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Perchè lo fanno?

UtenteMessaggio

20:57
17 maggio 2009


Rose

Ospite

Semplice folklore?

Un modo per 'caricarsi' e spaventare il nemico/avversario?

Ma tutta questa aggressività … non farà male? agli interessati, voglio dire.

14:09
18 maggio 2009


stella

Ospite

Cara,dolce-rose, non credo faccia male……..Confuseda loro…….a me non dice nulla questa danza,

Uno strizza-cervelli direbbe che questa danza è un modo per tenere sotto controllo l'agressività………direbbe……forse!! 

Questa danza dovrebbe essere prescritta per quei tifosi-ultras che spesso creano caos e producono violenza negli stadi.Confused

16:18
18 maggio 2009


Gio

Ospite

Cara Rose,questi danzerini del  folklore Maori si sono esibiti lo scorso anno a Tarcento in occasione del Festival dei cuori (siamo ormai alla 40^ edizione), è stato interessante vederli. Sono rimasti quattro giorni a Tarcento e posso assicurarti che sono persone tranquille e molto socievoli, nulla a che fare con le espressioni e le grida espresse durante l'esibizione. La spiegazione è la stessa che si legge su vikipedia e che loro hanno descritto brevemente prima dello spettacolo.

Nel suo libro “Maori Games and Haka”, lo studioso Alan Armstrong descrive la Haka così:

“La Haka è una composizione suonata con molti strumenti. Mani, piedi, gambe, corpo, voce, lingua, occhi… tutti giocano la loro parte nel portare insieme a compimento la sfida, il benvenuto, l'esultanza, o il disprezzo contenute nelle parole. È disciplinata, eppure emozionale. Più di ogni altro aspetto della cultura Maori, questa complessa danza è l'espressione della passione, del vigore e dell'identità della razza. È, al suo meglio, un messaggio dell'anima espresso attraverso le parole e gli atteggiamenti.”

È dunque una danza che esprime il sentimento interiore di chi la esegue, e può avere molteplici significati. Non si tratta, infatti, solo di una danza di guerra o intimidatoria, come è spesso erroneamente considerata, ma può voler anche essere una manifestazione di gioia, di dolore, una via di espressione libera che lascia a chi la esegue momenti di libertà nei movimenti.

È comunque un rituale che cerca di impressionare, come si può ben vedere dall'esibizione degli All Blacks: si roteano e si spalancano gli occhi, si digrignano i denti, si mostra la lingua, ci si batte violentemente il petto e gli avambracci, si dà quindi un saggio di potenza e coraggio, che si ricollega allo spirito guerriero dei Maori.

16:30
18 maggio 2009


franco

Ospite

Visto che Giò ne ha parlato, ecco l'haka degli All Blacks;

in alcuni momenti il gesto sembra esprimere un simbolismo molto simile ad un analogo gesto…nostranoWink

f

21:45
18 maggio 2009


Rose

Ospite

E' innegabile che lo scopo intimidatorio sia quello più sfruttato, nello sport, nella musica e nella pubblicità.

Molti DJs hanno campionato la Haka per creare le loro produzioni.

La Squadra della Lazio ha usato la Haka nell'introduzione del suo inno "Non mollare mai".

Ora, vista la passione tutta italiana per le tradizioni esotiche, dobbiamo aspettarci che questa danza diventi di moda (magari tra le donne, che sembrano non tirarsi indietro davanti a nulla) come … che so, il kik boxing o la danza del ventre, attività che 'vanno' molto nelle palestre e nelle scuole di ballo e che pure abbiamo assimilato dall'estero?

