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Giallo Leopardi – mistero alla luce del giorno – prima parte

UtenteMessaggio

07:42
14 ottobre 2010


OmarBunfai

Ospite

Il 2 Aprile 1830, il poeta e filosofo Giacomo Leopardi, decide di accettare l’aiuto economico di due suoi amici/ammiratori di Firenze, Pietro Colletta e Gian Pietro Viesseux.
“Dal prossimo Aprile – scrive il Colletta il 23 Marzo – possiamo mettervi a disposizione diciotto francesconi al mese per un anno.
Voi non saprete a chi rendere. Nessuna legge vi è imposta “.
Per non umiliarlo, Leopardi non avrebbe mai saputo chi era l’autore di quel prestito vitalizio e avrebbe potuto considerare quei denari come un dono venuto da mani sconosciute.

Scrive ancora il Viesseux il 24 Marzo:
“ Venite dunque, mio buon amico, il più presto che potete: noi vi aspettiamo a braccia aperte”.

Era la fine di un incubo: finalmente Giacomo può uscire dal palazzo – galera di suo padre, nello sperduto borgo natio di Recanati.
Il 2 Aprile, pertanto, informato il padre Monaldo, suo protettivo quanto ansiogeno carceriere, Leopardi risponde a Colletta:
“Accetto quello che mi offrite e lo accetto così volentieri, che non potendo ( come sapete a causa di una mia recente infermità) scrivere molto, e poco potendo dettare ad altri, differisco il ringraziarvi a quando lo potrò fare a viva voce, e sarà presto.
Per ora vi dirò solo che la vostra lettera, dopo sedici mesi di notte orribile, dopo un vivere quale Iddio scampi i miei peggiori nemici, è stata per me come un raggio di luce, più benedetto che non il primo barlume del crepuscolo nelle regioni polari”.

Il 30 Aprile 1830, Leopardi se ne va per sempre da Recanati.

Autunno 1830, Firenze. Siamo a Villa Il Ventaglio dei Conti Gamba Castelli.
Qui è ospite Giacomo Leopardi insieme ai suoi ‘ amici di Toscana’, tra cui il suo miglior amico/confidente Antonio Ranieri, un giovane letterato napoletano, alto, bello e biondo; una persona dinamica e avventurosa, in esilio per attività politiche sovversive dal Regno delle Due Sicilie.

E’ una giornata di sole, col cielo terso, sereno, di un radioso azzurro pastello.
Antonio e Giacomo si trovano nella grande biblioteca al piano superiore della Villa; il Ranieri è intento a leggere una gazzetta del giorno e Giacomo a scrivere su delle carte ingiallite.
Antonio sbadiglia e si stiracchia di continuo.
Si rivolge annoiato all’amico:
“ Allora Giacomo, non vuoi uscire a fare due passi,in una giornata così bella?”
“ Grazie no, Ranieri.
Vorrei rivedere e limare le mie ultime poesie e poi, forse, leggere qualche pagina”.
“Ma non hai ancora letto abbastanza,nella tua vita, ranavuottolo mio *!”
“ Credo che non si legga mai abbastanza.
In realtà, Totonno, noi non sappiamo niente, non siamo nulla e non abbiano niente di sicuro in cui sperare. Possiamo solo ricercare, ascoltare, leggere…”
“ Va buò, come vuoi, ma guarda che la Marchesina Fanny Gamba Castelli,mi chiede spesso di te…”
“ Se il solito screanzato! Mariuolo!”
“ Scherzo, amico mio. Ci vediamo, adesso vado un po’ a sgranchirmi i femori, nel grande parco all’inglese. A dopo.”

Così Giacomo resta solo nell’enorme biblioteca, a meditare davanti a scaffali colmi di libri.

“ Quante pagine scritte e dimenticate.
Chissà se le mie avranno una sorte diversa, o saranno dimenticate come le poesie di questo…- estrae un libricino rosso dallo scaffale – Saverio Brancinelli, chissà chi era?”
Dal libro si sfila un biglietto ripiegato. Giacomo lo apre, lo distende sul tavolo e lo legge:
‘ Fatelo oggi, durante la cavalcata del mattino.
Il domani sarà nostro’.
Si siede e legge mentalmente la poesia,nella pagina dove si trovava lo strano messaggio.
Si ferma e prima dà un’occhiata al titolo della raccolta poetica:
“ Carmi ispirati durante la visita al Parco all’inglese di Villa il Ventaglio”.
Che titolo impegnativo e alquanto esteso, ironizza tra sé Giacomo.

“ In quella petrosa altura
sotto la rinfrescante ombra
della grande quercia
che stormisce lieve,
un lago cheto
v’è,che adombra
tutta la brama
dei miei desideri”.

