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Ricordo di Emilio Salgari in tre aneddoti

UtenteMessaggio

09:28
12 gennaio 2011


OmarBunfai

Ospite

 

 

Il "Capitano" amava farsi fotografare, con sublime autoironia, tra fondali di cartapesta, camuffato da marinaio, con un pugnale alla cintola

  

 

“ Con l’aiuto di tre aneddoti, si può fornire l’immagine di un uomo: in ogni sistema io cerco di mettere in luce tre episodi salienti, e getto via il resto.”

Friedrich Nietzsche, “La filosofia nell’epoca tragica dei Greci.”

 

“ Il Gange, questo famoso fiume celebrato dagli indiani antichi e moderni, le cui acque son reputate sacre da quei popoli, dopo d’aver solcato le nevose montagne dell’Himalaya e le ricche provincie del Sirinagar, di Delhi, di Odhe, di Bahare, di Bengala, a duecentoventi miglia dal mare dividesi in due bracci, formando un delta gigantesco, intricato, meraviglioso e forse unico.

La imponente massa delle acque si divide e suddivide in una moltitudine di fiumicelli, di canali e canaletti che frastagliano in tutte le guise possibili l’immensa estensione di terre strette fra l’Hugly, il vero Gange, ed il golfo del Bengala.

Di qui un’infinità di isole, d’isolotti, di banchi, i quali, verso il mare, ricevono il nome di Sunderbunds.”.

 

 

Col grande fluire del Gange, cominciano I misteri della Jungla Nera di Salgari, il primo incipit del primo libro che io abbia letto e dunque destinato a rimanere per me il Libro per antonomasia, l’incontro con la parola che contiene e insieme crea la realtà.

Salgari applicava il principio primo della letteratura, sancito da Borges, per cui creare significava nominare, e soprattutto la capacità di tradurre l’esotismo in suggestione linguistica.

Così il Gange nella mia immaginazione cingeva tutta la Terra, come il fiume Oceano per i Greci, e creava l’Atlante della mia fantasia, dove si muovevano gli eroici Tremal-Naik con la sinuosa agilità del serpente, per combattere i fanatici Thugs e Sandokan, il ribelle anticolonialista che lottava contro i soprusi degli imperialisti Inglesi, con il ruggito e i balzi della tigre.

 

Tremal-Naik e la sua tigre addomesticata

 

Quest’autore geniale era un uomo meraviglioso.

A ogni suo compleanno, per la gioia dei suoi quattro figli, (nell’ordine: Fatima, Nadir, Romero e Omar), faceva alzare in volo un rudimentale pallone di carta riscaldata apostrofandolo con queste parole: “Non sofisticare che sei di carta, parti dalla Madonna del Pilone – dove abitava la famiglia Salgari – e attraversa l’Atlantico!”

Non sofisticare che sei di carta: in questa magica esortazione c’è tutto lo slancio e tutto l’arbitrio che servono a fondare quella costanza speciale tra letteratura e vita, un’energia che è essenziale a trasformare la scienza in avventura.

In quest’aneddoto c’è tutta la vita e l’anima del “Capitano”, come amava farsi chiamare.

 

Sandokan: all'arrembaggio!

 

Il secondo aneddoto ci porta a due lettere fatidiche scritte dal Capitano il 22 Aprile 1911.

Salgari è un uomo distrutto dal dolore: in seguito alle ristrettezze economiche e ai debiti contratti per tirare avanti, l’amata moglie Ida viene ricoverata per un grave esaurimento nervoso in manicomio.

Per anni Emilio è riuscito a mantenere la sua numerosa famiglia, sottoponendosi ad un massacrante tour de force letterario, componendo numerose opere, spesso mal rifinite e non limate da un certo stile enfatico, dovuto all’impellenza di dover scrivere in prima stesura senza correzioni.

Gli editori l’hanno costantemente truffato e gli hanno lasciato solo le briciole del suo geniale quanto sfibrante lavoro.

