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A proposito di libertà di espressione

UtenteMessaggio

09:23
15 aprile 2009


Rose

Ospite

Da uno dei vari links gentilmente suggeritimi da ferni, da quando mi sono messa a scrivere 'storie'. Ho trovato che queste dichiarazioni siano oltremodo interessanti e si prestino a considerazioni personali.

Da Le figure dei libri – Bologna Book Fair 2009

 

A proposito di libertà di espressione, internet si rivela un mondo affatto democratico, dove chiunque può dire la sua senza censura, senza che la sua persona fisica si intrometta nel discorso. In un gruppo, il nostro abbigliamento, la postura del corpo, le nostre timidezze o mancanze, determinano una geografia sociale e psicologica che spesso influenza il modo in cui ci esprimiamo… In internet siamo fantasmi, e questo facilita il dialogo, la generosità o l’arroganza (anche i fantasmi hanno le loro idiosincrasie!).

 

Internet minaccia la fine della stampa, (i giornali on line superano per audience quelli stampati e non registrano crisi), minaccia con la sua libertà di espressione i poteri costituiti, cambia nei lettori il modo di accedere alla cultura (indebolimento della memoria, cambi nei processi cognitivi di acquisizione dei dati, etc): se prima conoscere era andare in profondità, oggi sembra che conoscere assomigli di più a un surfare sulla superficie, si fanno più forti le qualità associative, le competenze di “rete”.

 

Rita Levi Montalcini, in un’intervista rilasciata all’Unità, ha detto che la più grande rivoluzione del ‘900 non è la teoria della relatività, non la fisica quantistica, i progressi della medicina… ma internet. Che ci faccia paura o meno, internet rivoluzionerà l’uomo, i suoi sistemi cognitivi, le sue abitudine sociali. Forse gli stessi dibattiti erano in corso quando fu inventata la scrittura più di seimila anni fa?

 

09:51
15 aprile 2009


sandra

Ospite

Un argomento molto interessante, Rose.

E' vero, parlare attraverso lo schermo del pc può dare una grande sensazione di libertà. Si è meno condizionati dagli altri o dalle proprie… come le hanno chiamate? ah sì, idiosincrasie. Manie, insomma, complessi che ognuno di noi si fa.

Forse, l'anonimato del computer ci permette di essere più sinceri, di… scoprirci di più di quanto faremmo incontrando qualcuno di persona.

Mi sembra siano stati citati altri due aspetti. In questo momento non ho molto tempo per rifletterci. Lo farò più tardi, anche perchè voglio leggere almeno una delle tue storie, Rose! Kiss

10:22
15 aprile 2009


franco

Ospite

ah beh! Se lo dice la Montalcini…!

scherzo naturalmente, ma questa non è stata una sua originalissima constatazione, ma un fatto così oggettivo che s'è imposto da solo all'attenzione del mondo.

Ci muoviamo ancora su ruote di gomma come cent'anni fa, ma ci vediamo e comunichiamo in tempo reale con chiunque dall'altra parte del globo.

Mentre la fantascenza tradizionale puntava gli occhi della fantasia su nuovi e straordinari mezzi di movimento (navette su cuscini d'aria etc…), la comunicazione faceva la sua rivoluzione rendendo sempre più inutile lo stesso muoversi.

Naturalmente l'informazione in tempo reale rende altrettanto reale il pericolo di "bufale" accolte senza nessun filtro o garanzia o responsabilità di chi le propaga; basta vedere cosa…circola e cosa vien preso per buono dai più sprovveduti;

ma è il rovescio come ne esiste in ogni medaglia.

Un argomento complesso, Dolcerose e ha ragione Sandra, questo è un argomento che non si esaurisce certo in un post

f

11:28
15 aprile 2009


Rose

Ospite

Avete ragione, ragazzi. Forse ho messo troppa carne al fuoco. Frown

Oltre agli aspetti messi in risalto da voi, io mi chiedo quanto ci sia di vero nella dichiarazione che ho trovato già in grassetto e che riporto nuovamente:

se prima conoscere era andare in profondità, oggi sembra che conoscere assomigli di più a un surfare sulla superficie

Un prevalere della superficialità, dunque?

