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La caduta dell'angelo

UtenteMessaggio

14:25
29 luglio 2010


fernirosso

Ospite

Marc Chagall

Prima versione

C’è una mappa

dall’oltre  che precede i nostri passi?

Chi  invia voci attraverso i sogni in questa continua notte?

Chi è la voce del vento e chi soffia

dentro lo spirito  una vita oltre

l’oscurità nel precipizio del sonno?

Quando e dove le cicatrici si popolano di luce

e dalle rovine il tempo fiorisce un  credo soltanto?

E’ fiamma il pugnale che incide la scelta di vivere e l’angelo non ha scampo.

Cade. Decade la purezza. Si contamina nel rosso fluire del sangue

nel pozzo dei pensieri

nell’oscurità  dei prodigi di altri cieli.

E anche la sua voce si fa incendio

incenerisce il mistero nelle braci della vergogna

nelle tavole scritte da miriadi incessanti di naufragi.

Desideri che portano alla deriva i gusci dei segreti

conchiglie   di s s e m i n a t e  sulla spiaggia

come grani di polvere incendiaria.

Un contagio inietta nella linea d’orizzonte solo presagi di morte.

Questo scrivono le leggi

non l’amore non il fiore dei sogni spersi in una agonia di idoli e simboli vuoti.

C’è  silenzio. Lungo il confine  le nostre  ombre ci aspettano.

Gli uomini mettono in scena gli spettri di se stessi

Alla radice della parola muto l’alfabeto è un vuoto senza fine.

A nulla conducono le sue stimmate. Non hanno luci i segni.

Non danno latte o manna. Il seno di ogni loro cifra è uno scavo nell’orrido.

Anche l’anima si cuce sulla giacca una stella spenta

l’annoda con il  filo della resa.

*

Seconda versione

In un bozzolo di voci e alle radici dei miei passi

dai paesi della neve nel filatoio della mia passione una tela

mi ha condotto lontano dentro me stesso.

Ricordo che piangevo di gioia

….

22:04
29 luglio 2010


Manfredi

Ospite

mi ritrovavo 2 minuti fa a guardare qualcosa di Fragonard e mi sono ritrovato, di colpo, a guardare un lavoro di Chagall – che, per inciso, amo molto -: un salto temporale e di espressione artistica che mi ha debistalizzatoWink

venendo ai 2 lavori cui Chagall fa da introduzione pittorica, se posso sbilanciarmi, mi piace di più la seconda versione, pur apprezzando i pregi della prima. direi che sento maggiormente la seconda, è una faccenda "a pelle" che si collega alla qualità delle immagini che vengono offerte e che sento più mie. l' angelo é caduto, l' uomo è solo, andato perso lo spirito, un Caino replicante e resta solo l' ombra della scintilla – quel che l' uomo è stato-. una visione da fine del mondo. devastante, ma terribilmente attuale. 

PS. io credo che ancora, nonostante tutto, le preghiere servano. a ognuno le proprie speranze.Laugh

15:16
2 agosto 2010


fernirosso

Ospite

ringrazio per la lettura,ne ho scritto anche una terza versione,ma risparmio dal leggerla,non è proprio rapida.Alla prossima,ferni

22:45
2 agosto 2010


Manfredi

Ospite

veda lei, cara signoraLaugh. per me, anche una lettura non rapida, costituisce un' esperienza ricca di possibilità.

09:30
3 agosto 2010


fernirosso

Ospite

Tecnica mist(ic)a-La caduta dell'angelo

N.Y. 23 giugno 1941- 1947

I giorni passano: branchi di nuvole scorrono sul ponte. Alla rinfusa domani viene, raccattando pezzi del passato. Non c’è polvere di pigmento che si coaguli in un segno. Infedele un aguzzino, nella memoria  brucia tutti gli istanti. Il sangue fiorisce nuovi alberi, altre stagioni  a picco lungo pareti d’ossa.

