Utente | Messaggio |
16:55 16 gennaio 2011
| Carmen
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| Ospite
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Il dolore è una cosa intima, da rispettare, tanto che quando una persona prova ad entrare nel mio, io chiudo porte e finestre. Esiste un pudore, santificato dalla sensibilità di si sa, e allora non si può pretendere di insegnare nulla a nessuno. A ciacuno il suo percorso, a ciascuno il suo dolore. Non si deve mai invadere il territorio santificato, o maledetto. L'invasione di quel falso "ti voglio bene" non fa un passo su un territorio minato da fiori o da ortiche. E' un terreno privato, dove l'invadenza è reato ed è bene che resti fuori. E solo chi ti vuole veramente bene, sa stare al suo posto, non ti dice "ti voglio bene", ma sa dimostrarlo. Sa che quando apro le porte e le finestre può entrarci, non prima.
Troppe persone hanno cercato di invadere il mio territorio con il loro "ti voglio bene" , ma la mia risposta è questa:
Il mio dolore è diventata consapevolezza con cui vivo, tanto di saperlo dominare con serenità: se gli dico"alzati" egli si alza, se gli dico: "a cuccia" lui si accuccia.
Carmen
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22:38 16 gennaio 2011
| Manfredi
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| Ospite
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il dolore è una cosa intima… sai, Carmen, credo dipenda molto dalla "persona". ho visto persone che "avevano bisogno" di far partecipare gli altri ai propri dolori, di "metterli in mostra", di sentirsi gratificate dai vari "ti voglio bene" di sostegno (veri o fasulli che fossero).
ho conosciuto persone che rinserravano i loro dolori dentro di sé, li cullavano, li offendevano, ci lottavano contro, e facevano tutto in silenzio, a porte chiuse. e solo quando avevano imparato a dominarli, uscivano fuori.
in ogni caso, la tua risposta ai tentativi di invasione, é esemplare. ottima.
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18:43 17 gennaio 2011
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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Considerato come sono fatta, IO, il tuo discorso, Carmen, mi va a pennello. Senza dubbio, come scrive Manfred, ci sono persone moooooolto diverse da me (e da te, mi permetto di dire) e ammetto anche che, a volte, i "ti voglio bene" siano detti sinceramente e rispecchino una posizione di condivisione, però………… che mi sia permesso di elaborare il mio dolore "dentro" di me, senza interferenze. Sarò "chiusa". Senz' altro. Ma funziono così e chiedo (esigo) rispetto per come sono fatta. Grazie, Carmen.
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19:43 17 gennaio 2011
| Elina
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| Ospite
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caratteristica del dolore è l'appartenenza
credo tuttavia che arrivi un punto in cui si ha bisogno di condividerlo e necessariamente ciò non debba avvenire con tutti
le ferite vanno raccontate e in quel momento, anzi da quel momento, può capirsi il valore dell'altro nell'ascolto, nel fare qualcosa anche in una parola detta dal cuore
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21:50 17 gennaio 2011
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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Certo, Elina, sono d' accordo. Si arriva a "quel punto",… dopo. Dopo.
quando apro le porte e le finestre
per dirla con Carmen.
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