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La lista dei desideri

UtenteMessaggio

00:14
14 aprile 2010


lucia

Ospite

Voi non sapete

la lista dei desideri,

volevo i pantaloni,

la felicità

l'incontro

un sabato con gli amici.

         *

Andrea Camilleri

Colfer Eoin

Cardella Lara

Salvatore Natoli

Cerami vincenzo

Andrea Camilleri

13:43
14 aprile 2010


Rose

Ospite

Carina, Lucia. Solo apparentemente modesta, la tua lista dei desideri. Vuoi i pantaloni, uscire un sabato con gli amici e fin qui va bene. Ma poi vuoi l'incontro Wink e cominciamo ad andare sul difficile e, infine, la felicità e qui siamo nel regno dei sogni. Wink Smile

16:52
14 aprile 2010


Pietro

Ospite

Gradevole questa dorsale. La ricerca della felicità è sancita dalla costituzione (americana Wink). E' un desiderio naturale, che riassume tutti gli altri, credo.

17:30
14 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Piacevole, Lucia, la tua lista dei desideri! Smile

Rose sei una pessimista!Laugh ma, è vero: mio padre diceva: "la felicità non è di questa terra. Quello cui si può aspirare, al massimo, è la serenità. Basta e avanza." Da giovane non ero molto d' accordo, poi, con l' età….Smile

dmk

18:36
14 aprile 2010


Elina

Ospite

i desideri sono infiniti, magari a qualcuno possiamo aspirareWink

grazie Lucia per la gradevolezza e il sorriso che mi hai regalato

un abbraccio

22:39
14 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

A proposito di Felicità in senso latoLaugh, la felicità collettiva, quella che fa riferimento al pursuit of happiness sancito come uno dei diritti fondamentali dell' uomo, posto quanto segue.

Michela Marzano, da Repubblica.it, 3 Aprile 2010

Gli economisti la usano al posto del pil per misurare il benessere delle nazioni.
I filosofi si interrogano su come raggiungerla in un´epoca senza più grandi utopie.
I politologi la considerano il compito principale delle democrazie contemporanee.
Perché oggi essere felici non è più solo un´aspirazione individuale. Ma un dovere collettivo