13:47
15 aprile 2009


stella

Ospite

Solo una piccolissima riflessione.

Ho la sensazione che sul web si accellerino nuove dinamiche  sociali.

Rapporti bruciati velocemente.

Superficialità di giudizio e di conoscenza.

Poco ascolto dell'altro.

Forse non c'azzecca nulla con l'argomento proposto………ma :::::::!!!

16:13
15 aprile 2009


franco

Ospite

invece c'azzecca eccome, Stella.

La superficialità di giudizio e i rapporti bruciati velocemente sul web sono una realtà.

Senza escludere la profondità d'intesa, che può comunque nascere tra i navigatori, è la rapidità con cui le relazioni finiscono e si dissolvono che genera sgomento.

E' come scoprire d'aver costruito, spesso per lunghi periodi di tempo, costruzioni di carta che volan via al primo soffio di vento.

Come se l'altro fosse più una proiezione che un'autonoma realtà.

proprio perchè, come dici tu: il reale "ascolto" spesso manca.

f

18:59
15 aprile 2009


borablu

Ospite

“se prima conoscere era andare in profondità, oggi sembra che conoscere assomigli di più a un surfare sulla superficie”

Non ti so che dire, Rose, io mi nutro anche di internet ma non mi riconosco in quella frase.

Per me, internet è utile solo in superficie, chè se voglio andare a fondo devo ricorrere ad altri (e vecchi!) strumenti. O anche, a saper usarla, internet può anche portarti all'approfondimento, ma con troppi pericoli di percorso.

No, Rose, il discorso andrebbe ricominciato e seguito con attenzione.

Non trascurare l'ipotesi che gli utenti di internet non sonmo i lettori dei miei tempi: c'è qualcosa di cambiato. L'evoluzione continua….

E non finisce più!

Ma io si.

Ciao

Laugh Frown

21:02
15 aprile 2009


borablu

Ospite

Comunque (e non c'èntra con quanto sopra) sembra sia vero che hanno fatto fuori Vauro.

Questo è l'assunto.

Il titolo di questo filone " "La libertà di espressione.

Svolgimento……….

07:32
16 aprile 2009


Rose

Ospite

Il tema del post, caro Mario era generico e nessuno stava accusando nessuno  di superficialità Smile. Si ragionava su ipotesi, peraltro fatte da altri e senza la pretesa di risolvere nulla. Siamo solo un gruppo di amici che sta a chiaccherare e, invece di farlo al bar, come  avveniva una volta, lo fa davanti ad uno schermo di computer.

Ecco, questo è senz'altro un cambiamento di costume portato da internet Smile

Quanto alla “libertà di espressione”, ci si riferiva a quanto l'essere appunto davanti ad uno schermo, possa rendere i rapporti su internet, in qualche modo, più semplici, dinamici (a volte, anche più superficiali, purtroppo).

Certo che, con la notiza di Vauro, tu allarghi di molto la questione Smile

La vignetta incriminata si commenta da sè:

Secondo il Corriere della Sera, "La sospensione …  citando fonti vicine alla direzione di viale Mazzini, sarebbe in ogni caso limitata ad una sola puntata. "

http://www.corriere.it/politic…..aabc.shtml

Ora vedremo come andrà a finire. Credo che chi faccia satira politica sia preparato anche ad eventuali 'reazioni' ed abbia i mezzi legali per fronteggiarle.

Non vorrei invece che l'emergenza si spostasse, dalla povera gente terremotata, alle solite beghe politico/giornalistiche.

10:11
16 aprile 2009


stella

Ospite

Non mi piace la censura, di qualunque tipo.

A me Vauro non piace, non trovo quasi mai le sue vignette divertenti, in questo caso la giudico di "cattivissimo gusto".

Detto questo non capisco perchè è stato buttato fuori.

Siamo tutti imbecilli?

