Utente | Messaggio |
22:36 10 agosto 2009
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I guardiani dell' isola
Quel mattino, il capitano Jakob Roggeveen, olandese, non credeva ai propri occhi. Da una piccola isola non segnata sulle carte decine di enormi teste di pietra sembravano osservarlo dalle loro orbite vuote. Era il giorno di Pasqua 1722: almeno non ci sarebbe stato da arrovellarsi per trovare un nome alla terra appena scoperta. Sperduta nell'Oceano Pacifico, a 3700 chilometri dalla costa del Cile, l'Isola di Pasqua nasconde, nei suoi 400 chilometri quadrati di superficie, un grande numero di misteri, e forse molti non sarebbero tali se, nel 1862, i trafficanti di schiavi peruviani non avessero deportato gran parte dei suoi già scarsissimi abitanti. Quando infatti si cominciò a studiare l'isola da un punto di vista antropologico e storico, la sua struttura sociale era completamente distrutta, e l'origine della sua scrittura dimenticata insieme a quella dei Moai, i grandi volti di pietra. Tutte le (poche) informazioni che ora possediamo sull'isola giungono da una tradizione ormai confusa e contraddittoria. Secondo gli isolani superstiti, nell'isola abitavano due differenti razze: le "Orecchie Lunghe", che provenivano dall'est, e le "Orecchie Corte", che venivano dall'ovest. Le Orecchie Corte erano sottoposte alle Orecchie Lunghe, finchè, in una data situabile tra il 1680 e il 1774 (anche dopo la sua scoperta i visitatori dell'Isola di Pasqua furono pochissimi, e non esistono notizie certe sulla cronologia degli avvenimenti), le Orecchie Corte si ribellarono, massacrarono le Orecchie Lunghe e abbatterono gran parte dei Moai.
Chi erano le Orecchie Lunghe e le Orecchie Corte? Con ogni probabilità provenivano da aree diverse del Pacifico e appartenevano a ceppi etnici differenti; ma perchè si erano rifugiati proprio in quella piccola isola, e come mai erano rimasti così in pochi? Chi aveva edificato i Moai, a che scopo e con che mezzi? La scultura dell'isola di Pasqua può essere divisa in tre periodi di cui il primo, forse, inizia intorno al 300 d.C. Allora l'architettura assomigliava a quella di TIAHUANACO, ed era caratterizzata da statue di media grandezza e osservatori solari. I "testoni" (secondo periodo) cominciarono ad apparire intorno al 1100; erano e sono tutt'ora appoggiati su piattaforme chiamate ahus, spesso costruite con pietre ricavate abbattendo gli osservatori (il terzo periodo è associato con il culto di un dio-uccello, rappresentato in diverse piccole sculture di legno e di pietra). Il Moai più grande è alto venti metri e pesa circa 82 tonnellate. Come poteva un popolo assai poco sviluppato tecnologicamente costruire simili colossi? Per quanto riguarda la scrittura (chiamata Rongo-Rongo, costituita da simboli e mai decifrata), perchè presenta sconcertanti analogie con i segni che compaiono su certi antichi sigilli ritrovati a MOHENJO DARO, in Pakistan? Inutile dire che questi misteri hanno scatenato la fantasia di molti. Per alcuni l'Isola di Pasqua avrebbe fatto parte del continente MU, e sarebbe stata collegata ad Asia e Americhe da immense gallerie. Dopo che MU si innabissò nelle acque del Pacifico, i sopravvissuti (appartenenti, appunto, a vari ceppi etnici) vi sarebbero rimasti isolati. E la loro scrittura sarebbe proprio la stessa usata nella valle dell'Indo, in quanto MU costituiva una specie di ponte sul Pacifico, come Atlantide lo costituiva sull'Atlantico. In realtà qualche enigma dell'isola di Pasqua è stato svelato: come si è ricordato nel congresso intitolato "Misteri risolti" che si è svolto a Torino nel 1988, nel 1955 l'esploratore Thor Heyerdahl riuscì a mettere in piedi un Moai in diciotto giorni, con l'aiuto di dodici nativi e, come unici strumenti, tronchi e pietre. E' dimostrato, dunque (ma non è detto che sia successo realmente), che anche la modesta tecnologia locale avrebbe potuto realizzare quelle opera imponenti.
 
