Utente | Messaggio |
22:59 30 settembre 2009
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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In sé la poesia é qualcosa di sconveniente:
esce da noi e non sapevamo che ci fosse,
dunque sbattiamo le palpebre, come se da noi fosse balzata
fuori una tigre, e stesse nella luce,
colpendosi i fianchi con la coda.
Perciò si dice giustamente che un daimon detta la poesia,
pur se é eccessivo ritenere che sia di certo un angelo.
Difficile capire donde venga l' orgoglio dei poeti
se si vergognano quando traspare la loro debolezza.
Quale uomo assennato vorrà darsi in balia dei dèmoni
che si muovono in lui liberamente, parlando mille lingue,
e non paghi di rubargli labbra e mano
tentano di mutare a proprio vantaggio il suo destino?
…….
E' questa l' utilità della poesia, che ci ricorda
com' è difficile restare sempre gli stessi,
perché la nostra casa è aperta, non c' è chiave alla porta
ed entrano ed escono ospiti invisibili.
D' accordo, quello che scrivo qui non è poesia.
Poichè poesia si può scrivere di rado, e non di propria voglia,
per coercizione intollerabile, e con la sola speranza
che buoni, non cattivi spiriti ci abbiano come strumento.
Ars poetica? di Czeslaw Milosz: da LA CITTA' SENZA NOME – Berkeley,1968
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07:44 1 ottobre 2009
| Rose
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La questione dell'ispirazione artistica, mi sembra ne abbiamo già accennato altrove, è una cosa che mi interessa da tempo. Questo premio Nobel dal nome impossibile sembra vedere l'ispirazione come una forma di 'possessione'. Ora, dico io, che il daimon sia benefico o il contrario fa una grande differenza, almeno ai miei occhi.
Il furor creativo che possedeva alcuni grandi artisti e che ha fatto loro produrre le opere che ammiriamo nei musei li ha talvolta condotti alla pazzia e alla morte.
Un prezzo molto alto da pagare.
Molto meglio allora quegli artisti in cui sono prevalsi la tecnica e il manierismo e che magari sono riusciti a camparci, con l'arte. Alcuni hanno avuto anche grande successo … da vivi.
Però mi auguro che questa storia non sia vera … anche perchè toglierebbe ogni merito all'ingegno umano. 
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17:16 1 ottobre 2009
| Manfredi
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| Ospite
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eh, beh, il discorso dell' ispirazione è praticamente senza soluzioni, almeno per come vedo io la cosa.
ognuno si pone alla creatività nella "sua" prospettiva.
questa idea, espressa da Milosz, (poeta per cui stravedo, letteralmente) è una sua visione del processo d' ispirazione, ma quello che mi mi colpisce è l' accenno alla "sconvenienza" della poesia e alla sua "utilità"
in ogni modo, io preferisco un Genio posseduto e folle a un artista mediocre e ciò per motivi del tutto egoistici: penso che la GRANDE arte sia in grado di FAR del BENE a chi riesce a sentirla.
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17:26 1 ottobre 2009
| Manfredi
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| Ospite
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La permanenza
Accadde in una metropoli, non importa il paese, la lingua.
Molto tempo fa (sia benedetto il dono
di trarre racconti da una sciocchezza
per strada, in auto-annoto- perché non si perda).
Ma forse non fu una sciocchezza, era un affollato caffè notturno,
in cui si esibiva ogni sera una nota cantante.
Sedevo con altri nel fumo, nel tintinnio dei bicchieri.
Cravatte, divise di ufficiali, scollature femminili,
la musica selvaggia di quel folclore montano.
E quel canto, la sua gola, uno stelo pulsante,
indimenticata per tutti questi anni,
il moto della danza, il bianco della pelle e i capelli neri,
e immaginare come odorava il suo profumo.
Cos'ho imparato, che cosa ho conosciuto?
Stati, costumi, esistenze, è passato.
Nessuna traccia di lei, in quel caffè.
Con me soltanto la sua ombra, la fragilità
E la bellezza, sempre.
 
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18:07 1 ottobre 2009
| Rose
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Anche Bernini, Canova, Picasso ed altri c'hanno campato bene con l'arte, senza impazzire. Forse, in qualche modo, hanno saputo imbrigliare il daimon e piegarlo alla propria volontà.