Il Capitano per tener dietro al loro ritmo da catena di montaggio è diventato tossicodipendente del Marsala e di due pacchetti di sigarette al giorno, lui che è sempre stato un patito dell’attività sportiva.

La bigotta e ipocrita società mercantile piccolo borghese che lo circonda, è costretta a comprare a milioni di copie i suoi libri pressata dalle richieste insistenti dei figli; però sui giornali e tramite i suoi barbosi critici accademici gli preferisce Jules Verne, quel pallosissimo scrittore francese che inculca ai ragazzi di osservare la disciplina , le buone maniere e l’ossequio per la scienza e il positivismo (e il colonialismo), mediante i suoi algidi e ipertecnologici Capitani Nemo.

 

E’ storia nota e la lista sarebbe interminabile: l’apparizione di una grande personalità si accompagna spesso al quadro di un’esistenza tragica, quando non intervenga un temperamento accomodante o vile a preservare l’individuo.

Le nostre società occidentali sono tuttora dominate dai Salieri mediocri, tutti casa, televisione, chiesa e profitto o potere –che è poi un’altra maschera del profitto -, invidiosi di quei pochi Mozart elfici che rallegrano col loro estro la nostra vita, e che pertanto devono essere avvelenati con l’acqua tofana ed eliminati nelle fosse comuni.

Il Capitano Salgari è un esempio clamoroso, rappresentativo, di questo destino.

Ma come traspare dalle sue ultime due lettere, prima di uccidersi a colpi di rasoio come un antico stoico romano, proprio in località Madonna del Pilone,eccezionale fino all’ultimo è il suo pudore, la lotta temeraria, disperata, di chi si sente destinato a soccombere, eppure tenta di mascherare la sua sorte mostrandosi integro, eroico nell’accezione sacrosanta di chi vuol proiettare al mondo un’idea di dignità e fierezza.

Perché in un mondo che tutt’oggi stritola l’individuo, Salgari è stato capace di farci vedere con Sandokan e Tremal-Naik la persona non piegata dal mondo.

Se la persona di Salgari è stata infranta, ciò non dimostra nulla contro di lui.

In cambio egli ci ha lasciato un’immagine diversa dell’uomo, ed è con questa che dobbiamo misurarci noi; e non con la nostra becera cultura televisiva che si compiace di mostrare l’uomo spezzato, vinto, frammentario, in modo che possa confermare il nostro atroce conformismo.

Sia pietà per l’eroe.

 

Salgari, la moglie Ida e i figli Fatima, Nadir, Omar e Romero.

 

“ Miei cari figli,

Sono ormai un vinto. La pazzia di vostra madre mi ha spezzato il cuore e tutte le energie.

Io spero che i milioni dei miei ammiratori, che per tanti anno ho divertiti ed istruiti provvederanno a voi. Non vi lascio che 150 lire, più un credito di 600 lire che incasserete dalla Signora Nusshaumer. Vi accludo qui il suo indirizzo.

Fatemi seppellire per carità essendo completamente rovinato.

Mantenetevi buoni ed onesti e pensate, appena potrete ad aiutare vostra madre.

Vi bacia tutti, col cuore sanguinante, il vostro disgraziato padre

Emilio Salgari

 

Vado a morire nella Valle di S.Martino, presso il luogo ove quando abitavamo in Via Guastalla andavamo a fare colazione.

Si troverà il mio cadavere in uno dei burroncelli che voi conoscete, perché andavamo a cogliere i fiori.”

 

“Torino, Madonna del Pilone 22/4/1911

 

Ai miei editori

A voi che vi siete arricchiti colla mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che io vi ho dati pensiate ai miei funerali.

Vi saluto spezzando la penna.

Emilio Salgari

 

Il corpo di Salgari, dopo il suo tragico ritrovamento nel fosso da lui sopra descritto, rimase all’Istituto di medicina legale per l’autopsia per tre giorni fino ai funerali.