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22:46 10 agosto 2009
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18:23 11 agosto 2009
| Rose
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Interessante ed esaustivo, cara Daniela. Molto bello il video che però contraddice l'esperimento dell'esploratore Heyerdahl … ma tant'è, sono innumerevoli i misteri che avvolgono le antiche civiltà e le varie costruzioni megalitiche. E' sempre affascinante l'ipotesi di essere superiori extraterrestri 
Diversi anni fa uscì il film Rapa Nui che sfruttava l'idea dei conflitti tribali e conteneva una storia d'amore classica, con gli innamorati che appartenevano alle due diverse tribù.
Non ho trovato il trailer del film in italiano. Sorry.
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22:12 11 agosto 2009
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eh, sì, il video è in contrasto con l' esperimento di Heyerdahl, ma l' ho postato ugualmente, perché la verità "vera"… chissà dove sta insomma si viaggia sul filo delle ipotesi (anche se Heyerdahl in effetti è andato oltre). Un po' come per le Piramidi, la Sfinge ecc
 
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22:40 11 agosto 2009
| Manfredi
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i misteri del passato… e i nostri tentativi di dar loro una risposta, la nostra ansia di svelarli
così facendo si perde l' altro lato della faccenda, quello avventuroso, quello romantico, quello favolistico e, per me, fanta – epico…
i Moai sono misteriosi, appartengono a una civiltà misteriosa e sparita, simboli di un' età dove gli uomini parlavano agli dei e il mondo era tutto da scoprire
c' è, secondo me, da provare una reverenza profonda di fronte a questi modelli di "come eravamo", senza andare ad analizzarli nel perché e nel per come
naturalmente so d' essere un oscurantista e che, con me, la spiegazione di tanti fatti sul nostro passato sarebbe ancora senza risposta… ma stasera mi gira così
Comunque:
Alfred Lothar Wegener è un geofisico vissuto agli inizi del XX sec., ideatore della teoria della deriva dei continenti. Dobbiamo a lui l'ipotesi del continente Gondwana che corrisponderebbe, grosso modo, a quella immensa zolla della Pangea che in epoca remotissima – siamo nella più lontana preistoria – avrebbe riunito America Meridionale, Africa, India ed Australia. Un vero e proprio supercontinente, in sostanza, al quale l'archeologo contemporaneo Sabatino Moscati ha opposto Laurasia, zolla che avrebbe riunito America settentrionale, Europa ed Asia. Gondwana e Laurasia, sarebbero state quindi delle mega-isole con un solo punto di contatto (non meglio individuato). Nell'ambito del Gondwana si collocherebbe Mu.
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07:41 12 agosto 2009
| Rose
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22:05 12 agosto 2009
| Manfredi
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Strutture sottomarine che sono state indicate in modo controverso come possibili resti di Mu, vicino a Yonaguni (Giappone)
Secondo le descrizioni di Churchward il continente Mu era un vasto territorio ondulato che aveva come confine settentrionale le isole Hawaii e come confine meridionale una linea immaginaria tracciata tra l' isola di Pasqua e le Fiji. Da est a ovest misurava 8000 km e in senso verticale 5000 km. Mu era ricca di vegetazione tropicale, fiumi, laghi e grandi animali. Era una sorta di grande giardino dell' Eden. Il nome deriverebbe dalla omonima lettera greca, che sarebbe stata trovata incisa sulle pareti delle grotte di accesso al continente.
