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Pasqua nel mondo: i flagellanti

UtenteMessaggio

14:15
2 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

In molti Paesi la Settimana santa è periodo di rappresentazioni religiose ma soprattutto di penitenze. Nelle Filippine in particolare viene messa in scena la crocifissione in modo estremamente realistico, con i penitenti realmente inchiodati alla croce. La Spagna è invece nota per le processioni di penitenti incappucciati, figure tanto inquietanti quanto caratteristiche di questo periodo dell'anno. 

Penitenti della Confraternita La Candelaria

Confraternita di Cristo de las Injurias 

Un penitente tarsporta la croce della confraternita Jesus del Via Crucis 

La processione della confraternita 'Cristo de la buena muerte' a Zamora, nord della Spagna 

Una rappresentazione della crocifissione messa in scena da attori a Tandil, Argentina 

Una processione a Nord di Manila, Filippine. Un penitente con il volto coperto da un panno nero trasporta una croce di legno. Nonostante la Chiesa cerchi di dissuadere i fedeli, i rituali di penitenza durante la Settimana Santa vengono ripetuti ogni anno. I penitenti si infliggono dolore e punizioni, spesso con gravi conseguenze fisiche, a imitazione del Calvario di Gesù.

Guatemala City, le donne trasportano la Vergine Maria 

Le penitenti della confraternita Virgen de la Esperanza sfilano per le strade di Zamora, nel Nord della Spagna 

dmk

14:22
2 aprile 2010


Pietro

Ospite

Credo che in molti paesi, si sia verificata una commistione tra i riti cristiani e quelli autoctoni. Alcune tradizioni, per quanto suggestive, giungono a livelli di parossismo che personalmente trovo eccessivi. (mi riferisco alla reali crocifissioni e alle flagellazioni)

14:45
2 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Certo, Pietro e infatti si cerca, per esempio, nelle Filippine di portare avanti un' opera di dissuasione in proposito (senza molti risultati, pare).

D' altra parte mi viene da ricordare tutta la tradizione delle autoflagellazioni, dei cilici ecc che risalgono ben indietro nel corso dei secoli, agli anacoreti che li usavano per espiazione e mortificazione della carne, fino a San Francesco che si gettò tra i rovi…fino a Papa Paolo VI che ne faceva uso saltuario come si apprese dopo la Sua morte, fino ai membri laici in "celibato apostolico" dell' Opus Dei che ne fanno tuttora uso per mortificare il proprio corpo e con esso il proprio spirito per "avvicinarsi al sacrificio di Cristo".

C' é anche da osservare che l'uso del cilicio come strumento di pura mortificazione della carne non è contemplato dalla Chiesa in quanto "il corpo dell'uomo partecipa alla dignità di «immagine di Dio»", e quindi non deve essere maltrattato, ma considerato "buono e degno di onore".

L'uso di sacrifici personali e di privazioni volontarie è però concesso per recuperare la piena salute spirituale, per essere più vivo nello spirito e per irrobustire le proprie relazioni con Dio e con il prossimo. I Padri della Chiesa ne propongono in particolare tre: preghiera, elemosina, digiuno.

Dice San Francesco di Sales:

« La mancanza di misura nei digiuni, nelle flagellazioni, nell'uso del cilicio, nelle asprezze rende molte persone incapaci di consacrare gli anni migliori della vita ai servizi della carità; questo avvenne anche a San Bernardo che si pentì in seguito di aver abusato di penitenze troppo dure. [...] Anche noi siamo molto fragili di fronte alle tentazioni sia quando il nostro corpo è troppo pasciuto, come quando è troppo debole; nel primo caso è presuntuoso nel suo benessere, nell'altro è disperato nel suo malessere. (…) C'è chi fa fatica a digiunare, chi invece a servire gli ammalati, un altro a visitare i prigionieri, a confessare, a predicare, a consolare gli afflitti, a pregare ed altri esercizi simili: queste ultime fatiche valgono di più di quella del digiuno, perché, oltre a darci ugualmente il dominio sulla carne, in più ci offrono frutti molto più apprezzabili. »

dmk

14:59
2 aprile 2010


Carmen

Ospite

admin ha detto:

Certo, Pietro e infatti si cerca, per esempio, nelle Filippine di portare avanti un' opera di dissuasione in proposito (senza molti risultati, pare).

