Guardo un po' dove si arriva a non avere fretta!
Gail Reeves- Mother Nature

Sulla mia attesa
il tuo corpo è una pianura il tuo parlare legno
pioggia le sillabe verbario delle linfe
il vento ogni sua voce tenda
nei chiari territori acuti e ripidi i giorni
ombre lunghissime avvolgenti ombre
la loro ininterrotta notte.
Cade sulle mie semine di fiato il tuo corpo cede
mollemente la concavità del ventre
sino al precipizio del fianco il tempo
come se all'incontro dei seni
là tra le acque e i greti del cielo dipanassi ad arco fili e semi
e insieme ne legassi tutte le orditure
nel sesso o nella pietra
il tuo abbraccio è senza misura.
Vago tra le sabbie dei deserti
declinazioni di spazio e incanto
affini nel tracciato dell'arazzo
poiché la tua vita è tela di ogni nostro accampamento.
E non ha stelle il cosmo da contare
né luci da mostrare quel suo velo
oscuro ma intero il tuo amore è conio e tutto ha da cantare
in quell'assunto governo di una luce spessa
che nel palmo tenera deponi in ogni tuo giardino di delizia.
L'essere povera di te stessa
ti fa regina e inesauribili mondi
di tutte le forme in cui nelle tue lingue traduci
l'invisibile ingravida le cellule tra sangue e ossa
come fiume che respira il sacro nella spugna dei polmoni
e così prossimo in te è l'immenso che il cuore ti si spacca ed è mandorla
o noce che gravità d'amore inghiotte
avido di tanta ponderata bellezza.
L'anima tua ci elegge prima
prima ancora d'essere paga
prima che i tuoi tanti fuochi
ustionino la pietra dei nostri mille piedi
un passo dopo l'altro distesi sul tuo corpo
da mattina a sera come passeri chiamati dai profeti
della selva sorvoliamo per un tratto il fitto gesto di ogni tuo disegno
come uno sguardo lasciato scorrere
tra i rami nel folto delle querce
o un vento
o eco che accorre di rimbalzo
al fiato che l'ala della voce sostiene
tra scogli di mistero e un perduto gioco dell'eden
labirinto delle tue tante voci celesti.
Una piuma alla volta dal petto
e dentro il nido
depongo come parola sillabata
l'antico mio corpo per perdere la mappa delle stelle
tutte le vie che altrove mi portavano da te
perchè anch'io ho la stessa tua età oggi e domani sempre.
I regni del mio vecchio corpo
non hanno centri in cui ruotare
e la notte mi sfila i secoli di dosso
formulando giardini e montagne
per ogni mio perduto pensiero.
Sprofondo
questo è l'abbraccio del tuo vastissimo consiglio
scompaiono le nuvole
la terra e i profumi
tutte le fragranze del tuo corpo che in me hai lavorato e si fa
ampio il luogo in cui ancora generosa
quanto ieri fiduciosa ancora mi accogli.
ferni