Tra gli studenti che lo videro, un futuro scrittore, Salvator Gotta, ci porta il suo commosso ricordo.

Quando il carrello con le spoglie del Capitano fu sistemato in mezzo all’aula, il professor Mario Carrara ordinò agli studenti di alzarsi in piedi per onorare il defunto e rivolse loro una breve allocuzione:

“L’uomo che da ragazzi avevamo pensato e amato, bello, forte come i suoi mille eroi generosi e felici di scorrerie sul mare, nei più lontani paesi,vincitori di tutte le più aspre battaglie, alti sui gorghi delle più fantasiose avventure è qui.

Sia pietà per l’eroe.”

 

La bara del povero e sconfitto Capitano uscì dall’obitorio poco dopo le ore 16 del 28 aprile.

Non c’erano autorità o personaggi illustri ad attenderlo, erano tutti alla grande Esposizione della scienza e della tecnica che si teneva in quei giorni a Torino.

Ma scriverà “La Stampa”, dando resoconto dei funerali salgariani il giorno 29:

 

“ C’era ieri, poco dopo le 16, all’angolo di via Donizetti e via Esposizione, tutta una folla, UNA GRANDE FOLLA DI GIOVANI: studenti e studentesse, coi loro berretti goliardici e colla bandiera, alunni di varie scuole famose della nostra città; più altri ragazzi del popolo, piccoli artigiani fuggiti dalle officine colle mani ancor nere e il volto affannato, che aveano voluto dare l’estremo saluto all’autore dei libri tanto cari, letti avidamente, la domenica mattina, nella Biblioteca municipale.

Molti avevano i libri di Salgari sotto il braccio, quasi tutti anche dei fiori: una fanciulla bionda, che aveva le lagrime agli occhi, stringeva al seno un gruppo di libri, sulla testa dei quali si leggeva il nome dello scrittore morto.

Dopo il commovente saluto dei figli Nadir, Omar e Romero il modesto feretro di legno bianco è portato a braccio dagli studenti nel carro funebre,e mentre in ogni sguardo brilla una lacrima sincera, centinaia di braccia si alzano al cielo sventolando come bandiere i romanzi di Salgari.

Esplode un grido: “Grazie Capitano” e poi un lungo applauso.”

 

Sia pietà per l’eroe.

La Tigre è morta, lunga vita alla Tigre!

 

" Là c'è l'uragano, qui la Tigre della Malesia: chi è il più forte, lui od io?"

Sandokan.

13:07
12 gennaio 2011


admin

Amministratore

messaggi3520

Sono di passaggio, in volata, ma voglio ringraziarti, Omar, anche se non ho ancora letto gli aneddoti, per l' idea che hai avuto: me li voglio "gustare" in santissima pace e dedicando loro il tempo che meritano. Di nuovo, grazie!

dmk

18:05
12 gennaio 2011


Carmen

Ospite

Una semplice parola, Omar: grazie di continuare a pubblicare da noi.

Carmen

18:16
12 gennaio 2011


OmarBunfai

Ospite

Grazie di cuore Carmen, sono veramente commosso da queste tue parole, perchè sono davvero sentite e io ringrazio te e questo bel sito.

Certo la tua anima è formidabile quanto grande: hai sentito che in questo pezzo ho messo davvero tutto me stesso, per un autore che ho sempre amato fin dalla prima riga di letteratura che ho letto.

C'è di più in questo pezzo; una riflessione sulla mia anima e sulla potenza dell'arte e tutta l'umanità di cui dispongo.

La straordinaria scena finale, desunta da un'autentica pagina della "Stampa" di Torino, mi ha emozionato come poche altre cose nella vita.

Questi ragazzi e ragazze che rendono onore al povero grande Salgari, sventolando al cielo i suoi romanzi…mio Dio, CArmen, quanta bellezza.