D' altra parte mi viene da ricordare tutta la tradizione delle autoflagellazioni, dei cilici ecc che risalgono ben indietro nel corso dei secoli, agli anacoreti che li usavano per espiazione e mortificazione della carne, fino a San Francesco che si gettò tra i rovi…fino a Papa Paolo VI che ne faceva uso saltuario come si apprese dopo la Sua morte, fino ai membri laici in “celibato apostolico” dell' Opus Dei che ne fanno tuttora uso per mortificare il proprio corpo e con esso il proprio spirito per “avvicinarsi al sacrificio di Cristo”.

C' é anche da osservare che l'uso del cilicio come strumento di pura mortificazione della carne non è contemplato dalla Chiesa in quanto “il corpo dell'uomo partecipa alla dignità di «immagine di Dio»”, e quindi non deve essere maltrattato, ma considerato “buono e degno di onore”.

L'uso di sacrifici personali e di privazioni volontarie è però concesso per recuperare la piena salute spirituale, per essere più vivo nello spirito e per irrobustire le proprie relazioni con Dio e con il prossimo. I Padri della Chiesa ne propongono in particolare tre: preghiera, elemosina, digiuno.

Dice San Francesco di Sales:

« La mancanza di misura nei digiuni, nelle flagellazioni, nell'uso del cilicio, nelle asprezze rende molte persone incapaci di consacrare gli anni migliori della vita ai servizi della carità; questo avvenne anche a San Bernardo che si pentì in seguito di aver abusato di penitenze troppo dure. [...] Anche noi siamo molto fragili di fronte alle tentazioni sia quando il nostro corpo è troppo pasciuto, come quando è troppo debole; nel primo caso è presuntuoso nel suo benessere, nell'altro è disperato nel suo malessere. (…) C'è chi fa fatica a digiunare, chi invece a servire gli ammalati, un altro a visitare i prigionieri, a confessare, a predicare, a consolare gli afflitti, a pregare ed altri esercizi simili: queste ultime fatiche valgono di più di quella del digiuno, perché, oltre a darci ugualmente il dominio sulla carne, in più ci offrono frutti molto più apprezzabili. »

“il corpo dell'uomo partecipa alla dignità di «immagine di Dio»”, e quindi non deve essere maltrattato, ma considerato “buono e degno di onore”.

Sono pienamente d'accordo.

Grazie Daniela per le notizie riguardo alle tradizioni delle tante flagellazioni nel mondo, che trovo  inutili. Meglio allora dedicarsi a qualcosa che possa aiutare il prossimo, e non solo nel Venerdì Santo e se non si può prendere il Venerdì Santo come occasione speciale per riflettere.

A presto !

Carmen

15:03
2 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Tanto per rimanere da noiSmile

I Vattienti di Nocera Terinese

Mentre si svolge la processione con la statua della Madonna dell'Addolorata, per le vie del paese si aggirono i Vattienti, si battono con un pezzo di sughero che prende il nome di "cardo", nel quale sono collocati, bloccati nella cera, 13 pezzettini di vetro che fuoriescono di pochi millimetri.

I Vattienti hanno la testa avvolta da un panno nero ed una corona che non ha aculei ma è un ramo di "sparaconga", tra le altre cose molto spesso tenero, che viene lavorato in modo tale da formare una corona; indossano un paio di pantaloncini corti per lasciare scoperte le cosce.

Ognuno di loro è allacciato con una cordicella all'Ecce-Homo (un compagno), alla vita un panno rosso che scende fino alle caviglie.

Con gli strumenti penitenziali, detti la rosa e il curdo, i Vattienti si percuotono, con movimenti ritmici, le cosce e i polpacci e poi passano la rosa bagnata del loro sangue sul petto dell'Ecce-Homo.

Girano per le strade mischiati alla processione e quando sono vicini alla statua della Madonna, fanno il segno della croce, si percuotono e versano il loro sangue ai piedi della Vergine.