Possibile che ci giudichino privi di discernimento?

Abbiamo o non abbiamo l'intelligenza di cambiare "canale" (e non solo televisivo) e di sapere quello che è giusto o sbagliato?

Polemiche sempre e solo polemiche.

Lasciamo sempre agli altri decidere quello che ci piace e non ci piace ,ma non dovrebbe essere  l'utente finale a scegliere tra una variegata gamma di proposte.

Io vorrei avere  la possibilità di scegliere.

Per esempio ho letto sul Corriere che hanno tolto(poi rimessi) da una libreria online titoli di autori gay quando sullo stesso si vendono riviste ed oggetti pornografici.

In base a quale presunta morale era stata fatta questa scelta?

Quando ero in colleggio le suore non ci permettevano di leggere "Mani di fata"( una

rivista di lavori femminili)semplicemente perchè era nell'elenco delle riviste messe "all'indice".

Sarà per questo che sono un bastian contrario?

Proibiscimi una qualunque cosa ……….. mi viene l'orticaria……..e la voglia di farla.

10:30
16 aprile 2009


Rose

Ospite

E' vero, cara Stella, il più delle volte la censura ottiene l'effetto contrario …

come l'educazione autoritaria e le proibizioni.

10:40
16 aprile 2009


franco

Ospite

la penso anch'io così, per quanto riguarda la censura, il caso Vauro e lo stesso Sant'oro.

La libertà d'espressione è un valore e lascio ad altri l'iniziativa non solo di sospendere, ma addirittura di denunciare gli autori satirici ( es D'Alema vs Forattini, unico caso mi pare).

Però la rai è anche un'azienda che opera nel campo specifico dell'informazione e si è data delle regole di comportamento condivise, (penso che una qualche forma di auto-controllo su ciò che il sistema televisivo pubblico o privato riversa dentro le nostre case 24 ore al giorno, sia stato concordemente accettato ed in modo bipartisan) quindi non so se Vauro ha derogato a quanto concordato all'atto della stipula del contratto;

(questa gente guadagna cifre da capogiro e chi li paga, potrebbe avere il diritto di richiamarli a ciò che hanno eventualmente sottoscritto)

Questa non sarebbe censura, bensì richiamo alla correttezza professionale.

Però, ripeto, sono contrario ai provvedimenti nei confronti soprattutto di chi non merita di passare per martire dell'informazione e vedere aumentare così i propri compensi futuri.

Mi chiedo, se sparisse il loro “soggetto preferito e unico” tutti questi umoristi e pseudo-comici, sarebbero davvero così divertenti? Avrebbero davvero tutta questa audience? Boh?

f

11:17
16 aprile 2009


Gio

Ospite

E' anche il mio pensiero quello descritto da Stella, la censura è sempre "censurabile", non ha mai portato ad una soluzione, ma solamente ad inasprire ed accentuare le tensioni che poi alla fin fine amplificano il fatto al punto che il censurato diventa vittima e quindi protagonista. Sono gli spettatori che debbono giudicare, cambiando canale o ignorando successive trasmissioni.

Franco comunque ha posto giustamente il problema sollevando due quesiti: quello sul servizio pubblico che deve avere anche delle regole che tutelino il buon senso comune e la pluralità degli interventi anche di fede opposta (auspicabili anche nelle tv private se tali le possiamo considerare) e poi il fatto che la satira è molto a senso unico da parte di certi soggetti che mal sopportano una scelta democraticamente espressa e lo dimostra il fatto che quando a governare sono altri la satira politica subisce una calo notevole.

13:29
16 aprile 2009


sandra

Ospite

Ma questo è il mio zio carabinere?

Giò sei un mitooooo! KissKissKiss

Tornando ai rapporti internettiani, da cui eravamo partiti, dipende da noi che siano superficiali o meno. Uno ci prova, poi, se vede che non ne vale la pena, si defila… come in ogni ambiente, credo.

