Lieta che ti sia piaciuta, Carmen!
Da lontano
Qualche volta, piano piano, quando la notte
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie
di silenzio,
e non c'è più posto per le parole,
e a poco a poco si raddensa una dolcezza
intorno
come una perla intorno al singolo grano
di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo
un nome amato
per comporre la sua figura; allora
la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato
un pane caldo, spezzato.
Pierluigi Cappello, Mandate a dire all'imperatore, Crocetti Editore, 2010
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Per lui, costretto a una sedia rotelle da quando aveva 16 anni (dopo un incidente in moto); per lui che da centometrista, falcata dopo falcata, rincorreva ogni frazione di secondo; per lui che ha vissuto l'infanzia nella natura aspra di Chiusaforte (un paesino di 700 anime stretto tra le montagne della Val di ferro, a qualche chilometro dall'Austria); per lui, dove la libertà era il campanello della stazione che annunciava il treno, sogno di un altrove oltre quella frontiera di ghiaccio e sassi, ecco, ora per lui la libertà appare come un Canto d'aprile: «Noi cantiamo perché teniamo duro / il nostro morire è per il nascere dei figli / quando cantiamo alziamo lontano / dal buio del bosco al cielo d'aprile / il fuoco del nostro sangue, per il domani». Forse, la vera libertà, per Cappello, è proprio nella poesia: "La poesia è una forma di resistenza perché ti insegna a sentire le cose senza appropriartene: illumina le cose da dentro e le libera …"
Da Incontro con Pierluigi Cappello a cura di Gianluigi Colin