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21:43 1 ottobre 2009
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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certo che sì, Rose
penso che Manfred (ma ad ogni modo sarà lui a confermarlo o meno) rispondesse al tuo
Molto meglio allora quegli artisti in cui sono prevalsi la tecnica e il manierismo e che magari sono riusciti a camparci, con l'arte
infatti ci sono stati grandissimi artisti "sani di mente".
Inoltre credo che il daimon di cui parla Milosz non sia da confondersi con "il demone" come generalmente inteso, bensì con un 'estensione del daimon socratico, e cioè con una guida "benevola" che ha un compito di supporto, di incitamento, di chi indica la via.
Daimon significa, infatti, spirito e può anche essere inteso come un angelo custode pre-cristiano.
Insomma non si tratta di "possessione" furibonda e a volte fuorviante.
 
Δαίμων
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22:25 1 ottobre 2009
| Rose
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Lo so a cosa si riferiva Manfred cara Daniela. Comunque, io non volevo dare connotati negativi alla 'tecnica'. Credo che tutti i grandi artirsti abbiano dovuto impararla, per poi magari superarla e percorrere nuove strade.
Quanto alla 'maniera', nelle varie botteghe, i giovani allievi imparavano 'alla maniera' del maestro. Molti non se discostavano per tutta la vita e producevano comunque opere di pregio, anche se non originalissime.
Penso anche che il demone-guida di cui parli non sia quello che alimenta il 'sacro fuoco dell'arte'. Un Michelangelo che non scese dall'impalcatura della cappella sistina per alcuni anni, finchè non l'ebbe finita, doveva essere mosso da uno spirito ben potente (per inciso, Michelangelo è comunque uno che ci campò bene col suo lavoro).
Ehi, Daniela, stiamo discutendo? Un campione di diplomazia come te e una che aborrisce le discussioni, come me?   
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22:40 1 ottobre 2009
| Manfredi
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| Ospite
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Lo so a cosa si riferiva Manfred
meno male! di solito non creo fraintendimenti!
il daimon… ha avuto diverse connotazioni, da Socrate in poi, ma non è da intendersi come demone, con la connotazione che noi di solito diamo al termine. e, per il fatto che sia "benevolo" non vuol dire che non sia potente.
Il "furore" creativo è un dato positivo, a mio avviso. La creatività è un atto durante il quale il sangue scorre più velocemente nelle vene, le immagini si sovrappongono, il respiro si fa più denso, e il pensiero è fisso là, ad una meta che solo l' artista vede. una magia.
parlo, ovvio, per gli artisti veri. e certo, per questo, non si possono dire folli. diversi. stravaganti, magari. poi di folli ce ne sono stati e forse, se non avessero avuto l' arte dentro di loro, la loro follia sarebbe stata ancor più devastante. penso a un Van Gogh: trovò nell' arte i soli momenti di relativa pace con la vita.
Bonne nuit, mes amis!
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23:07 1 ottobre 2009
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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stiamo discutendo, Rose? Onestamente non lo so.
Ad ogni modo la mia diplomazia, non comporta necessariamente che non possa tenere un punto, e lo stesso vale per il tuo aborrire le discussioni…
E poi non è che una divergenza d' opinioni debba esser letta come discussione, resta una divergenza d' opinioni e nulla di più.
Comunque
- era chiaro che tu non volessi dare un giudizio negativo alla tecnica, anzi a me risultava proprio il contrario.
- il tuo primo post ha “deviato” il discorso “ispirazione” verso quello della “follia” di alcuni artisti e lì è incominciato un discorso intorcigliato, tipo cane che si mangia la coda
- si é detto, ed è scontato, che ci sono stati grandissimi artisti (quasi)-normali
In tutta sincerità concordo con la posizione espressa da Manfred.
Manfred, non credere d' essere sempre COSI' chiaro, neh!
La poesia che hai postato, La permanenza: non la ricordavo. Ti ringrazio per averla proposta. La chiusa è splendida. Quasi inaspettata dopo il tono “piano” tipico di Milosz.
Niente di sconvolgente. Tutto molto normale, scorrevole e normale. Poi la “bellezza” ti sfracella l' impalcatura di comune linguaggio quotidiano.