“Dio mio, sono versi orribili! Ma…l’inchiostro è seccato da poco, questo messaggio è stato scritto di recente, è chiaro.
Io provo come un senso di pericolo, di paura…”

Spaventato Leopardi esce dalla biblioteca e incrociato un domestico, chiede trafelato del Signor Ranieri.

“E’ uscito fuori nel parco all’inglese, Signor Conte. Proprio un attimo fa.”
“Vi prego, potete andare a cercarlo e dirgli di venire subito da me in biblioteca, con sollecita urgenza?”
“Sarà fatto immediatamente, Signor Conte.”

Siamo di nuovo in biblioteca.
Arriva, con un filo di fiatone, il Ranieri.

Eccomi Giacomo, che succede? Stai poco bene?”
Leopardi è seduto al tavolo, con la testa tra le mani.

“ Maledizione Antonio, poco fa ho trovato uno strano biglietto in questo libro di poesie, e ora è sparito!”

In breve Giacomo mette al corrente l’amico del ritrovamento del biglietto e del suo inquietante contenuto.

“T’assicuro che era qui a pagina trenta, pochi minuti fa, ben ripiegato e ancora quasi fresco di scrittura, e qualcuno l’ha trafugato!”

Scuotendo la testa, Antonio s’alza e appoggiata una mano sulla spalla destra dell’amico lo rassicura:
“ Ma sai com’è, Giacomo, voi poeti sognate troppo.
Lascia perdere queste tristi fantasie. Piuttosto ti comunico una bella notizia, la Marchesina Fanny Gamba Castelli, ti aspetta con impazienza giù nella saletta degli ospiti per conferire con te.
Te l’ho già detto, dall’insistenza con cui mi chiede di te e della tua opera, deve essere una tua fervente ammiratrice.
Perciò, mettiti in ordine e vai a farle compagnia, piuttosto che stare tutto il santo giorno rinchiuso nelle tue profonde cogitazioni!”
“Ma…”
“Niente ma, preparati e corri subito da lei.
Ci vediamo dopo, nel parco: anch’io devo riprendere le mie liete conversazioni con alcune Signore, alquanto generose di complimenti nei miei confronti.
A proposito, Giacomo: il parco è stupendo, devi venire a passeggiare quanto prima, è uno spettacolo.
Ci sono grotte, ruscelli, alberi secolari e delle rovine greco-romane con un finto tempietto chedomina dall'alto tutta la vasta estensione del Parco. E sotto c’è un meraviglioso laghetto verde, in cui guizzano carpe e cavedani.
A dopo, mio ranavuottolo!”

Circa mezz’ora dopo, Leopardi sta sorseggiando una tazza di buon the scuro, mentre discorre amabilmente con la Marchesina Fanny.

“E’ un piacere riuscire a parlare finalmente con voi, Conte Leopardi…”
“Non mi chiami Conte, vi prego, ma solo Giacomo.”
“Come volete, dicevo…ah, sì, davvero volete passare tutta la vita chino sui libri?
Perché non vi fate una bella cavalcata con noi, alle rovine greco-romane, nel nostro vasto parco all’inglese?
“Temo di non essere un buon cavaliere, Fanny. Purtroppo, per costituzione naturale, ho delle serie limitazioni fisiche.”
“E’ davvero un peccato. Mi sarebbe tanto piaciuto cavalcare insieme con voi, per riuscire a guarire quell’aria malinconica che avete, e che tanto somiglia alla mia.”
“Più che malinconia, il mio è una specie di tedio, una noncuranza verso ogni cosa che nasce dall’aver troppo sofferto.”
“Capisco, ma devo dire che riuscite a trasmettere una grande forza di sopportazione, Conte.
Sembra che i vostri dolori vi hanno reso più forte e paziente.
Comunque, noi ci stiamo preparando per uscire con un gruppo di cavalieri, per una bella gita all’aria aperta.
Vi ripeto: volete venire?”
“E chi saranno i vostri accompagnatori?”
“Ci sarà il Duca Consalvo Bestetti e ovviamente mio marito il Conte Gianfranco; poi il professor Ballardi, vostro fervente estimatore, il senatore Balbo e naturalmente il vostro caro amico Antonio Ranieri, sottratto per qualche ora alle continue attenzioni delle Signore ospiti in villa!”

In quel mentre, irrompe spalancando la porta della saletta un giardiniere, con un fare impetuoso e oltremodo deciso.
Giacomo nota i suoi stivali infangati che insozzano il bel tappeto persiano, aperto sul pavimento.