Niente stelle. Sulla stuoia del buio solo una fiammata. Sprofonda il baratro. A piccole dosi  un bianco di piombo mi avvelena. Nulla trattiene il mio spirito.

E’ un diluvio d’ore il mio occhio e a tratti si spegne, traguardando ormai solo oscurità. L’arca è assediata. Un buio denso, corporeo, celebra i suoi fasti. Un rumore  feroce contorce le cose. Le annienta.

Cade l’angelo: brucia la purezza.

Di nuovo abbatte le porte delle case. Nulla è risparmiato. Bisogna fuggire. Come nel bosco, la paura mette in fuga gli animali braccati dal fuoco, anche noi  fuggiamo. Tutto precipita. La terra è un gorgo di parole in rovina. Leggere nei segni è impossibile. Ogni lettera sospesa tra la notte e le strade preme il suo male. La sola misura che governa è la morte: agrimensore di una terra oltre frontiera. Inarrivabile ogni promessa. Porpora e ombra mi scorrono in corpo.

La mia casa è invasa.

Dai chassidim prendo una viola e tento un nuovo firmamento. Ma le mie mani sanguinano. Incredulo  senza muovermi, incatenato alle segrete dei miei occhi fisso il mio buio, come se tutte le letture fossero là, in quella canapa, iniziata in un tempo tramontato. Cerco la punta o la selce per incidere sulla pelle di Caino il suo vero nome.

Io, io ovunque.

Io: tutti i carnefici della bellezza, tutti gli inquisitori della poesia e i santi  e il cielo in una sola ceppaia. Pesa il silenzio. Lo sento. Polverizza il legno. Tutti i chiodi della croce nel labirinto della mia carne. Non è altrove Cristo. In una cialda d’oro il sole si frantuma. L’ostia s’interra. Giù, in basso, all’estremità di un’altra fede. Senza allontanarmi  in quella terra santa e lontano immergo gli occhi, come per un dettato scritto da  quel segno.Vivo,   il muggito di un bue non più mansueto, dalle soglie del mito, o trafitto da un coltello, nascosto in me, nei meandri più cupi della mente, mi afferra. Nitida la sua lingua, mi soffia nell’orecchio un passato di esorcismi, l’ arcaico  altare di Abramo e la veglia mentre sacrifica nel figlio, tutti i figli di questa umanità perduta.

Se la sua offerta, come sacrificio di ringraziamento all’Eterno, è di un capo preso dal gregge, sia maschio o femmina, l’offrirà senza difetto. – *

Ripeto senza sosta da giorni  come fossero anni questa formula segreta e intricate combinazioni di nomi, come fossero dosaggi di colore,  mi rimbalzano nel cuore. Lettere  come labirinti.  Nei muscoli avvolgono la mia carne.  Intrappolata qualcosa ne estrae agonizzanti memorie, come da un’argilla fresca l’ultima goccia d’acqua. Molle nella cera della mente un attimo senza fine mi rincorre. Il grido di mia madre. Sì, lo riconosco. Cerca dal buio inutilmente di rinascermi. E dal cielo  lei, battendo un groviglio di strade, la  polvere densa e scura degli affanni, cerca di squarciare il mio sguardo.

Nell’acqua malferma,  in un pozzo amniotico, senza fine lavo la mia pena e come un naufrago in un oceano sconosciuto dipingo ogni attimo la distanza da me stesso, dalla mia casa, dalla mia vita. In questo involucro di canapa con l’olio e una tecnica mistica cerco di nascermi ancora e    nuovo.

Senza pari  il buio, assoluto opera in quest’ora. Di nuovo la stessa terra e quel pugno di semi che noi tutti siamo. Una via o l’uscita dal gorgo, il magma o il centro dell’occhio di un cieco, il vuoto baratro del cosmo, la bocca vorace di un dio della guerra. O d i o  demone  e angelo di fuoco, che rovescia la sua fiamma scavalcando ogni storia, devastando stanando tutto ciò che non sana.

Tenebra, profonda si è fatta  la caduta.

