L'immaginaria sorella di Shakespeare
In un noto saggio intitolato Una stanza tutta per sé Virginia Woolf volle replicare agli intellettuali misogini della sua epoca che dichiaravano impossibile, per una donna, concepire un'opera artistica di genio. Per dimostrare che l'affermazione intellettuale delle donne è stata nei secoli ostacolata da circostanze culturali e sociali, non certo da una “naturale” inferiorità, la scrittrice disegnò la plausibile biografia di un'immaginaria sorella di Shakespeare, dotata dello stesso talento del fratello.
L'ipotetica fanciulla non sarebbe riuscita a far fiorire le sue attitudini. La famiglia avrebbe tentato di costringerla nel ruolo esclusivo e a lei male accetto di sposa e madre; fuggita per inseguire il sogno del teatro sulle orme del fratello, sarebbe stata prima derisa, poi sedotta e abbandonata e la sua esistenza si sarebbe conclusa nel suicidio.
Casi paragonabili, anche se non così tragici, si sono verificati nella realtà. Mozart aveva una sorella, Nannerl, di cinque anni più grande, anche lei straordinariamente dotata per la musica, anche lei bambina prodigio, anche lei portata in giro per le corti d'Europa a deliziare nobili e regnanti in numeri da cane ammaestrato, in coppia col fratellino. A un certo punto però papà la lascia a casa e decide di concentrarsi unicamente sull'istruzione e la creazione della carriera musicale del figlio maschio; e il resto è storia. Anche Mendelssohn, altro bambino prodigio, aveva una sorella, altra bambina prodigio. Qui pare addirittura che alcune composizioni giovanili firmate dal musicista siano opera, in realtà, della sorella…
Non era concepibile che una donna alzasse la testa e dicesse: questo è il mio mondo, il mio mmaginario, questo la mia creatività mi impone di dirvi. Dunque l'investimento parentale sull'ingegno delle figlie femmine era del tutto impensabile. Nel nostro secolo l'attrib uzione del diritto di voto ha riconosciuto alle donne quantomeno la qualifica di esseri pensanti; ma ancora negli anni ‘60 Simone de Beauvoir denunciava la scarsa propensione delle famiglie a spendere per gli studi di una figlia quanto avrebbero speso per quelli di un figlio.
Per una ragazza si pensava: tanto poi si sposerà… e quando ciò fosse accaduto la sua ambizione di esprimersi attraverso il lavoro intellettuale e creativo si sarebbe definitivamente infranta contro gli scogli delle incombenze domestiche.
Rita Charbonnier
Da “Hystrio” – n. 4/1996