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07:12 2 ottobre 2009
| Rose
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Buon giorno. Non ho "deviato il discorso verso la follia", cara Daniela, ma l'ho continuato intorno all'ispirazione come possessione, che è il fulcro del brano citato in apertura:
"Quale uomo assennato vorrà darsi in balia dei dèmoni
che si muovono in lui liberamente, parlando mille lingue,
e non paghi di rubargli labbra e mano
tentano di mutare a proprio vantaggio il suo destino?
…….
E' questa l' utilità della poesia, che ci ricorda
com' è difficile restare sempre gli stessi,
perché la nostra casa è aperta, non c' è chiave alla porta
ed entrano ed escono ospiti invisibili."
E' chiaro che nessuno sta riferendosi ai demòni dell'iconocrafia cristiana, ma ai démoni della tradizione classica.
Sia Democrito che Platone designano l'ispirazione poetica col termine enthousiasmòs che si riferisce alla condizione di chi è entheòs , cioè di chi è posseduto dal dio. Il poeta è interamente invaso dalla divinità e la poesia diventa un dono elargito dalla divinità. La passione entusiastica investe, in vario grado, il poeta, chi recita i versi e chi li ascolta, in una sorta di contagio emotivo.
Le Muse, come tutti sappiamo erano preposte all'ispirazione delle varie arti.
Il discorso è lungo e affascinante. Per chi ne fosse interessato, viene trattato ampiamente nel domumento pdf: Concezioni e immagini dell'ispirazione nell'antichità.
http://paduaresearch.cab.unipd…..pI.pdf.pdf
Venendo alla tradizione cristiana, è interessante che le Sacre Scritture siano considerate dai credenti come ispirate da Dio.
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07:56 2 ottobre 2009
| admin
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Ancora una volta: certo che è così. Nessuno lo mette in dubbio.
Quanto al discorso deviato verso la follia, mi riferivo a
Il furor creativo che possedeva alcuni grandi artisti e che ha fatto loro produrre le opere che ammiriamo nei musei li ha talvolta condotti alla pazzia e alla morte.
Un conto è l' "entusiasmo", il "furore creativo", "i demoni" classici, un conto è farne l' elemento propedeutico di una vita persa in abissi infernali.
A questo mi riferisco quando scrivo che concordo con Manfred:
di folli ce ne sono stati e forse, se non avessero avuto l' arte dentro di loro, la loro follia sarebbe stata ancor più devastante. penso a un Van Gogh: trovò nell' arte i soli momenti di relativa pace con la vita.
Il discorso si sviluppa in generale, poiché, lo sappiamo bene tutti, le eccezioni che confermano la regola, si possono ritrovare con facilità.
BUONA GIORNATA A TUTTI!!!
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10:48 2 ottobre 2009
| Rose
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| Ospite
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Ah!ah! dunque stiamo ripetendo cose ovvie, su cui siamo tutti d'accordo! Bene. Certo che anche la conversazione è un'arte … sottile e difficile. Forse anch'essa dovrebbe essere guidata da un daimon protettore. 
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16:23 2 ottobre 2009
| admin
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| Amministratore
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Già.
è decisamente come dici.
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17:01 2 ottobre 2009
| fernirosso
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penso che l'arte non sia una disciplina che faccia i conti che tornano senza resto, ma al contrario si occupi proprio dei conti che non tornano, di quelli che quasi nessuno vuole fare. Tra l'altro anche i matematici o i filosofi della scienza hanno dato “di matto”. La matematica pura non è lontana dall'arte, per come la vedo io.
Stare nel limite, in una zona limite intendo, dove non ci sono dogna e paletti, e nemmeno tante luci, non è una cosa facile da gestire, spesso si corre il rischio di perdersi. Ma, sempre per me naturalmente, il che equivale a un punto di vista, anche quelli che impazziscono per la lirica, o i Betleas, o per le borse Guitton (?)…sono a loro modo fuori di testa.La produzione artistica, come dice Manfred, a volte gira chiavistelli e apre finestrelle che fanno tremare le fondazioni su cui si credeva stesse casa nostra. Si scopre addirittura che le fondazioni sono….aria e si sta…non si sta in piedi, si gira anche quando si sta fermi o si pensa di dormire o si crede di essere morti.
f
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17:33 3 ottobre 2009
| admin
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é vero: anche certi scienziati hanno dato "di matto". John Nash, per dirne uno.
Penso che ogni forma di "creatività" produca l' effetto considerato da Manfred e ripreso da Ferni.
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