Trovo inoltre comodissimo andare ad un appuntamento, sul web senza preoccuparmi del vestito e del trucco. Questa è una vera rivoluzione! Smile Ad un certo punto, comunque è meglio incontrarsi davvero. Io l'ho fatto e poi ho deciso che non serviva…approfondire. Confused

14:05
16 aprile 2009


stella

Ospite

Hai ragione Sandra è comodissimo andare ad un appuntamento senza "trucchi", una volta tanto essere noi stessi.

Che libertà impagabile.

Ciao dolce-nera

14:34
16 aprile 2009


fernirosso

Ospite

 satira?

“Le buone opinioni sono prive di valore. Dipende da chi le ha.” L'affermazione è presa da Pro domo et mundo, a cura di Roberto Calasso, Adelphi.

Messa così, pur non parlando di politici,ho comunque preso di mira una fonte e l'affermazione stessa, di per sé innocua, eppure con una carica che fa esplodere la comunicazione nel momento in cui usa la fonte.Contemporaneamente sto cercando di dare prova che internet, per chi lo vuole, consente di approfondire e ad altà velocità.eliminando i tempi morti della ricerca cartacea che obbligavano a raggiiungere le “banche dati”, magari senza trovare ciò che si cercava e dunque allungando ancora di più i tempi.

Tornando alla satira e anche alla velocità di fare cultura con la satira, restando apparentemente in superficie, in realtà andando notevolmente a fondo, porto un autore per me assolutamente grande e poco noto ai più. Karl Kraus è, per me, un esempio di nitida satira.Scrittore, giornalista, autore satirico, saggista, aforista e poeta austriaco, viene spesso ancora oggi usato quando si vuole mettere in crisi l'istituzione, qualunque essa sia, per il fatto di essere una forma di chiusura, non di apertura, ma un sistema irrigidente.

“Ben venga il caos, perché l'ordine non ha funzionato”mi sembra una nitida lettura di quanto accade ed è accaduto sempre, anche se tutto sembra co-spirare contro il caos, a favore di un ordine, spetto dittatoriale, in quanto ogni legge giunge ed è formulata come imposizione, tanto quanto il pensiero, soprattutto quello moralista, o addirittura quello analitico, anche se, alla fine, nulla riesce a mettere a segno una qualsiasi conoscenza superiore a quella della mancata conoscenza.

A chi non lo conoscesse offro una bella recensione di una tra le  numerosissime opere scritte dall'autore austriaco e, penso, tra quelle più incisive, anche se non la sola, che ancora oggi la dicono lunga sulla società umana.


Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell’umanità (tit. originale Die letzten Tage der Menschheit), Adelphi, Milano 1980, traduzione e cura di Ernesto Braun e Mario Carpitella.

Scrivere una recensione del mostro è impossibile.

Mostro perché lunghissima, 779 pagine l’intero libro (compreso un breve saggio di Roberto Calasso, una brevissima nota dei curatori, 59 pagine di indice dei nomi, 34 pagine di indice dei personaggi – in tutto la tragedia in sé è lunga 643 pagine): Kraus stesso la definì irrappresentabile, «concepita per un teatro di Marte», occuperebbe, se rappresentata per intero, dieci serate. Mostro però anche perché è mostruoso ciò che rappresenta.

Scritta dal 1915 al 1922, è la tragedia della prima guerra mondiale, vista da un austriaco che è stato definito (da Elias Canetti) « il più grande scrittore satirico di lingua tedesca», ma infine può essere letta come la tragedia di tutte le guerre, essendo la rappresentazione della guerra a partire dalla quale la pace non sarà più possibile. Rappresentazione fedelissima, se si pensa che almeno metà dell’opera non è frutto di invenzione ma pura e semplice citazione da articoli, elzeviri, comunicati e discorsi dell’epoca.