Eh, son finiti i tempi in cui si andava ai corsi di yoga! Quelli pure erano esotici, naturalmente. Wink

22:46
18 maggio 2009


fernirosso

Ospite

Ho trovato che:

Prima della danza, colui che guida il gruppo (nel caso degli All Blacks è il maori più anziano e non il capitano come a volte si crede) esegue da "solista" un ritornello di incitamento, per ricordare ai compagni gli elementi fondamentali della danza e l'energia con cui va eseguita. Il testo di questo ritornello è:

"Ringa pakia
Uma tiraha
Turi whatia
Hope whai ake
Waewae takahia kia kino"

"Batti le mani contro le cosce
Sbuffa col petto
Piega le ginocchia
Lascia che i fianchi li seguano
Sbatti i piedi più forte che puoi"

A questo ritornello segue la danza vera e propria che si divide in diversi stili:
Ka Mate è la variante utilizzata dagli All Blacks, che la ripetono prima dell'inizio di ogni partita (dopo gli inni nazionali) per intimorire gli avversari. Questa tradizione è nata nel 1905.
Il testo della Ka Mate è il seguente:

Ka mate? Ka mate? Ka Ora!
Ka mate? Ka mate? Ka Ora!
Tenei te tangata puhuru huru
Nana nei i tiki mai
Whakawhiti te ra
A upa…ne! A upa…ne!
A upane kaupane whiti te ra!
Hi!!!

Io muoio? Io muoio? Io vivo! Io vivo!
Io muoio? Io muoio? Io vivo! Io vivo!
Questo è l'uomo dai lunghi capelli
Che ha persuaso il Sole
E l'ha convinto a splendere di nuovo
Un passo in su! Un altro passo in su!
Un passo in su, un altro… il Sole splende!!!
Hi!!!

Peruperu è una variante guerriera della haka e infatti viene eseguita con l'ausilio delle armi. E' caratterizzata da un salto alto con le gambe ripiegate alla fine del rito. Questo salto è stato aggiunto dagli All Blacks alla fine della loro esibizione della Ka Mate, provocando alcune critiche, per rendere la loro esibizione più scenografica e impressionante.
Infine vi è la Kapa O Pango, che è stata creata nel 2005 appositamente per gli All Blacks da un gruppo di esperti di tradizioni maori. Più che sostituire la Ka Mate questa Haka la completa. Le parola Kapa O Pango sono molto più riferite al team di rugby perché parla di guerrieri in nero con la felce argentata. Il testo è il seguente:

Kia Whakawhenua Au I Ahau
Hi Aue, Hi!!
Ko Aotearoa E Ngunguru Nei!
Au, Au, Aue Ha!
Ka Kapa O Pango E Ngunguru Nei!
Au, Au, Aue Ha!
I Ahaha!
Ka Tu Te Ihihi
Ka Tu Te Wanawana
Ki Runga Ki Te Rangi E Tu Iho Nei, Tu Iho Nei, Hi!
Ponga Ra!
Kapa O Pango, Aue Hi!
Ponga Ra!
Kapa O Pango, Aue Hi, Ha!

Fammi diventare una cosa sola con la terra
Questa è la nostra terra che trema
Ed è il mio tempo! E' il mio momento!
Questo ci rende gli All Blacks
E' il mio tempo! E' il mio momento!
Il nostro dominio
La nostra supremazia trionferà
E saremo innalzati
Felce d'argento!
All Blacks!
Felce d'argento!
All Blacks!

13:51
19 maggio 2009


Rose

Ospite

Interessanti informazioni, ferni.

Speriamo che la 'lezione di coraggio' a scuola non diventi lezione di bullismo. Per fortuna i ragazzi sembravano prenderla sul ridere.

Con tutto il rispetto per le diverse etnie e culture, io penso che fuori dal loro contesto, le tradizioni rischino di cadere un po' nel ridicolo.

Nello specifico, non mi pare che ci sia bisogno di imparare l'aggressività … direi piuttosto il contrario. Che fine ha fatto il vecchio detto nostrano "La calma è dei forti"?

14:02
19 maggio 2009


franco

Ospite

hai certamente ragione, Rose.

Credo però che nel caso specifico, l'aggressività non la si impari, semmai si può imparare a dominarla e a finalizzarla.

