni -barboni in Aspettando Godot, mi fa ricordare l' attesa di Drogo nel romanzo Il deserto dei tartari…, anche lì un' attesa che dura tutta la vita e non si compie.
dal romanzo hanno fatto anche un film
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22:57 10 gennaio 2010
| francmec
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Gran bel romanzo, quello di Buzzati.
Alcuni ritengono che l'attesa vana a cui si riferiva fosse quella di un grande servizio giornalistico (l'autore scriveva sul Corriere della Sera).
Però, in effetti, nel romanzo i Tartari, alla fine, arrivano davvero, anche se per il protagonista è troppo tardi.
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23:14 10 gennaio 2010
| sandra
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UUUh! ma come siete corti!.. volevo dire colti! 
Io me lo ricordo come una 'pizza' questo libro. E spero di non aver scandalizzato i nostri luminari della cultura, qui. 
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