I Battenti di Verbicaro

Intorno alla mezzanotte il palcoscenico è appannaggio dei flagellanti, "i battenti", persone vestite di rosso che indossano un semplice pantaloncino corto, una maglietta e un fazzoletto intorno al capo. Essi si procurano delle ferite sulla parte anteriore delle cosce mediante un tappo di sughero, "il cardiddo", sul quale, grazie a uno strato di cera, sono infissi dei pezzi di vetro. Pieni di ferite e di sangue, a voler imitare quelle che sono state le sofferenze di Gesù, i battenti percorrono le vie del paese.

Da molte parti condannato come un rito barbaro e cruento (lo stesso Vescovo in una lettera pastorale, li metteva al bando), quello dei battenti rimane però un argomento sempre al centro del dibattito che vede da una parte i fautori dell'abolizione di tale pratica, dall'altra vede schierati coloro che nella flagellazione leggono il segno profondo di manifestazione della devozione popolare. 

dmk

15:21
2 aprile 2010


Carmen

Ospite

perlamiseria !!! scusami, Daniela, ma mi è proprio scappata !

Abbracci!

21:02
2 aprile 2010


Rose

Ospite

Mah! Dubito che Dio richieda questo tipo di sacrifici.

C'è una sorta di esibizionismo e di compiacimento anche in queste pratiche, a mio parere. Non sarà un caso che siano diffuse soprattutto a sud e nei paesi latini, dove il carattere delle persone è, generalmente, più passionale (ques'ultima non è una critica, ovviamente).

23:01
2 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Ne dubito anch' io, Rose. La mortificazione della carne nelle sue passioni e pulsioni si può ottenere anche con modalità diverse. Credo che siano stati gli uomini, al di là di forme di esibizionismo (che pure possono essere presenti) a escogitare ed applicare modi cruenti di penitenza, magari adattandoli da un passato lontanissimo. Ricordi la "Flagellazione dell' Ellesponto"? risale alla seconda guerra persiana, ai tempi di Serse, per intenderci.

dmk

23:12
2 aprile 2010


Manfredi

Ospite

San Francesco è genuflesso in mezzo ad un groviglio di spine.


Qui il Santo si rotolò per vincere il dubbio e la tentazione.
Secondo una tradizione già attestata alla fine del Duecento, i rovi si cambiarono in rose senza spine.
In alto: il demonio fugge atterrito di fronte alla presenza di Dio che sorride e benedice in silenzio. 

eh, lo spirito passionale dei latini!Wink effettivamente è vero, credo che al sud ci sia una forma più "emotiva", diciamo così, di manifestare anche la religiosità, oltre che il resto. o può anche essere che lì ci sia stata una maggiore esposizione ed assimilazione di tradizioni e costumi provenienti da altre culture. un discorso interessante. resta il fatto che il tutto mi rimanda al medioevo – e non vuol essere una nota negativa -.

14:43
3 aprile 2010


fernirosso

Ospite

penso che anche questa smania della passione, della tortura, della sofferenza per saldare un debito sia anche la strada che consente di mantenere la situazione sociale quale è da secoli, senza mutare sostanzialmente i metodi per il controllo da parte di chi sfrutta un potere, che non è fede, ma paganità che paga a bassissimo prezzo, il proprio scranno.

Laico o religioso non cambia il connubio per rafforzare l'un l'altro il proprio governo con fini di lucro non certo di altro interesse. La politica  governa gli affari in terra sia che siano di pietro sia di cesare. Dio, se c'è, non lo si trova mai in mezzo. Umano, troppo umano tutto questo golgota, nano, ad altezza di un piacere macabro, che scambia un messia per una messe di notorietà, singolare o collettiva, visto che anche i luoghi in cui si svolgono queste manifetsazioni ne godono per affluenza di turisti. Ah! Che tristezza vedere ancora tanta inutile malvagia tracotanza sfruttando l'ignoranza, non la fede.f

20:41
3 aprile 2010


Rose

Ospite

Ben detto, Ferni.

22:34
3 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Voglio essere del tutto sincera: c' é qualcolsa nello scritto di Ferni che non mi torna o, forse, non mi convince. Non so, forse un' aria di generalizzazione che tende a omogeneizzare tutto in un' unica prospettiva. Ma, lo ripeto, non so esattamente. Forse, semplicemente, sono troppo stanca e non riesco a analizzare e motivare l' impressione che provo. Chiedo scusa.

dmk



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