Da tutti i cieli come un solo ciclo angelo e agnello  come possono essere il volto del mistero? Sprofondo dai millenni in lunghissimi silenzi. Sento nel mio il corpo di impronte mutevoli   e capri   fiamme   donne gravide  e, vergine, cristo sulla croce e  sua madre. Case  e ancora case, tane ,vite profanate nei rotoli del tempo    sulle orme di Mosè. In un digiuno di ferocia, che ancora una volta trova sazietà, ci sono loro, quelle carni abbandonate di così tanti morti. Tutti gli innocenti in una cova perenne, dentro il cielo dell’anima dove anch’io in un sogno, in un esilio dall’eterno cerco il sacro  nella mia Torà e trovo ovunque uomini.

Uomini che scappano da altri uomini.

Un  villaggio senza fine  senza nome, mutato, ammutolito in una  rossa spessa  notte che brucia.

.

* Levitico 3-6-“Se la sua offerta, come sacrificio di ringraziamento all’Eterno, è di un capo preso dal gregge, sia maschio o femmina, l’offrirà senza difetto.”

20:35
3 agosto 2010


Manfredi

Ospite

una cavalcata spasmodica, graffiante, angosciante che lascia senza fiato e, oso dire, senza speranza. a braccia cadute in segno di incapacità ad arginare questo "destino (?), la caduta apocalittica che qui si propone in una visione che sa di sacro, di alchemico, di umanamente inarrestabile, di drammaticamente sconvolgente.

Il grido di mia madre. Sì, lo riconosco. Cerca dal buio inutilmente di rinascermi.

una scrittura a pennellate rapide, forti le tinte, sfumature appena accennate:

Cerco la punta o la selce per incidere sulla pelle di Caino il suo vero nome.

ringrazio per aver postato la terza versione: ulteriore fonte di riflessione. 

11:43
4 agosto 2010


fernirosso

Ospite

ringrazio per l'attenzione e per gli appunti segnati a lato della lettura. Alla prossima, buona giornata.ferni

12:48
4 agosto 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Naturalmente ho letto le due versioni, naturalmente mi sono ripromessa di commentarle e, naturalmente, il tempo è passato e solo adesso vi faccio ritorno. La mia testa svanita chiede scusa. 

L' immaginazione qui lascia il posto alla visionarietà, nella sua accezione più positiva. Una visione che vede il precipizio, che pone l' uomo nella dimensione di una debolezza che è buio, la fonda oscurità in cui tutti i Caini di tutti i tempi, secolo dopo secolo, per tutti i secoli a venire, si scorticano la pelle negandosi alla luce. Un rifiuto allucinante. Che solo una ri-nascita può riscattare, rinascita qui invocata, in ultimo appello. 

Sì, come ha già scritto Manfred, testi fortemente drammatici, d' impatto, che non cercano di trovare scusanti all' accaduto, ma puntano direttamente il dito nella piaga cancrenosa dell' umanità dell' homo homini lupus.

Tre lavori, in un' escalation immaginifica e traumatica, in cui la presa di coscienza del "male" dell' IO, dell' essere io sempre e solo io, non trova soluzione, ma viene resa con con dolorosa, dolorante intensità di linguaggio. Se dovessi usare un solo nome e un solo aggettivo, direi: affresco grandioso.

dmk

16:54
4 agosto 2010


Elina

Ospite

è bellissima

vi è un punto che apre “i colori”, li rende, come dire, più umani

“La mia casa è invasa.

Dai chassidim prendo una viola e tento un nuovo firmamento. Ma le mie mani sanguinano”

sembra che dalle mani fuoriescano le immagini, in caduta libera, una gittata immaginifica e nitida che si ricompone nella profonda riflessione di cui tutto il testo è pervaso

18:52
4 agosto 2010


fernirosso

Ospite

voi mi spiazzate e ho piedi molto piccoli. Per fortuna che poi ci pensa un po' di vento a mantenermi in equilibrio.Grazie a tutti.ferni



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