Noi l'abbiamo sempre detto, ti ricordi? Solo chi legge veramente capisce la letteratura, non i narcisi e gli sfruttatori mercantili dei veri appassionati di scrittura…

18:45
12 gennaio 2011


Carmen

Ospite

e qui, amico mio, hai trovato il posto giusto spero! Siamo pochi, ma sappiamo apprezzare e poi Daniela e Manfredi sono dei lettori eccezionali.

Meriti attenzione, Omar, te l'ho sempre detto che hai una bella scrittura basata soprattutto sulla cultura ma anche sull'umanità, appunto. Mi sembra che una volta mi hai detto che hai seguito i miei testi, poesie e prosie e prose, per ben 3 anni. All'inizio mi sono meravigliata, poi ho pensato, come mi è sempre accaduto, che stranamente i miei testi risvegliano un certo interesse a persone di spessore. Forse, perché in ogni cosa che scrivo ci metto l'anima dentro e lascio la sua energia sui versi. 
Non ho bisogno di fingere, non si dice forse che "la realtà supera ogni fantasia?".

E' bella la passione per la scrittura che ci accumuna tutti e le mie poesie ti ringraziano.

Ciao !

Carmen

21:00
12 gennaio 2011


admin

Amministratore

messaggi3520

I primi romanzi che ho letto sono stati quelli di Salgari, a partire da: Le tigri di Mompracem. La mia fu, non una scelta, ma dipese dal fatto che, in casa, c' erano quelli, di adatti alla mia età (ero alle elementari), a parte Piccole Donne, Gianburrasca, e Cuore.

Fu, ricordo, una rivelazione: i romanzi erano di mio padre (li ho ancora, edizioni oggi d' antiquariato, con le illustrazioni, splendide, di Gamba). Li lessi tutti, uno dietro l' altro. Fu la mia prima scuola di immaginazione, di fantasia, di lettura e di scrittura. Da allora non ho mai più smesso di leggere.

Ed è anche per questo che ti ringrazio, Omar: per avermi riportato questi ricordi.

Per avermi fatto ripensare al Gange e ai Thugs e alla dea Kalì, ai giganteschi baobab dalle radici enormi e intricate, al mito creato da un uomo che il mondo ha stritolato, ma che é rimasto indimenticato e indimenticabile.

I suoi eroi, Sandokan in primis, ma anche quelli del ciclo del Corsaro nero ecc, sono personaggi che uniscono alla forza, sia fisica che di carattere, il senso della giustizia e la capacità di riuscire a essere miti "umani", capaci di amare, di soffrire, di aver pietà, senza mai perdere la loro caratteristisca di monoliti senza cedimenti, senza paura nella lotta fra bene e male.

1895

1900(pubblicato a puntate fra il 1883 e il 1884

Seguono I pirati della Malesia, Le due tigri, Il re del mare, Alla conquista di un impero, Sandokan alla riscossa, La riconquista di Mompracem, Il Bramino dell' Assam, La caduta di un impero, La rivincita di Yanez.

dmk

21:39
12 gennaio 2011


Manfredi

Ospite

Salgari: quelli della mia generazione devono moltissimo a Salgari. ci si immedesimava leggendolo e, volta a volta si diventava tigrotto, Kammamuri, compagno di avventure… e si imparava. si imparava di paesi lontanissimi che nemmeno Salgari aveva mai visitato, di cui solo aveva letto, ma che era in grado di rendere efficacissimi nelle descrizioni e nei dialoghi, e tu ci stavi dentro, ma proprio dentro, nella giungla nera…

si imparava di lotte per la giustizia e la libertà, si imparava a disprezzare il tradimento, la scelleratezza, l' imperialismo, lo sfruttamento delle genti…

si imparava. a leggere volentieri, con passione e per passione.

eh, Omar! un gran bel ricordo di Salgari! grazieLaugh

 

