I COSTI DEI SALVATAGGI
Da quando è nato il Soccorso Alpino in Italia questo è per noi l’anno più terribile». Pier Giorgio Baldracco, presidente del corpo nazionale del soccorso, è stanco di sentir parlare di «montagne assassine». Otto volontari morti nel tentativo di salvare altre vite sono un tributo eccessivo da pagare, in soli dodici mesi. Eccessivo e ingiusto: «Perché la vera colpevole di troppe disgrazie – dice Baldracco – è l’imprudenza». L’approccio di chi sceglie la montagna, «è ormai lo stesso di chi va in discoteca o in palestra sotto casa: parto e vado. Non si pensa ai pericoli nascosti, ci s’improvvisa esperti e via. Non importa se nevica, se non nevica, se la temperatura sale…». E poiché ogni Sos è anche un costo economico oltre che spesso di vite, in alcune regioni d’Italia si è già deciso di addebitarlo agli sprovveduti.
E’ il caso della Valle d’Aosta e del Trentino, dove alpinisti ed escursionisti colpevoli di negligenza o impreparazione devono sborsare 750 euro a testa per ogni intervento nato dall’imprudenza. «Un soccorso in alta montagna – calcolano in Valle d’Aosta – mediamente richiede almeno due ore di mobilitazione e costa alle casse pubbliche 6 mila euro l’ora».
Anche quando i soccorritori sono volontari ci sono spese «vive» da sostenere: in Valle d’Aosta, ad esempio, su ogni elicottero che decolla per un’emergenza viaggiano pilota, tecnico di volo, guida alpina e un medico. E a volte c’è a bordo anche il conduttore dei cani anti-valanga. Il costo di un’ora di volo dell’elisoccorso si aggira sui 2200 euro. Diecimila euro il prezzo di un’ora e mezza di ricerche dopo una valanga.
Malgrado ciò, in Piemonte – dove ieri sera Soccorso Alpino e 118 erano mobilitati alla ricerca di tre dispersi sulle montagne della Val d’Ossola – si è scelto di non far pagare nessun intervento, neppure se il ferito o il disperso sono frutto di un’imprudenza, se si è partiti con le scarpe da ginnastica per scalare una roccia o si è andati fuori pista finendo sotto una valanga. «Il pagamento del soccorso come misura repressiva – è convinto Danilo Bono, responsabile del 118 piemontese – è a mio parere l’ultima soluzione possibile. E lo confermano i numeri degli interventi in Valle d’Aosta, che non sono calati: l’escursionista inesperto finirebbe col pagare qualcosa per un’assicurazione, poi commetterebbe le stesse imprudenze». Soccorso alpino e 118 invocano più formazione e informazione, a cominciare dalle scuole: «La situazione si aggrava ormai di anno in anno».
Una strada possibile, propone il dottor Bono, «potrebbe essere quella di costringere chi vende articoli per l’alta montagna o per le uscite in mare a comprendere, nel prezzo dell’attrezzatura, un’ora di formazione».
Gli interventi di soccorso sanitario e non sanitario in montagna sono assicurati a qualsiasi ora del giorno e della notte, con qualsiasi condizione meteorologica. Allo stesso modo, la Guardia Costiera ha l'obbligo di intervenire per salvaguardare la vita in mare, con mezzi propri, coordinando mezzi di altre forze armate o di polizia, o mezzi di privati. In Liguria, non è previsto alcun rimborso spese da parte del cittadino, né forme di rivalsa sul diportista salvato. Paga comunque lo Stato.
Sia in mare sia in montagna la magistratura può contestare reati e comportamenti scorretti, come aver condotto una comitiva in un’area vietata o a rischio. Oppure il procurato allarme. «Ma – sottolineano i soccorritori – si tratta di azioni che nascono dopo il salvataggio». Soccorrere una persona è un obbligo. Discorso a parte per una nave passeggeri o da carico che in avaria lancia un Sos a un rimorchiatore privato: il traino, in questo caso, è un «contratto privatistico» fra i due.
«Ci vogliono al più presto nuove regole – invoca il presidente del Soccorso Alpino, Baldracco -. Un ticket da sborsare per ogni intervento nato dall’incoscienza forse comincerebbe a far riflettere qualcuno, oltre che rimpinguare un po’ le casse degli organismi di soccorso».