Kraus, dice Calasso nel suo breve saggio finale, sentiva le voci, come una Giovanna d’Arco, come uno schizofrenico, ma le sue erano voci vere, dotate di corpi: le voci che sentiva per le strade di Vienna, e che registrava rigorosamente, nella «Fackel» (la rivista satirico-politica più critica e assassina che sia esistita al mondo, diretta e scritta per anni dal solo Karl Kraus, la penna feroce, incubo di tutti gli intellettuali austriaci dell’epoca) e poi in questa gigantesca tragedia. La sua stessa voce di autore unico e onnipotente della «Fackel» è registrata e trascritta come una delle tante, ma l’unica capace di levarsi: la sua è infatti la voce del “criticone”, l’unico personaggio capace di esprimere dissenso, e che però sentirà di non averlo saputo fare abbastanza, se nell’ultimo atto dirà:

Perché non mi è stata data la forza intellettuale per costringere l’umanità stuprata a mettersi a gridare? Perché il mio grido di risposta non è stato più forte di questo stridulo comando che ha avuto il potere sulle anime di un globo terrestre? Io conservo documenti per un’epoca che non li comprenderà più, o che vivrà così lontana da quanto accade oggi che dirà che ero un falsario. Ma no, non verrà il tempo di dir questo. Perché quel tempo non ci sarà. Ho scritto una tragedia il cui eroe soccombente è l’umanità; il cui conflitto tragico, essendo quello tra mondo e natura, finisce con la morte.

Proprio così: il dramma termina con la fine del mondo, e non avrebbe potuto esservi altra conclusione, dopo una guerra che si è presentata come stato normale delle cose, esaltata da tutti (gli austriaci e i tedeschi), degenerata in un modo che sarebbe stato inconcepibile in passato e che sempre peggiore diverrà in futuro.

Non si può dire, recensire, si può solo leggere.

Per esempio: l’odio per il nemico esteso a tal punto che non solo tutte le parole straniere devono scomparire, compresi i nomi degli esercizi commerciali, ma perfino predicato a scuola, tra i bambini, che devono farsi regalare per Natale il gioco “La morte del russo”, e che tra loro giocano alla guerra mondiale sotto gli occhi compiaciuti dei genitori.

Per esempio, l’apologia della guerra ovunque e comunque, come in questa scena, una delle tantissime, ma forse più paradossale di tante altre:

OTTIMISTA. Ma lei stesso non è convinto della necessità della guerra in quanto tale, quando parla di un guerra dei numeri? Perché in questo modo lei ammette che la guerra risolve per qualche tempo anche il problema della sovrappopolazione.
CRITICONE. E in modo radicale. Il problema della sovrappopolazione potrebbe lasciare il campo a quello dello spopolamento. La liberalizzazione dell’aborto vi avrebbe posto rimedio con minor dolore di una guerra mondiale, senza provocarla.
OTTIMISTA. Ma la morale dominante non lo ammetterebbe mai!
CRITICONE. Né io mi sono mai illuso che lo facesse, dato che la morale dominante ammette soltanto che dei padri di famiglia, che il caso non è ancora riuscito ad ammazzare, si trascinino per il mondo mutilati ed affamati e che le madri mettano al mondo dei figli per farli dilaniare dalle bombe sganciate da un aereo.

O ancora:

OTTIMISTA. Ma forse che le guerre si combattono con la fantasia?
CRITICONE. No, perché se si avesse questa, non si farebbero più quelle.
OTTIMISTA. Perché no?
CRITICONE. Perché in tal caso le suggestioni di una fraseologia che è il residuo di un ideale tramontato non avrebbero la possibilità di annebbiare i cervelli; perché si potrebbero immaginare anche gli orrori più inimmaginabili e si saprebbe in partenza come si fa presto a passare dalla bella frase luminosa e da tutte le bandiere dell’entusiasmo al dolore in uniforme; perché la prospettiva di morire di dissenteria o di farsi congelare i piedi per la patria non mobiliterebbe più alcuna retorica; perché quanto meno si partirebbe con la certezza di pigliarsi i pidocchi per la patria. E perché si saprebbe che l’uomo ha inventato la macchina per esserne dominato e non si supererebbe la follia di averla inventata con l’altra peggiore di farsi ammazzare da essa; perché l’uomo sentirebbe di doversi difendere da un nemico di cui non vede altro che il fumo che sale, e intuirebbe che il fatto di rappresentare la propria fabbrica d’armi non offre sufficiente garanzia contro la merce offerta dalla fabbrica d’armi nemica. Perciò, se si avesse fantasia, si saprebbe che è un delitto esporre la vita al caso, che è peccato svilire la morte al livello della casualità, che è follia fabbricar corazzate quando si costruiscono torpediniere per affondarle, costruire mortai quando per difendersi si scavano trincee dove è perduto soltanto chi mette fuori la testa per primo, e cacciare in topaie uomini in fuga davanti alle proprie armi, e poi lasciarli in pace soltanto sottoterra.