Churchward, scrive che, nel corso dei suoi viaggi in Oriente alla fine dell' 800, finì con l'imbattersi nella storia di una remota civiltà scomparsa nella notte dei tempi, Mu, l'Impero del Sole, fonte di tutte le antiche civiltà del pianeta, in una serie di antichissime tavolette di terracotta – le tavolette dei Naacal - custodite in un tempio indiano del cui riši egli era divenuto amico. I Naacal sarebbero stati una confraternita di 'saggi', provenienti da Mu, i quali le avrebbero scritte o a Mu stesso, prima del suo inabissamento, oppure in Birmania dopo il medesimo, da dove poi esse furono esportate in India. Churchward fornisce nei suoi scritti una trascrizione dell'alfabeto di Mu, ma gli originali delle tavolette non sarebbero stati mai più visti da alcuno dopo di lui e non vi è pertanto alcuna prova della loro esistenza.
Occorre ricordare che in Messico un geologo inglese, William Niven, aveva rinvenuto delle tavolette con iscrizioni indecifrabili. Churchward, osservate le iscrizioni, disse che erano identiche a quelle che egli aveva veduto in quel lontano tempio indiano. Di più: il colonnello disse che con la chiave indù era riuscito a tradurre due famosi testi maya: il “Codex Cortesianus” e il “Manoscritto Troano”.
Dopo avere trascritto le tavolette, l'autore iniziò una serie di viaggi in tutto il mondo allo scopo di suffragare ulteriormente le sue teorie, che rese note con il suo libro Mu, il continente perduto (Mu: The Lost Continent), pubblicato nel 1926 e aggiornato successivamente nel 1931.
Il popolo di Mu avrebbe colonizzato il mondo intero. Si chiamava, nella propria lingua, Uighur e avrebbe avuto la capitale in Asia, precisamente dove il professore russo Koslov aveva scoperto, nel deserto di Gobi, in Cina, a 50 piedi di profondità sotto le rovine della città di Khara-Khota, una tomba dipinta, vecchia di almeno 18000 anni. In essa vi erano i resti di un re e di una regina fregiati, secondo il colonnello Churchward, delle insegne di Mu, una M, il Tau ed un cerchio attraversato verticalmente da una linea. Un manoscritto scoperto in un antico tempio di Lhasa, in Tibet, racconterebbe anch'esso la fine di Mu. Inoltre, il vasellame trovato a Glozel, in Francia, nel 1925 riprodurrebbe i segni e la scrittura di Uighur.
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22:39 12 agosto 2009
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Affascinante, Manfred
e Atlantide? che dire di Atlantide?
E' tutto ciò storia o leggenda o mito? non credo lo sapremo mai. Ma il fascino di questi luoghi che forse sono esistiti, forse no, resta nel tempo, intatto.
Nel 1925 a Glozel (vicino a Vichy – Allier, Francia) Emile Frendin sprofondò nel suo campo dove stava lavorando, e trovò “Il campo dei morti”: 3000 oggetti incisi, vasellame, utensili, gioielli, manufatti in osso e legno del 17~15.000 a.C. – quando non dovrebbero esistere nè scrittura (il primo sistema di scrittura documentato è quello sumero-accadico, IV millennio a.C.), nè la ceramica (la cui lavorazione oltretutto mostra un senso artistico assai sviluppato ed eccezionalmente raffinato, coordinato con notevole intuito simbolico – ad es., le statue coi volti senza bocca che hanno portato alla denominazione di “civiltà del silenzio”). Sorprendono inoltre le dimensioni delle ossa umane rinvenute (cranii grandi il doppio), delle impronte, e dei monili (ad es. bracciali) su misura per arti giganteschi.
Dal 1983 al 1990, seguirono numerosi scavi intorno alla cittadina francese, ma nessuna notizia a riguardo è stata più diffusa. E c'è chi sostiene che il caso di Glozel sia stato "archiviato", perché metterebbe in discussione tutto ciò che fino ad oggi l'archeologia accademica ha insegnato.
 
