Utente | Messaggio |
18:00 17 giugno 2009
| Rose
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| Ospite
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Quando è necessario, occorre fare dei sacrifici:

Un mese di lavoro gratis: è quanto i manager di British Airways stanno chiedendo agli oltre 30.000 dipendenti in Gran Bretagna.
Perché in ballo c'è la stessa sopravvivenza del blasonato vettore del Regno, e l'amministratore delegato Willie Walsh è il primo a dare l'esempio, rinunciando al suo salario mensile da 61.000 sterline (oltre 72.000 euro).
Il mese scorso British ha riferito di aver chiuso l'ultimo anno fiscale con un rosso di bilancio da record, oltre 400 milioni di sterline in parte determinato dai costi del carburante.
Ora, riporta la Bbc, al personale britannico sono state recapitate e-mail in cui si chiede di contribuire volontariamente ad aiutare la società lavorando gratuitamente tra una settimana e un mese intero.
Bisogna risparmiare fondi perché ci si trova impegnati in una "lotta per la sopravvivenza", spiega lo stesso Walsh nella missiva. "Chiedo a ogni singolo elemento del gruppo di partecipare in qualche modo a questo piando di sopravvivenza. E' veramente importante", insiste il manager.
Da settimane il vettore è impegnato in trattative intense con i sindacati su sistemi con cui risparmiare liquidità.
Ma al TG hanno detto che i sindacati stanno organizzando scioperi di protesta.
Naturalmente.
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18:12 17 giugno 2009
| stella
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| Ospite
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Anche qui in Italia ci sono aziende che hanno ridotto l'orario di lavoro singolarmente per far in modo che tutti possano continuare a lavorare.
Per il momento mi pare una buona soluzione se serve a scongiurare dei licenziamenti.
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19:45 17 giugno 2009
| fernirosso
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| Ospite
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non lo trovo tanto confrantabile l'esito della rinuncia di un manager che rinuncia a 62.000 sterline ad un normale addetto che, magari, ne guadagna 2000?Non C'è CONFRONTO visto che il primo è come se non rinunciasse a nulla mentre per l'altro quello è l'ammontare di due anni di lavoro in cui dentro c'è casa famiglia, mutuo senza vacanze e chissà che altro.Ciò che invece trovo una buona idea è di fare cooperative in cui i pesi e i profitti vengono distribuiti e ci si impegni in prima persona per ciò che è proprio e di tutti insieme.Nell'altro caso significa mantenere un lavoro dal quale, una volta sollevate le sorti puoi anche ritrovarti estromesso per mantenere il bene dell'azienda.
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09:27 18 giugno 2009
| franco
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| Ospite
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Il coinvolgimento attraverso la formula delle cooperative, sembrerebbe anche a me una soluzione più efficace.
Il problema resta, credo, il discorso degli investimenti di capitale societario e la decisionalità in merito alle politiche aziendali.
Scriveva don Milani che: cavarsela da soli è l'egoismo, trovare soluzioni comuni è la politica.
Vedo intorno molto del primo aspetto, molto poco della seconda opzione.
f
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11:04 18 giugno 2009
| sandra
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Credo ci sarebbe molto da dire sui retroscena di molte Cooperative.
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11:49 18 giugno 2009
| stella
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| Ospite
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……..yes……..qualcosina da dire ci sarebbe.
Non sono proprio tutte cosi' trasparenti……….!
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10:59 19 giugno 2009
| fernirosso
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| Ospite
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sarebbe importante invece farle attraverso e con finalità la trasparenza.Mezzi e obiettivi, altrimenti è un inutile blaterare idee senza costrutto. Se c'è azione allora e solo allora l'idea prova di non essere solo ricettacolo di falso.f
PS: c'è un sistema in Emilia,derivato dai tempi di Matilde di Canossa, che si chiama LA PARTECIPANZA, ci sarebbe da imparare e da lavorarci,credo.
lascio il link per chi non la conoscesse:
http://it.wikipedia.org/wiki/P…..za_agraria
http://www.partecipanzapieve.it/home.php
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12:47 19 giugno 2009
| stella
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Il movimento cooperativo in Emilia è una realtà forte e che ha inciso in maniera determinante sullo sviluppo della società e del territorio.
Ha fatto crescere la coscienza sociale e del bene collettivo.
Ora però, a mio sindacabile parere, alcune di queste società hanno perso gran parte della loro funzione sociale e sono diventate delle normali attività lavorative.
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13:06 19 giugno 2009
| fernirosso
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| Ospite
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quella a cui mi riferisco io, invece, è un modo diverso e particolare di vedere la PROPRIETA', causa fondamentale, penso di abusi e sopprusi, di un diritto che sta in terra non certo …in cielo. sarebbe il caso, secondo me, di riprenderne i tracciati per ricavarne metodi nuovi e non quelli di stampo capitalistico legato al profitto e non all'umano.f
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13:55 19 giugno 2009
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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Le Partecipanze Agrarie emiliane sono una delle ultime forme di proprietà collettiva di origine medioevale ancora presenti in Italia. Attualmente sono 6, situate nella striscia della bassa pianura emiliana stretta tra Modena e Bologna, nei comuni di Nonantola, Sant'Agata Bolognese, San Giovanni in Persiceto, Cento, Pieve di Cento e Villa Fontana. Seguendo regole quasi immutate nel tempo il patrimonio fondiario collettivo che le caratterizza viene periodicamente ripartito, mediante sorteggio, tra gli aventi diritto, cioè i legittimi discendenti maschi delle antiche famiglie legate a questi territori. Alla loro base stanno una serie di concessioni enfiteutiche di vasti terreni da bonificare, fatte a partire dalla fine del secolo XI dall'Abate del monastero di Nonantola o, successivamente, dal vescovo di Bologna alle comunità che abitavano in quei luoghi.
La Partecipanza rappresenta, ancora oggi, "un altro modo di possedere", alternativo alla proprietà privata. È una particolarissima forma collettiva di gestione agricola, ricca di implicazioni storiche e sociali e si basa su una forma di solidarietà che lega determinati gruppi sociali ad un preciso territorio, basandosi sullo spirito e sulla volontà di conservare la propria cultura e la propria identità.
 
Mappa del perito Giovanni Mariotti, del 1734, che raffigura alcuni appezzamenti della Partecipanza siti a ovest della "Strada Maestra " e del Canale di S. Giovanni, tra il condotto della Mora di Castelvecchio, la fossa Musotta e la via pubblica detta "della Decima", che si diramava appunto a fronte della Casa della Decima e presso la "Chiesa nuova". Dall'archivio della Partecipanza, con riproduzione dal volume "La casa della Decima"
Quanto alle Coop emiliane, sono anch' io dell' avviso, come Stella, che oggi abbiano perso molto della loro fisionomia … e d' altro ancora
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