"La mezzanotte del 20 aprile 1847, un acquazzone diluviale, accompagnato da scrosci di folgore e da impetuosi soffi di vento subissava la solitaria e selvaggia Mompracem, isola situata sulle coste occidentali di Borneo, e il cui nome bastava in quei tempi a spargere il terrore a cento leghe all'intorno. L'abitazione della Tigre della Malesia, posta come aquila su di una gran rupe tagliata a picco sul mare, a cinquecento passi dalle ultime capanne del villaggio di Gjehawem, quella notte, contro il solito, era illuminata. Dai vetri colorati di una stanza a pianterreno, uscivano getti di luce rossigna, che rischiaravano fantasticamente le asperità delle roccie e le trincee e le gabbionate sparse all'esterno." 

La tigre della Malesia

07:54
13 gennaio 2011


OmarBunfai

Ospite

Cari amici,

diversamente da molti scrittori di oggi, quelli di marca sveviana e moraviana, che dichiarano di scrivere di ciò che vorrebbero leggere, vale a dire del loro mondo egotico in chiave lirica, in quella specie di realismo psicologico edificante e stucchevole, Salgari confessò un giorno che il suo segreto era "NARRARE CIO' CHE IL LETTORE VORREBBE ESSERE".

E cosa vuole essere il lettore/eterno adolescente se non un animale che scorazza libero su un'isola perduta e incantata, lottando per la sua libertà contro chi vuole imprigionarlo?

L'avventura come mitopoiesi è un'esigenza della nostra anima tanto come il pane lo è per il nostro stomaco.

La prima qualità di ogni buona mitopoiesi è di non essere narcisistica ma epica.

Quanti tristi scrittori oggigiorno, con la scusa di essere degli attenti realisti e dei profondi psicologi, non fanno altro che ammannirci i loro ego ipertrofici!

Dicevo, la prima qualità di ogni mitopoiesi è di ordine demiurgico.

A differenza dell'"adulto posato e realista" degli Svevo e dei Moravia, il lettore fanciullo che mena fendenti con un ramo di legno non finge che quel ramo sia una spada: ha realmente creato una spada,e lo ha fatto nominandola ; a sua volta quella spada immaginaria, di rimbalzo, ha creato lui come spadaccino; e come spadaccino potrà affrontare un avversario e domare un conflitto, e creare la sua storia per imporsi sulla sua scena.

Mi capite?

Salgari creava dei mondi dove la nostra fantasia potesse vivere, e non delle mediocri realtà fatte dell'ego presuntuoso di uno scrittore che deve vendere la sua paccottiglia.

La magia della mitopoiesi sta nel NOMINARE mondi nuovi, personaggi freschi , storie piene d'energia e non declinare le trite miserie della quotidianità.

Il kriss, il babirussa, il profumo dei Nagatampo: Salgari crea una litania di nuovi nomi per darci nuovi territori in cui spaziare, in modo simile all'epica di Omero e alle fiabe dei Grimm.

E lo fa perchè il fondamento archetipo della sua narrazione è l'esorcismo del nulla e della morte attraverso la mitografia di una vita più vitale della vita cosidetta "reale".

Con COllodi, SAlgari e il padre del fantastico, del mitopoietico.

Una tradizione che verrà seguita da Landolfi e da Manganelli, da D'arrigo e Bufalino, Arpino e Buzzati, fino a certe cose meravigliore di CAlvino, talvolta inquinate da tediosi intenti pedagogigi di stampo illuminista.

Salgari e gli autori del fantastico hanno questo di grande da insegnarci.

VOlete fare gli scrittori? VA bene,ma per carità non narrate storie del vostro Ego camuffate da realtà!

SCrivete di quello che i vostri lettori VORREBBERO ESSERE -come Sandokan la Tigre e TRemal-NAik il Cobra -e non sbaglierete, e vi diverterete voi e il lettore molto di più!

14:34
13 gennaio 2011


admin

Amministratore

messaggi3520

Perfettamente vero, Omar! concordo con tutto il discorso.Laugh

dmk



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