a proposito di ricordi… l' ho già postato, tempo addietro, nel blog, ma adesso lo ripropongo qui
Li ho conosciuti adulti, i cinque di viale Risorgimento e li ho visti invecchiare, poi, ad un certo momento, sono usciti dalla mia vita, ma li ricordo e se é vero che di alcuni di loro farei volentieri a meno di aver dei ricordi, é altrettanto vero che le storie che li ho sentiti narrare sulla loro infanzia mi sono rimaste impresse nella mente: non che avessero una reale importanza, in ultima analisi erano solo storie di ragazzi, ma il modo in cui venivano raccontate era tale da farle diventare qualcosa fra il magico e l ‘epico, a rappresentare un' età dorata, con quella caratteristica del ” Ti ricordi quando…?”, che a chi ascolta fa venir voglia di saperne di più, mette in moto il meccanismo di un' elementare, primigenia , istintiva curiosità.
Quando parlavano di viale Risorgimento, i cinque adulti diventavano dei narratori nel vero senso della parola e noi si stava ad ascoltare e si annuiva e si rideva con loro.
Ti ricordi di quando avevamo il cane che a furia di stare alla catena era diventato cattivo, ti saresti incazzato anche tu, se un bel giorno ti avessero legato per il resto della vita, e poi una volta scappò e saltò adosso a quel certo Piero che veniva a giocare nel parco con noi e ci volle del bello e del buono per cavarglielo di bocca? E ti ricordi il padre come s' arrabbiò quando lo seppe? Ne disse di tutti i colori. E il Piero non si fece più vedere.
E ti ricordi che quando si faceva sera e si avvicinava l ‘ora in cui il padre sarebbe rientrato, si correva a nasconderci, sotto i letti, anche nella legnaia, perché sapevamo che la madre gli avrebbe raccontato tutto quello che avevamo fatto durante il giorno e lui ce le avrebbe suonate? Era una specie di rituale: lui rientrava, la madre si sfogava, lui menava.
Ti ricordi di quando avevano preso quella maestra che doveva darci ripetizioni e noi si scappava giù per la collina e da lontano sentivamo la voce della madre che chiamava i nostri nomi sempre più alta e disperata e poi alla fine si arrendeva e rimandava a casa la signorina? Si scampava alla noia dello studio, ma che botte, la sera!
Ti ricordi di quando, la guerra era appena finita, si andava per i boschi e si trovavano pallottole qua e là e noi le raccoglievamo toglievamo la polvere dai bossoli e poi le davamo fuoco e si stava a guardare l' attimo dello scoppio e poi il fumo nero e di quando accendevamo un fuoco e ci buttavamo dentro una manciata di proiettili poi correvamo a nasconderci dietro i tronchi degli alberi e contavamo gli scoppi, uno due tre dieci, che siano scoppiate tutte? Incoscienti si era, incoscienti, ma che gran ridere !
Ti ricordi di quando lui voleva fare l' uomo della giungla e si arrampicava su per i tronchi dei pini vecchi di secoli e poi cercava di saltare da un albero all' altro, e che ti credevi d ‘essere Tarzan? e poi una volta non ce la fece e cascò giù di brutto e proprio sopra un rotolo di filo spinato che i tedeshi avevano lasciato là? Quando lo recuperammo rideva e faceva sangue da cento piccoli buchi sulla pelle; la madre lo disinfettò da capo a piedi e il padre gliele diede di santa ragione.
Ti ricordi quando quell ‘altro infilò il dito nel collo di una bottiglia in cantina e poi non riusciva più a toglierlo e così ebbe la pensata del secolo: spaccò la bottiglia su di un sasso e si fece un taglio lungo quanto il dito?
Ti ricordi di quando i tedeschi ci requisirono metà casa e vi installarono un centro di comunicazione radio e ogni tanto uno di noi andava di là da loro e che meraviglia, vedeva la luce elettrica splendere in ogni stanza, abbagliante quanto opaca e tremula era la luce delle candele delle nostre stanze: sembrava un miracolo, sembrava una favola!
Ti ricordi il freddo che ci faceva in Viale Risorgimento, tanto che per andare a letto si riempivano delle bottiglie di vetro con dell' acqua calda e poi si cercava di tapparle meglio che si poteva e si mettevano sotto le lenzuola per scaldarle almeno un poco e che disastro quando capitava e capitava spesso, che durante la notte il tappo venisse via e l' acqua ormai fredda bagnasse il letto!
Ti ricordi di lui, e di quell' altro e di lei e della madre e del padre, di tutti noi e di come vivevamo e di come eravamo, dei disastri che combinavamo, di te che sei rimasto attaccato ai fili della corrente , di lei che per un pelo non ci restava per via dell ‘ossido di una stufa difettosa, di quello piccolo e biondo che alla mattina, quando si usciva per andare a scuola, si nascondeva dietro il battente della porta d'ingresso lasciato aperto per farci uscire, cosicché quando la madre con la piccola in collo veniva a chiudere, lo trovava regolarmente rannicchiato fra il muro e la porta ed ormai s' era fatto tardi e lui a scuola non ci andava, ti ricordi?
Quante cose da ricordare, quanto passato da ricostruire oggi che gli anni sono volati via e si sono portati appresso alcuni successi, tanti fallimenti, ed amarezze e disillusioni, oggi che abbiamo dei figli che fanno dannare come é la regola e noi ancora a parlare di Viale Risorgimento!
Non si rendevano conto, i cinque, che raccontavano ai figli una favola bella, un ‘ avventura vissuta realmente, che lasciavano loro una parte importante di se stessi: l' immagine di un mondo ormai finito, di un parco immenso dove l' impossibile diventava possibile nella memorabilità del racconto.
Sarà forse perché io non so dove mai siano le mie radici, le ho perse per strada tanti anni fa o forse vi ho rinunciato per scelta deliberata, che tanto mi colpirono i racconti dei cinque e tanto invidiai quella loro terra che non esiste, alla Peter Pan, nel ricordo della quale potevano ritornare giovani e giovani rimanere anche da adulti, perché erano riusciti ad isolarla nel mare della vita e a farne un mito: a tutti dovrebbe spettare il diritto di riflettersi ogni tanto in uno specchio magico.