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22:59 12 agosto 2009
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01:26 13 agosto 2009
| borablu
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Tante ipotesi non verificate e teorie che non partono nè arrivano a dimostrazioni scientificamente valide, preferisco considerarle antiche leggende e perdermi nei loro misteri. E' più affascinante.
Ne volete un'altra? Se avete letto qualcosa a proposito delle “pietre nere di Ica” (Perù) capite che ci sarebbe da perdersi in ipotesi e teorie. Ne ho viste un paio ad Arequipa e ho chiesto notizie in proposito ad un cattedratico archeologo peruviano. Ha cambiato discorso, come se fosse cosa di cui non si deve parlare….
E, concordando con Manfredi, un esempio: La profonda emozione che mi ha preso (e che non ho allontanato) quando mi sono trovato, solo, nella larga caldèra della collina di Pasqua ove si scavavano nella pietra i moài, e potevo contarne decine fra ritti e caduti, interi o appena sbozzati, beh, non mi importava molto, credetemi, sapere da dove venivano le “orecchie grandi”.
Ok, sono un romantico superficiale.
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14:25 13 agosto 2009
| Manfredi
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Ok, sono un romantico superficiale.
e allora siamo in 2, Mario!
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15:16 13 agosto 2009
| borablu
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22:50 13 agosto 2009
| Manfredi
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bella, Mario, sei appassionato di numismatica?
In http://itis.volta.alessandria.it/episteme/ep3-8.htm
ho trovato delle considerazioni sulle pietre di Ica, sia in favore che contro
Le pietre magiche precolombiane restituiscono un Adamo tecnologico da: Le incisioni di Ica propongono uomini, dinosauri e tecniche chirurgiche
di Giuseppe Sermonti
Nel 1961 il Rio Ica, un secco letto di fiume presso la città omonima, in Perù, inaspettatamente montò in piena e le acque inondarono il deserto circostante trascinando in superficie una quantità di pietre incise, con le raffigurazioni più disparate e sorprendenti. Esse finirono nelle mani di poverissimi campesinos che si misero a raccoglierle, a ve[n]derle e, a loro dire, a costruirne di false (un modo pare, per consentire loro di vendere ciò che sarebbe state vietato, cioè reperti archeologici originali). Nel 1966 Javier Cabrera, un medico locale, ricevette in dono un esemplare con inciso uno strano rettile. Affascinato dall'oggetto si dedicò al reperimento di altre pietre incise e in pochi anni ne collezionò più di diecimila.
Delle pietre di Ica si interessarono anche alcuni archeologi peruviani, che le classificarono come “pietre magiche di culture precolombiane” o come “misteriose pietre del deserto di Ocucaje” (El Commercio, Lima, 11 dic. 1966). Le incisioni erano insolite e arcane, e presentavano, tra oggetti di una remota arcaicità, uomini dai lunghi nasi e dai tratti di una razza ignota. Quanto erano antiche quelle pietre incise? Un primo esame dello strato di ossidazione che copriva le incisioni assegnò a queste 12.000 anni.
Cabrera si è fondato sulla presenza davvero straordinaria, in alcune pietre incise, di figure umane affiancate da immagini di specie preistoriche estinte da miloni di anni. Un vero museo di dinosauri, stegosauri, tirannosauri, brontosauri, triceratopi, lambeosaurini. Per il medico archeologo non c'era via d'uscita: o i dinosauri erano sopravvissuti fino ad epoca recente, o un uomo di specie ignota era vissuto decine e decine di milioni d'anni fa.
Il reperto più notevole, ridisegnato su foglio dagli esperti dell'Aeronautica peruviana, rappresenta una figura volante geometrizzata al lati della quale sono situati due stegosauri. L'incisione è completata da tre ometti, due intenti ad osservare, dal “drago volante”, due dinosauri, attraverso tubi simili a telescopi, il terzo impegnato con uno strumento appuntito a ferire il dorso di uno dei due dinosauri…
 