Che cos´è oggi la felicità? A giudicare dal numero di libri pubblicati in questi ultimi anni
e dal successo dei dibattiti organizzati sul tema, sono in molti a chiederselo.
È anzi uno degli argomenti che appassiona di più. Forse perché nessuno sa esattamente cosa sia la felicità, ma, al tempo stesso, non ha alcuna intenzione di rinunciarci. 
Tutti desiderano essere felici.
L´oggetto del desiderio, però, è più che mai oscuro. Non siamo più all´epoca di Platone,
quando la felicità non aveva misteri: era la conseguenza necessaria di una vita buona, una vita, cioè, passata a cercare la saggezza e la virtù. Come essere felici, infatti, quando il
significato stesso del termine "virtù" è poco chiaro? Quando anche la soluzione epicurea – un uomo è felice quando riesce a soddisfare i propri bisogni naturali e necessari – non 
sembra più convincere nessuno? Le nozioni di virtù e di natura sono ormai divenute problematiche.
Da un lato, ognuno ha una propria concezione del bene, che non coincide quasi mai con quella del proprio vicino di casa. Dall´altro, i progressi della medicina e della tecnica hanno frantumato la nozione classica di natura: il mondo contemporaneo è il regno della 
natura "artificiale". E non è tutto. Il vuoto lasciato dal crollo delle grandi utopie politiche del secolo scorso, infatti, è stato progressivamente riempito da un nuovo imperativo categorico: sii felice approfitta dei piaceri della vita!
Ma che vuol dire "essere felici" quando la felicità non è più solo un´aspirazione individuale, ma un dovere collettivo?
In Francia, il 26 e il 27 marzo scorsi, una sessantina di filosofi, economisti, psicologi e uomini politici si sono incontrati a Rennes per discuterne. Invitati dal giornale Libération al
Forum Le bonheur: une idée neuve, hanno cercato una soluzione al problema della felicità individuale e collettiva. Prendendo come spunto la famosa frase di Saint-Just – che in piena Rivoluzione francese dichiarava trionfante che "la felicità è un´idea nuova in Europa" - il forum ha avuto un grande successo: 19 mila spettatori hanno assistito ai dibattiti, curiosi e speranzosi di trovare finalmente la "formula magica" della felicità.
Il dialogo e "l´intelligenza collettiva" ha peraltro soddisfatto le attese: tutti sono tornati a casa pieni di idee. Sono emerse nuove utopie democratiche, responsabili e durabili.
Si è parlato dell´importanza del "fare rete" per evitare che i cittadini non siano altro che semplici pedine sulla scacchiera del potere.
Si è anche insistito sul fatto che la felicità non sia solo un diritto, ma anche un dovere: di fronte alla tragicità della vita, ci si deve impegnare per vivere pienamente ogni istante di serenità.
Ma si può veramente pensare la felicità in termini sillogistici secondo lo schema: ogni uomo deve lottare per essere felice; anche io sono un uomo; anche io, quindi, devo lottare per essere felice? Le buone intenzioni a Rennes c´erano tutte. Ma le buone intenzioni non bastano.
E nonostante tutti i libri di ricette per insegnare ad essere felici in dieci lezioni o poco più, la felicità non la si può "meritare", come i bambini si meritano un "bravo" a scuola quando fanno bene i compiti.
Il rischio di una società che si nutre di discorsi troppo volontaristici, e che celebra ogni giorno il trionfo delle terapie brevi capaci di educare alla fiducia in se stessi e al "pensare positivo", è di far credere alle persone che se non sono felici, in fondo, è colpa loro. Con questo non voglio dire che non si possa fare nulla per essere felici.
Come spiega il filosofo Yves Michaud, siamo tutti responsabili delle nostre scelte e, sebbene la felicità non dipenda esclusivamente da noi, spetta a ognuno di noi scegliere
come affrontare le gioie e i dolori che la vita ci riserva.
La felicità non è più solo un problema personale. Ormai si tratta di una questione sociale.
Perché meravigliarsi allora se ad occuparsene non ci sono più solo i filosofi, ma anche gli
economisti? Perché non cercare un modo per "misurarne" qualità e quantità?
Sono sempre più numerosi coloro che pensano di risolvere il dilemma della felicità
utilizzando la categoria di benessere.
Un benessere non solo psicofisico, ma anche economico e sociale. Certo, quando si soffre di una malattia fisica o psichica, o quando non si hanno i mezzi materiali per il proprio sostentamento, è molto difficile essere felici. Ma gli essere umani sono anche, e forse soprattutto, caratterizzati dal desiderio. E il desiderio, nonostante tutto, è fatto di insoddisfazione. È grazie ai desideri e al tentativo di soddisfarli che si esprime la propria energia e la  propria potenza, e che si attraversano momenti, se non di felicità, almeno di gioia.
Spinoza, in questo, docet. Nonostante tutti gli sforzi degli economisti, tuttavia, questa gioia è difficilmente quantificabile. Alcuni di loro hanno proposto addirittura di passare dal calcolo del prodotto interno lordo (PIL) alla misura del benessere globale di una società. Il famoso rapporto Stiglitz-Sen-Fitoussi, commissionato da Nicolas Sarkozy e reso pubblico
nel settembre del 2009, sottolineava giustamente come il benessere collettivo non fosse solo materiale: oltre al consumo, sostenevano i tre economisti, si devono prendere in considerazione il tempo libero, le relazioni sociali, il sentimento di sicurezza.
Ma la felicità può essere fatta solo di benessere?
Il saggio di Derek Bok, The Politics of Happiness, appena pubblicato negli Stati Uniti,
lo pretende. Derek Bok sostiene addirittura che il compito principale delle democrazie
contemporanee sia proprio quello di massimizzare la felicità collettiva, promuovendo
l´uguaglianza, permettendo alle coppie e alle famiglie di stabilizzarsi, migliorando la salute
pubblica. Su alcuni punti non si può non essere d´accordo con Bok.
Ogni democrazia degna di questo nome deve non solo promuovere l´uguaglianza, ma anche creare le condizioni adeguate perché i singoli individui possano poi portare avanti i propri progetti e perseguire la propria felicità. La felicità, però, è individuale. E nessun governo, per quanto perfetto, potrà mai risolvere, al posto dei singoli, quello che resta un problema esistenziale centrale: capire, in modo autonomo, che cosa si desideri e 
che cosa si voglia.
La felicità non è un assoluto. Non esiste una strada unica che ci porta verso la felicità.
La felicità, come diceva Lao Tseu, consiste piuttosto nel cercare la propria strada,
abbandonandosi, talvolta, anche al caso. Non è forse questo il motivo per cui molte persone - in Francia tantissime – cercano oggi nel confucianesimo e nel buddismo le indicazioni per imboccare questa famosa strada, senza cercare a tutti i costi di "meritare" la felicità?