Penso che questi esercizi ritualistici in realtà, si propongano appunto questo scopo, imponendo al singolo più di controllare che non di liberare gli impulsi, assecondando così il ritmo di tutti gli altri.

f

15:49
19 maggio 2009


Rose

Ospite

Faccio volentieri un break (stirare, come la maggior parte delle mie faccende, non è certamente una questione vitale, non ne andrà di mezzo il bene della nazione) per rispondere a Franco.

Direi, caro Franco, che se uno fa questi 'esercizi' in solitudo, potrebbe (ma è tutto da dimostrare) essere un modo per scaricare la tensione, ma in gruppo, prima di una tenzone di qualche tipo, è un modo per caricarsi di aggressività, oltre che per cercare di intimorire l'avversario.

Personalmente, se incontrassi uno che strabuzza e rotea gli occhi, mi tira fuori 20 cm di lingua e urla come un pazzo, non crederei alle sue intenzioni amichevoli … o dici che dovrei pensare che si sta facendo coraggio per rivolgermi la parola? Wink

16:38
19 maggio 2009


franco

Ospite

dice Rose:

“se incontrassi uno che strabuzza e rotea gli occhi, mi tira fuori 20 cm di lingua e urla come un pazzo, non crederei alle sue intenzioni amichevoli …”

forse avresti ragione, naturalmente, se però tu l'incontrassi per strada,

ma se uno sale volontariamente su un ring, direi che potrebbe aspettarsi una certa aggressività nel suo avversario, anche se costui non si esibisse in nessuna danzaWink.

Forse, anzi senza dubbio, non mi sono spiegato quando affermo che lo scopo è di “controllare” l'aggressività, infatti non intendo assolutamente affermare che la "diminuisca", tutt'altro, solo renderla “sotto controllo” e quindi …più efficace.

Se ad esempio si sottoponessero gli atleti a lunghi pomeriggi …di stiratura, si otterrebbe però una carica di aggressività ben oltre i balletti e le smorfieLaugh

buon pomeriggio e… sereno break,

f

19:15
19 maggio 2009


fernirosso

Ospite

invece personalmente mi domando perchè questi altri fanno ciò che fanno…e sembrano così calmi e per bene!

La politica "ha" tutti i costi. Indagine sul mercato del lavoro dei politici http://www.fondazioneitaliani.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=4642','win2','status=no,toolbar=no,scrollbars=yes,titlebar=no,menubar=no,resizable=yes,width=640,height=480,directories=no,location=no'); return false;" href="http://www.fondazioneitaliani.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=4642" target="_blank"> PDF http://www.fondazioneitaliani.it/index2.php?option=com_content&task=view&id=4642&pop=1&page=0&Itemid=73','win2','status=no,toolbar=no,scrollbars=yes,titlebar=no,menubar=no,resizable=yes,width=640,height=480,directories=no,location=no'); return false;" href="http://www.fondazioneitaliani.it/index2.php?option=com_content&task=view&id=4642&pop=1&page=0&Itemid=73" target="_blank"> Stampa http://www.fondazioneitaliani.it/index2.php?option=com_content&task=emailform&id=4642&itemid=73','win2','status=no,toolbar=no,scrollbars=yes,titlebar=no,menubar=no,resizable=yes,width=400,height=250,directories=no,location=no'); return false;" href="http://www.fondazioneitaliani.it/index2.php?option=com_content&task=emailform&id=4642&itemid=73" target="_blank"> E-mail
sabato 24 maggio 2008
Si è tenuto, oggi, a Gaeta il X Convegno europeo della Fondazione Rodolfo DeBenedetti nel corso del quale si è discusso sul tema “Il mercato del lavoro dei politici”. Sono stati presentati i risultati di una ricerca pluriennale sul mercato del lavoro dei parlamentari degli ultimi 60 anni, i primi della Repubblica
di Andrea Camboni