E ancora la crudeltà della guerra, gli abomini che porta con sé, le violenze gratuite dei superiori nei confronti dei subalterni, l’indifferenza nei confronti della morte di migliaia di persone, le condanne a morte applicate arbitrariamente, le malattie, la fame, le devastazioni. Tutto questo descritto con toni che chiameremmo apocalittici se non fosse che la materia è reale.

E ci sono miliardi di altri aspetti che non potrò mai citare per intero; da questo niente che ho detto resta fuori il 99,9% del contenuto di questo dramma a-teatrale.

La mole mi ha spaventato per anni, ma poi mi sono lasciata convincere. Un’opera che dovrebbero leggere tutti, se si riesce a superare lo scoglio della mole. Con l’avvertimento che poi non si dorme, la notte, perché è peggio delle cronache dei corrispondenti di guerra sui giornali: è atroce come atroci sono tutte le guerre che si stanno combattendo, si sono combattute e si combatteranno sul nostro povero pianeta.

Dice Calasso che Karl Kraus non è un pacifista, come spesso è stato considerato: non è un uomo di buoni sentimenti che ci mette in guardia di fronte all’atrocità della guerra. «Kraus ha detto tutt’altro: ha detto che la pace è fondata sul massacro, e che la guerra è la serata di beneficenza in cui l’umanità mette in scena ciò che normalmente fa, ma non dice, perché il pubbico si entusiasmi e versi un obolo sufficiente a far progredire il massacro. Kraus non ha dipinto, come tanti, i disastri della guerra. Ha solo portato l’annuncio della definitiva impossibilità della pace».

Ultima annotazione: la prima cosa che mi ha colpito, aprendo il libro, è una foto nella prima pagina, di fianco al frontespizio. Si tratta della foto di Cesare Battisti appena impiccato, attorniato dal boia, da ufficiali e da curiosi. È una foto che girava all’epoca come cartolina.

15:16
16 aprile 2009


admin

Amministratore

messaggi3520

molto buono questo topic, buono da mangiare, da bere, da capire, da approfondire.

Internet è fonte di aiuto rilevante, come qualcuno ha già scritto, per le ricerche, per esempio. I rapporti internettiani vanno ben gestiti e poichè sono dell' umore che ho già detto, mi permetto di sottolineare che, a mio parere, devono essere anche maturi: il che è a dire che andare a zonzo sull'web, ciarlando con questo e quello, credendo d' aver trovato – di pacca – l' amico/a del cuore su cui riversare, per esempio, problematiche e modelli esistenziali, non è indice di personale consapevole maturità. Le persone si conoscono sia in internet che nel reale: molto dipende da come si impostano i rapporti, sia nell' uno che nell' altro mondo. Sta agli utenti interagire in modo che la comunicazione non sia un semplice, per nulla costruttivo surfare.  e naturalmente, lo sapete sempre, è solo una mia opinione, il che è a dire che parlo per me, che ho visto rapporti “reali” di una superficialità tale da franare in un fiat.

Ho trovato ottimi gli apporti di stella, di Gio, di Franco sulla libertà di espressione. Un discorso molto ampio, anzi enormemente ampio.

Ringrazio ferni per la recensione che ha portato del libro di Kraus pagine di grande interesse e di forte impatto.

dmk



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