dmk

07:09
15 aprile 2010


Rose

Ospite

Ho trovato molto interessante questa dissertazione sulla ricerca della felicità. Grazie, Daniela. Credo che ognuno abbia la propria ricetta, in questo senso, anche se molti sono fuorviati e condizionati dalla società in cui viviamo (tutti lo siamo, in qualche misura).

Ci sono stati momenti in cui mi pareva che gli stoici avessero l'idea migliore di felicità, come atarassia o imperturbabilità dell'animo, ma credo che siano reazioni a periodi di grande turbamento, appunto. Mi sembra più ragionevole, alla fine, coltivare un senso di gioia e appagamento e questo ha molto a che fare con l'accontentarsi di quello che si ha, in senso materiale, imparare a trarre piacere da quello che si fa, coltivare qualche buona amicizia. Smile Per i credenti, avere una buona relazione con Dio ha un ruolo fondamentale nell'essere felici. In generale, credo che una 'buona coscienza' sia un requisito importante, ma qui il discorso si ampierebbe.

11:16
15 aprile 2010


lucia

Ospite

Grazie a tutti per i complimenti, grazie Admin è interessante questo argomento che ci hai fatto conoscere. Io penso che la felicità essendo una cosa astratta, cioè è un qualcosa che proviamo dentro di noi, non si può nè quantificare e nè dire con certezza se lo siamo Confused. Oggi siamo infelici perchè vogliamo troppo, e la felicità non la raggiungeremo mai. Secondo me si può essere felici con poco, per esempio: dire una preghierae ringraziare Dio di quello che si ha, soprattutto la salute, perchè quando ci sono problemi ci si accorge quanto è importante, e si vedono le cose con una visione diversa. Anche per una serata con amici (certamente una buona compagnia) si può essere felici. Per me anche una serata al cinema con il proprio partner mi dà felicità. Se poi andiamo sul materiale una buona vincita al gratta e vinci o al lotto ti fa felice. SmileLaughCoolKiss 

13:38
15 aprile 2010


Pietro

Ospite

Vedi, cara Lucia, a cosa ci ha portati la tua dorsale? Smile

Mi sembra di aver letto una volta che secondo il miliardario P. Getty, il denaro non ha nulla a che fare con la felicità, forse, con l'infelicità.

Naturalmente, queste cose le dice chi di denaro ne ha a iosa.

Ma sicuramente, molto denaro crea problemi di sicurezza che noi comuni mortali in linea di massima non abbiamo.

Nemmeno il possesso di molte cose dà la felicità…ci vorrebbe il giusto, quanto basta per vivere dignitosamente, ma questo è già un'utopia per molti, oggi come oggi.

i reali bisogni dell' uomo non sono poi molti. Mi vengono in mente le sagge parole di Qoelet: “Non c'è di meglio per l'uomo che mangiare e bere e godere delle proprie fatiche” (2,24) E un po' di salute, aggiungo io. Smile

14:03
15 aprile 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Sono pienamente in accordo, Pietro!Laugh

dmk

12:08
21 aprile 2010


lucia

Ospite

Caro Pietro ho rivisto questo argomento perchè volevo dire che sono d'accordo che bisogna essere felici di quello che si ha, ed è quello che ho cercato di dire quando ho spiegato cos'era per me la felicità. Se ho parlato di una vincita al gratta e vinci, non perchè i soldi fanno la felicità, ma perchè conosco famiglie in difficoltà, aiutandole, non da cambiargli la vita ma migliorargliela si. Sarei felice io per aver fatto qualcosa di utile e chi riceve avendo un problema in meno.

Grazie Pietro i suoi commenti sono sempre utili un abbraccio LUCIA



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