… Qualcuno… obietterà che il premio letterario di maggior prestigio al mondo dev'essere assegnato non a valori politici ma a valori squisitamente letterari. Herta invece, possiamo riconoscerlo, è una testimone dell'ingiustizia e dell'oppressione prima e forse più che una scrittrice. Scrittori, però, ce ne sono tanti, grandi testimoni assai meno. Troppi sono periti tentando di resistere. La grande letteratura, del resto, non è tutta, a suo modo, testimonianza? E può una testimonianza essere efficace se non usa in modo magistrale la lingua che la esprime? Nella comunicazione il modo è tutto.
Ma del valore letterario di Herta Mueller noi italiani difficilmente possiamo essere buoni giudici, perché solo una minima percentuale della sua opera è stata tradotta, e anche di questa la maggior parte è ormai irreperibile. Sul mercato si trova solo Il paese delle prugne verdi, storia di quattro amici (una è la narratrice) nella Romania di Ceausescu, tradotto nel 2008 da Alessandra Henke per Roberto Keller, piccolo editore di Rovereto. Esaurita da tempo è la prima opera della scrittrice, i racconti raccolti in Bassure, apparsi in tedesco nel 1982 in Romania sconciati dalla censura di Stato, ripubblicati in edizione integra in Germania nel 1984 e tradotti da Fabrizio Rondolino nel 1987 per gli Editori Riuniti: racconti di eccezionale maturità per un'autrice di 29 anni.
Il linguaggio «concreto» della Mueller si innerva di metafore che nascono dalla vita quotidiana e illuminano gli oggetti con sguardo infantile; uno sguardo pieno d'angoscia, al quale la realtà appare gravida di minacce. «L'insalata cresceva rosso scura e ruvida e frusciava nei sentieri come carta. E le patate erano verdi e amare sotto la buccia e avevano occhi sprofondati nella carne». Speriamo che, sull'onda del Nobel e del grande successo ottenuto in Germania dal suo ultimo romanzo, Atemschaukel (L'altalena del respiro), apparso nell'estate 2009, si possa presto conoscerla meglio.


L'Accademia di Svezia ama stupire, si sa. Ma il Nobel per la letteratura all'illustre sconosciuto – quest'anno a Herta Mueller – è sport ormai trito. Non fa sorpresa. Tanto lo sappiamo: a Stoccolma sono interessati a questioni di geopolitica o di testimonianza o di impegno, quasi che scrivere bei romanzi e avere successo presso un pubblico più vasto degli esperti sia colpa grave. È questo che non funziona nelle spesso bizzarre scelte svedesi: le ragioni letterarie vengono sempre per ultime, si vince sempre in nome di qualcosa d'altro, mai in ragione della qualità letteraria. Magari è una strategia mediatica. Eppure chi 50 anni fa premiava Hemingway aveva visioni più larghe degli odierni membri politically correct. Il pubblico, però, la sa più lunga. E continua a leggere autori migliori di quelli usciti dal cilindro svedese. Dunque, forza, signori dell'Accademia! Entrate nel XXI secolo: non relegate il Nobel al ruolo di premio di provincia che vuol darsi arie. Il mondo vi guarda e ve lo potete permettere. Coraggio, coraggio. E letture piacevoli, ogni tanto. Per voi e per noi!
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