L'Italia in cifre. Tutti i pezzi

L'Aula di Montecitorio Se la democrazia rappresentativa non può prescindere dal professionismo politico e questo trova la sua ragion d’essere negli incentivi monetari, qual è l’ambizione di suddetta democrazia? Per capirlo diamo un’occhiata ai risultati della ricerca “Il mercato del lavoro dei politici”, presentata oggi a Gaeta in occasione del X Convegno europeo della Fondazione Rodolfo DeBenedetti. Lo studio condotto dalla Fondazione analizza le carriere degli uomini politici italiani attraverso una raccolta di informazioni dettagliate sulle loro carriere, prima e dopo l’ingresso in Parlamento dal 1948 al 2007, comprendo un arco temporale che va dalla Prima Repubblica alla Seconda Repubblica. Attraverso l’analisi di questi dati, comparati con quelli dei membri del Congresso Usa, è stato possibile rispondere ad alcuni interrogativi riguardanti il meccanismo di selezione dei politici.

Aprendo i lavori del Convegno, il presidente delle Cir (Compagnie industriali riuniti), Carlo De Benedetti, ha sostenuto essere la contendibilità “la chiave per migliorare la selezione della classe dirigente”, tanto per le imprese quanto per la politica poiché, ha spiegato De Benedetti, “in imprese non contendibili si finirà per premiare la fedeltà rispetto alla performance: si cercherà un mero esecutore, che non porta valore aggiunto a tutti gli azionisti” riproducendo, quindi, le scelte inefficienti.

La carriera dei politici
La maggior parte dei deputati italiani fa della politica la propria professione con una permanenza in Parlamento che, per due parlamentari su tre dura per più di una legislatura. Tuttavia solamente uno su dieci vi rimane per più di 20 anni con una durata media della carriera di 10,6 anni, 10,8 anni per gli uomini e 8,5 anni per le donne. Anche l’uscita dal Parlamento non significa necessariamente l’uscita dalla vita politica. Il dato che sottolinea con forza la mancanza di contendibilità nella selezione politica riguarda l’abbandono dell’attività parlamentare che nel 59% dei casi non è la conseguenza di una sconfitta elettorale ma di una scelta personale, o del partito, nel gioco delle candidature. Si esce dal Parlamento a un’età media di 56 anni, e dopo?
Poco meno del 50% rimane in politica, soprattutto i deputati che prima dell’elezione svolgevano un’attività nel settore politico (tre su quattro) ma anche operai e impiegati del settore industriale (61%) e dipendenti pubblici (55%). Un terzo degli imprenditori decide di prestarsi alla politica mentre solamente il 21% dei deputati provenienti dal settore politico continua la propria carriera nel settore privato, contro il 60% negli Stati Uniti. Il 6% dei parlamentari uscenti va in pensione, il 3% finisce in carcere, ma in questo generalmente, non terminano mai l’intera legislatura.

La selezione dei politici
La selezione dei politici è strettamente connessa con il sistema elettorale vigente. Durante la Prima Repubblica, con un sistema proporzionale a liste aperte, i partiti ricandidavano almeno quattro deputati su cinque, che gli elettori nella grande maggioranza dei casi (tra il 71% e l’86%) confermavano con il loro voto. Durante la seconda Repubblica, il potere di selezione dei partiti si è rafforzato a seguito dell’introduzione, nel 1994, e, nel 2006, del “porcellum”, sistema proporzionale a liste chiuse. Dopo il 1994 la percentuale di ricandidati è diminuita, compresa in una forbice che va dal 66 al 78%, registrando anche una parallela riduzione dei tassi di rielezione che, dal 77% dell’elezione del 2006, sono scesi al 65% nell’ultima elezione (2008).
I nuovi eletti rappresentano in media il 40% dei deputati. Con la sola Tangentopoli (elezioni del 1994, XII Legislatura), la proporzione di ricandidature ed i tassi di rielezione sono scesi al loro minimo storico, rispettivamente 51% e 60%, e il turnover ha raggiunto quota 69,5%.