I continenti secondo una delle “pietre di Ica”
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23:06 13 agosto 2009
| admin
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a questo punto postiamo anche il seguito, Manfred
farei mio comunque l' invito di Sermonti a continuare ad approfondire lo studio della questione, cercando di evitare che essa venga trasferita “nel catalogo buffo degli extraterrestri e del paranormale”.
Anche al di là della questione in sè e delle problematiche varie ad essa associate, le pietre sono affascinanti…
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06:50 14 agosto 2009
| Rose
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Davvero una storia affascinante, questa delle pietre Ica. Se i ritrovamenti risalgono agli anni '60, perchè non se n'è sentito parlare prima? Anche sotto forma di ipotesi …
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12:40 14 agosto 2009
| borablu
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Hai ragione, rose, ho detto prima che, all'epoca, ho notato una inspiegabile ritrosìa a parlarne, da parte della struttura ufficiale. Forse perchè era prematuro e si voleva evitare fanatizzazioni?
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15:09 14 agosto 2009
| Rose
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Forse c'è una scienza ufficiale, così come c'è una storia ufficiale …
I collegamenti con Nazca

Le pietre ica presentano anche dei collegamenti con altri enigmi della zona. Infatti, vi è un'incredibile somiglianza tra lo stile dei disegni delle pietre e i disegni realizzati sulla piana di Nazca, che si trova vicino ad Ica.
I disegni di Nazca sono stati fatti su 300 Km quadrati di deserto e vi sono rappresentati animali e uomini di epoche remote, tracciati per essere visti dall'alto e disposti in modo da segnalare quallcosa a chi si avvivina volando sulla zona.
Ci sono disegni, come il colibrì di Nazca che sono riportati anche sulle pietre ica ed è quindi ragionevole ritenere che chi abbia inciso le pietre abbia realizzato anche i disegni di Nazca, oppure che le pietre di Ica abbiano influenzato chi fece i disegni di Nazca.
Ecco qui riprodotti altri disegni di Nazca:

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19:36 14 agosto 2009
| borablu
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Nasca (loro lo scrivono così)
 
questa non è riuscita molto bene… forse il fotografo era
troppo eccitato…
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23:12 14 agosto 2009
| Manfredi
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questo topic era partito dalla scultura e sta sviluppando un discorso "scultoreo" leggermente anomalo, ma di grande interesse
… le lastre recentemente scoperte nell'altopiano, simili ad altari, oltre alle tracce di immolazione, stanno a testimoniare che nella formazione dei geoglifi il ruolo centrale era tenuto dai rituali legati alla fertilita' e alla difesa dalla siccita'. Secondo la nuova teoria, i disegni tracciati sulla superficie dell'altopiano peruviano non rappresentavano altro che un paesaggio rituale che gli abitanti del posto ritenevano sacro. E a questo proposito, le ricerche geologiche effettuate, testimoniano il fatto che la causa del tramonto della cultura Nasca e' legato alla permanente siccita' e alla relativa mancanza d'acqua, ragioni per le quali i rappresentanti di questa cultura furono costretti ad emigrare lasciando i geoglifi come segno tangibile della propria esistenza.
personalmente mi colpisce il come sia stato possibile tracciare disegni tanto grandi e complessi senza poter disporre di una visione globale, come la si può avere dall' alto.
già mi ero posto il quesito a fronte del white horse dell' Oxfordshire…
 
il cavallino bianco di Uffingdon
 
il "cane" di Nasca
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23:33 15 agosto 2009
| sandra
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Quante cose affascinanti di cui non so assolutamente nulla. 
Varrebbe la pena di approfondirle. Grazie dei video, signora admin Daniela. I primi, riguardo a Mu mi sembrano un po' fantasiosi, ma queste pietre Ica invece che esistono davvero a migliaia parrebbero una storia più consistente.
Ciao a tutti. 
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