Al figlio Folco, che lo esortava a seguire la via della conoscenza liberandosi di tutto, «perfino dei vestiti», Tiziano Terzani rispondeva che non servivano gesti simbolici, e che gli interessava soltanto «capire». Il percorso della sua ricerca, prima da giovane inviato nell' Oriente di guerre e rivoluzioni, dal Vietnam alla Cina, poi in un' Asia sempre più profonda, dalla Cambogia al Tibet, si ritrova scandito nei numerosi libri del giornalista e scrittore fiorentino, scomparso nel 2004, e si dipana anche nel nuovo libro, postumo, che è quasi un romanzo per immagini, Un mondo che non esiste più (pp. 304, 22 euro), con fotografie e testi scelti da Folco Terzani, in uscita per Longanesi il 30 settembre.
Le immagini sono quelle scattate dallo scrittore con la sua «vecchia Leica», selezionate «tra migliaia di foto – ci spiega il figlio Folco – che lui quassù in montagna tirava fuori dalle casse, quando si chiacchierava, per raccontare la storia che c'era dietro ogni scatto». Accanto alle foto, nel libro si trovano testi inediti e editi che narrano la sua esperienza, e di foto in foto, di testo in testo, si distinguono le tappe di una vita non comune, dalla testimonianza sulla guerra del Vietnam («perché volevo capire la guerra e la rivoluzione», scrive Tiziano Terzani), alla Cina post Mao, dove Terzani, tra i primi giornalisti a entrare nel Paese nell'80, fotografa «affascinato» piazze e folle immense («una delle poche grandi civiltà dell'umanità»), ma anche i volti del regime, «l'incubo dei cinesi».












A poco a poco l'Asia si rivela nei villaggi e nelle tradizioni, ma mostra anche l'avanzata «dell'etica dei mercanti» e lo strapotere economico, in Giappone, in India, nel Tibet, dove si affinano i temi di Terzani, contro la guerra, contro la distruzione della natura e dell'uomo. Fino all'Himalaya, dove pur non essendo «mai diventato buddista», come ricorda il figlio («sempre scetticissimo di tutto, sempre fiorentino, anche se sentiva qualcosa in questa filosofia eterna») si ritira in una baita a scrivere. «Lui aveva capito l'estrema grandezza del mondo. S'è permesso di sembrare matto – afferma Folco – e si chiedeva come i colleghi potessero raccontare sempre le stesse cose, le stesse guerre. Ai giovani diceva: andate a scoprire il mondo arabo, misterioso com'era un tempo l'Asia. Gli sarebbe piaciuto farlo. E il libro, raccontando la sua avventura, dice: vai a fare una vita tua, inventala, è possibile, fallo».
Ida Bozzi da http://www.corriere.it