Chi sono i nuovi eletti?
Durante la Prima Repubblica, i nuovi eletti rappresentavano un segmento della popolazione più giovane e istruita. Se fino al 1993 si entrava in Parlamento all’età media di 44,7 anni, durante la Seconda Repubblica il dato è sensibilmente aumentato raggiungendo i 48,1 anni.
L’età media in cui si entrava in parlamento era di 44,7 anni, contro i 48,1 anni della Seconda
Repubblica. Aumenta l’età e diminuisce l’istruzione. La percentuale dei nuovi eletti in possesso di una laurea, che era del 91,4% nella I Legislatura (8 maggio 1948-24 giugno 1953), è scesa al 64,6% all’inizio della XV Legislatura (28 aprile 2006-28 aprile 2008).

Negli Stati Uniti la percentuale di laureati al Congresso e’ aumentata dall’88% nel 1947 al 94% nel 1993.
Nel periodo intercorso tra la I e la XV legislatura è triplicata la percentuale di donne nella squadra dei nuovi eletti, passando dal 7% al 21%.

Infine, per quanto riguarda le occupazioni dei nuovi eletti, diminuisce il peso delle professioni legali, passate dal 34% della I Legislatura al 10,6% della XV, e aumenta il peso del settore pubblico e politico (dal 4% della I Legislatura al 21% della XV) e del settore industriale (dal 12% al 23% con un calo degli operai e impiegati dal 6% al 5% e un aumento dei dirigenti dal 6% al 18%).

Redditi dei Parlamentari
Nel 1948 i redditi dei parlamentari statunitensi era nettamente superiore a quello dei colleghi italiani. Nel 1994, il sorpasso, con una differenza, a tutto vantaggio dei deputati di Montecitorio e di Palazzo Madama, di oltre 35.000 euro. Ciò si spiega con il divieto posto in essere negli Usa di accumulare altri redditi all’indennità parlamentare. Inoltre le stesse indennità dei parlamentari italiane sono aumentate per tutto il periodo 1948-2006 con un tasso di crescita medio annuo del reddito lordo pari al 10%, contro l’1,5% dei parlamentari statunitensi.
Entrare in politica, in Italia, vuol dire vedere lievitare del 77% i propri redditi totali. Soprattutto nel periodo1985-2004 fare politica era un ottimo investimento, vista la crescita del reddito reale annuale di un parlamentare aumentata 5-8 volte di più rispetto al reddito reale annuale medio di un operaio, 3,8-6 rispetto al reddito di un impiegato e 3-4 volte di più in confronto a quello di un dirigente. Dalla fine degli anni 90’, il 25% dei parlamentari guadagna un reddito extraparlamentare annuale che e’ superiore al reddito della maggioranza dei dirigenti.

Qualità dei politici
Nella misurazione della qualità dei politici, la Fondazione De Benedetti ha preso in considerazione tre indicatori di qualità. Il livello d’istruzione, il grado di assenteismo e l’abilità intrinseca di generare reddito nel mercato del lavoro, fermo restando la considerazione delle sue caratteristiche individuali osservabili, quali età, sesso,professione, nell’ipotesi che competenze e le abilità specifiche in politica ed in economia siano fra di loro correlate.
Combinando questi tre fattori si è dimostrato un livello di qualità media dei
Politici maggiore nella Prima Repubblica, sia per istruzione che per qualità intrinseca dei deputati,
mentre comparabile tra le due Repubbliche è il grado di assenteismo.
Nella Prima Repubblica, i partiti più abili nella selezione di candidati migliori, per quanto riguarda istruzione e qualità intrinseca, ma non di assenteismo, sono stati i piccoli partiti e quelli d’elite come il Partito liberale, il Partito repubblicano e il Partito socialista democratico.
Tra i grandi partiti, gli indici di qualità dello studio mostrano come la DC selezionasse meglio del PCI.
Nella Seconda Repubblica il livello medio di qualità dei politici si è ridotto e la miglior selezione, sulla base dell’indice di qualità intrinseca, è stata operata da Forza Italia e Ulivo (anche
separatamente come DS e Margherita).

Andrea Camboni

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 12 novembre 2008 )

21:13
19 maggio 2009


Rose

Ospite

"La maggior parte dei deputati italiani fa della politica la propria professione ".



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