“Gianni, che modi sono questi d’irrompere, mentre sono impegnata in un lieto conversare con questo gentiluomo.
E quegli stivali!
Quanto volte ti ho detto di toglierli, prima di comparire al mio cospetto!”
“Mi scusi, Signora Marchesa, non si ripeterà più.
Venivo solo ad avvisarla che tutto è pronto.”

Giacomo nota che tra la Marchesina e l’uomo di fatica corrono degli sguardi inconsueti, taciti e carichi d’intesa.

“Bene, bene, andate ora”,intima la Marchesina con un gelido comando della mano.

Bruscamente, Fanny s’alza d’impeto dalla poltrona su cui è seduta e si congeda, mal celando fretta e pensieri nascosti:

“Vado a prepararmi per la cavalcata,Giacomo. Vi lascio ai vostri libri, suppongo?”
“Esatto, Fanny.”

La Marchesina esce dalla saletta con passo veloce.
Leopardi si ritira in biblioteca e ripensa a quella donna dallo sguardo glaciale; bella, prosperosa e altera, che vede dalla finestra al secondo piano, raggiungere con passo deciso, da militare, gli altri compagni di gita.
Rivede mentalmente, come è sua abitudine, le informazioni su di lei che quel curiosone nato di Antonio gli ha fornito, pochi giorni fa.
Fanny Ronchivecchi, nata a Firenze, ha sposato in prime nozze il Conte Gianfranco Gamba Castelli, facoltoso quanto noto medico e botanico, di sedici anni più anziano di lei.
Ama molto recitare la parte della donna malinconica e solitaria; finge di conoscere le mie opere, ma ne ha solo un’infarinatura superficiale per far colpo sull’interlocutore, usando alcune massime della mia filosofia.
Ogni tanto si ricorda di sospirare e dice di “essere fatta più per soffrire in questa valle di lacrime che per godere”.
Io invece sento che la sua anima profonda è dura e molto energica e determinata, anche nel sapersi atteggiare a quello che non è.

Perso nelle sue meditazioni, Giacomo sente che sotto la finestra della biblioteca sta per partire l’allegra e festante brigata di cavalieri e gitanti.

Passano alcune ore, e mentre Giacomo sta riposandosi gli occhi n camera sua, nella Villa riecheggia un terribile urlo:

“Soccorso! Soccorso!”

E’ la voce forte del Ranieri che sta tornando al galoppo verso l’entrata della Villa.
Giacomo si precipita giù immediatamente,ed esce nei pressi dell’entrata principale.
“Presto! Chiamate un medico e i Carabinieri! Il Conte Gianfranco è stato ritrovato annegato, nel laghetto sotto le rovine”.

Subito i servi e gli uomini di fatica della Villa, insieme a un dottore ospite, accorrono verso il luogo della disgrazia.
Anche Giacomo li segue, con la sua andatura più lenta.
Dopo una quarantina di minuti di cammino tra ruscelli e alberi secolari, eccolo arrivare sul luogo dell’incidente, la spiaggia di un laghetto che s’estende sotto un’altura.

Questo è quanto si presenta agli occhi del Leopardi.

Una collinetta di circa trenta metri di altezza, su cui sovrasta un’antica, enorme quercia e dei resti archeologici di stile greco-romano, per la precisione un tempietto fatto con marmi bruni e sbrecciati, più una sceneggiatura posticcia che architettura artistica, messa su da alcuni muratori della zona.

FINE PRIMA PARTE

* ranavuottolo è in napoletano il ranocchio, nomignolo affettuoso con cui Antonio RAnieri chiamava il Leopardi, e in seguito al loro trasferimento a Napoli, nell'ultimo periodo della vita del filosofo/poeta, verrà usato da tutto il popolo napoletano, quando incontrava nei caffè, nelle pasticcerie o a passeggio lo scrittore di Recanati.

19:09
14 ottobre 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Omar, non riesco a lasciare che poche parole (mal di schiena!Frown), ma ho letto la Prima parte e aspetto la seconda: Giacomo immerso in un thriller? 

Buona la scrittura che ben si adegua all' atmosfera di un' epoca ben ricreata tanto da permettere a chi legge di essere, anche "visivamente", partecipe.

dmk

22:10
14 ottobre 2010


Manfredi

Ospite

sono d' accordo con dmk (a proposito, vuoi mettere la schiena a riposo?Wink): mi è piaciuto, è scritto bene, ed è intrigante…, giallo storico – letterario… aspetto la seconda, terza parte….

08:21
15 ottobre 2010


OmarBunfai

Ospite

Cari Daniela e Manfredi, vi ringrazo dell'attenta lettura e spero di rendere onore a questo bel blog con una bella storia.

Guarisci presto, DAniela, alle prossime puntate e a rileggerci!



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