Ancora resiste Garbaldi in sella al suo cavallo sopra il colle, dove il cannone alla mezza spara a salve e i sampietrini, in via dei Banchi vecchi, raccontano di quando a Roma c'erano “na vorta” i quartieri dei guappi: Trastevere e Testaccio.
Dovete sapere che tra i trasteverini e quelli di Testaccio non scorreva buon sangue, perché tutte e due i quartieri reclamavano il diritto di essere il centro storico di Roma, se poi capitava che uno di Testaccio si fidanzasse con la “pischella” di Trastevere, apriti cielo !
C'era sora Maria - c'è sempre stata una sora Maria a Roma - che vendeva il carbone e la “macellaia”, che faceva credito a tutto il quartiere; la parrucchiera che sapeva i fatti di tutti.
C'era la Festa de Noiantri con tutto il cocomero e il cocomeraro, la banda del quartiere, la gente che ballava nei cortili e panni stesi sui fili, il bombolone a gas in cucina, e c'era chi si svegliava la mattina a cantare a squarciagola e chi si arrabbiava, perché non poteva dormire.
C'era il cinema pieno di fumo che per respirare ci voleva la maschera antigas e c'era Mike Buongiorno, pure allora, alla televisione e Nilla Pizzi e la canzone napoletana, e Claudio Villa che, se non cantava, stava sulla motocicletta con in testa il cappello con la visiera. C'era Renato Rascel, don Lurio e le gambe delle gemelle Kessler e si cantava la notte è troppo piccola per noi.
A quei tempi si guardava Canzonissima, c'era Carosello per bambini buoni; il disoccupato, con la pagnotta sotto il braccio, che guardava pure lui la televisione, in casa della vicina; c'era il telefono duplex che se la linea era occupata ci si “incazzava” con il vicino di casa.
C'era allegria, passione, ma soprattutto c'era la solidarietà. Si soffriva in un altro modo.
Ci si aiutava con quel poco che si aveva.
E poi, c'erano i “pappagalli” che rimorchiavano le straniere a piazza San Pietro e i “paparazzi” , che andavano a caccia di notizie private degli attori e la gente che comprava Gente per sapere, ma il paparazzo di allora non ricattava nessuno.
Gli adulti leggevano Intrepido e Topolino e i bambini amavano Eva Kant e Diabolik, ma erano altri bambini, giocavano a pallone per strada ed erano felice così e, se non rientravano all'ora di cena, c'erano schiaffi e tutto si aggiustava, in barba agli assistenti sociali e ai psicologi di oggi.
Si cresceva con pelle di codica. I bambini erano svegli.
Adesso s'è tutto imbastardito. I figli uccidono i genitori e i genitori fanno figli a sessant'anni. Testaccio è diventata una discoteca e i guappi sono diventati gay e a Trastevere, al posto della trattoria a conduzione familiare, si mangia l'hamburger americano.
Ma, “er cupolone” non l'hanno ancora toccato, sarà per via del Vaticano, anche se Roma ha smesso di fare la ruffiana, le hanno spento i fari e le lucciole e sono morte tutte disorientate.
Nessuno dice più le parolacce veraci come prima, tutti affermano di essere romani da sette generazione, ma, giuro, “che me possino ceca”, ne avessi incontrato almeno uno.
Carmen