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UtenteMessaggio

18:42
25 febbraio 2009


admin

Amministratore

messaggi3520

Vorrei proporre una riflessione su un argomento che mi stuzzica e, in certo modo, mi lascia perplessa. Mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni in proposito.

Si può parlare di Poesia politica? Esiste una Poesia politica?

Vi posto una riflessione tratta da un testo diverso tempo fa:

“L’assunzione da parte della poesia di un compito direttamente  “politico”, appare subito un fatto stridente e problematico. Infatti, la  concezione tradizionale della poesia vede in essa il regno della pace, non del conflitto;  la ritiene disinteressata, quindi non coinvolta in mosse tattiche e strategiche; le affida  l’interiorità dell’io, e questo dovrebbe escludere dall’espressione i  soggetti “collettivi”.

Perciò parlare di “poesia politica” è come pronunciare un  ossimoro, una palese contraddizione.

Ciò non toglie che la poesia, proprio in quanto il suo autore era pur  sempre un uomo “intero” ha sempre costeggiato gli argomenti della politica,  spesso inclinandovi molto. Se però, come qui, affrontiamo la definizione di una  “poesia politica” tout court, dobbiamo  affrontare il problema di un uso politico che rovescia tutti e tre quegli assunti tradizionali: e dispone il testo, allora, secondo il conflitto, la parzialità, le  tematiche comuni.

La “poesia politica” è una poesia di agitazione.

E, per agitare, deve essere essa stessa agitata, dinamica, costituita da  forme mobili, da ritmi incalzanti, da cariche espressive. È sbagliato pensare che, per  convincere all’azione, occorra indulgere alla commozione, al patetico o  all’esortazione morale; questi effetti, invece, tendono ad esaurirsi in se stessi,  finiscono per scaricare il fruitore (che si sente più buono perché si  è commosso al dramma delle vittime) e per lasciare le cose come stanno.

 L’impatto sarà maggiore se si indica una situazione disperatamente contraddittoria,  uno stato di crisi, una strada senza uscite: spetta allora a noi lettori trovare le  soluzioni che il testo poetico non deve fornirci già belle e pronte.

La “poesia politica”, così come si configura nell’area  della poesia “di ricerca”, ha qualcosa in comune con l’ invettiva.

 È, infatti, un discorso scagliato verso l’esterno, una parola che vorrebbe farsi  oggetto contundente, per agire direttamente sul proprio destinatario, non tanto attraverso  la mediazione del senso, quanto attraverso l’impatto immediato.

 Questo impatto non è dato assolutamente per certo (anzi può darsi benissimo che il  messaggio cada nel vuoto…); ma, intanto, una parola che si vuole “gettata  contro” infrange le idee tradizionali del fatto estetico, anche quelle più  resistenti, compreso il mito della “bellezza pura”.”

dmk

19:30
25 febbraio 2009


sandra

Ospite

La politica, cara admin daniela, sfrutta ogni mezzo per raggiungere i suoi scopi e si è sempre servita dell'arte. Musica e poesia, per le loro capacità evocative che fanno appello alle emozioni più profonde, nell'arco della storia, sono state usate per incitare alla battaglia (i peana greci), per celebrare le vittorie, per piangere le scofitte.

Certo, non bastano l'enfasi ed il tema a rendere poetico un testo. Anzi, una poesia al servizio di una causa, corre facilmente il rischio di cadere nella retorica e nella demagogia.

Ma che discorso serio che ho fatto! Embarassed Wink

20:07
25 febbraio 2009


Filippo

Ospite

Miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. Dopo una giornata di lavoro, ci proponi un argomento di quelli davvero tosti.

Parafrasando Jannacci, nella sua mitica Quelli che… verrebbe più facile disquisire sui poeti minori della letteratura polacca del '400!!!

Ciò non di meno mi ci butto… ndocojocojo Smile

Sulla poesia politica mi trovo decisamente impreparato, renitente e riluttante. Però…. far politica in poesia si può, s'è fatta, si fa, e il risultato è decisamente fantastico. Mi riferisco alla satira, non certo quella spicciola da cabaret, ma alla satira vera, quella che provocava latitanze, esilii, duelli: la poesia che "mette le birbe alla berlina" per citare Peppino Giusti e la sua "Sant'Ambrogio". Senza dimenticare, scendendo scendendo in giù per la penisola, Trilussa e il mio quasi compaesano Nino Martoglio, di cui – diciamolo – sono innamorato perso.Wink

22:17
25 febbraio 2009


admin

Amministratore

messaggi3520

Sandrina, hai fatto un discorso serio davvero! e, in linea di massima, sono d' accordo. In particolare quando parli dei pericoli in cui si può incorrere nel fare poesia politica: c' è il rischio concreto di de-cadere in discorsi ideologici che con la Poesia hanno però poco da spartire.

Filippo, sì, la satira, quella vera – sia in prosa (quella di De Foe, per es)  che in poesia, è stata di alto livello.  E' stata. Oggi non sono al corrente di esempi illustri come quelli che citi. 

Al di fuori della satira, intesa come particolare forma o genere di espressione poetica? In quella forma che, genericamente, viene chiamata Poesia? La stessa Poesia cui appartengono, che so, Quasimodo, Montale, Saba, Pavese ecc. 

Porto un esempio di attuale poesia politica:

Il sangue della mondializzazione (inedito di paola campanile)

(nell'accelerazione entropica a senso unico – si salvi chi può! -)

a sguazzare a dipingere a tracimare di volta in volta qua e là petardi sonagli

allucinati - capolinea – nella miniera a punteggiare

 l'occhio del ricatto dell' evoluzione retina miserabili privilegi a vomitare dirompente

 - liberismo – a  spezzare i fianchi a direnare

 a maciullare fragili  varchi sotto le palpebre il grumo di sangue s'incrosta ristagna

nelle sclere -  totalitarismo economico mondiale -

ripugnante grugnito nel compasso  d'entropie strategiche miopie a razzolare a scorporare

nelle piazze di volta in volta la rivolta per una svolta -

il saccheggio pur di… nelle arterie nelle vene nei bassi tuguri sale alta la pressione 

a dirupare – sangue  della mondializzazione -

nel tunnel maniacale  l'emergente – evoluzione – a sbudellare resistenze nasi all'insù

 - roba da chiodi – per chi  voce non ha…

nel puzzle della TV trottola l'incastro a controllare l'intrattenimento a gettoni – palloncini 

per amanti bambolotti casette bamboline sulla scia….

accasate vertigini sfuggenti lampi un nodo scorsoio annichilisce l'impiccato

non sono gatti randagi deliranti i – senzatetto -

lacerante s' impalla l'economico gioco piramidale l'arrampicata lievita l'inquietudine

nauseabondo l'accaparramento di mezze figure a – luci rosse -


dmk

04:49
26 febbraio 2009


franco

Ospite

un argomento molto complesso, Daniela,

Sandra ci ha donato una riflessione davvero seria, profonda e ricca di tematiche, così come i nomi e la disamina di Filippo han dato concretezza al tema.

Interessanti naturalmente sia il testo che ci hai sottoposto, sia l'esempio di poesia;

A me ora non viene che una riflessione piuttosto banale: credo che un poeta possa trovare nell'impegno politico o in quello sociale i motivi della sua ispirazione, proprio perchè anch'essi sono un universo di emozioni e sentimenti, ma ogni volta che la poesia, come l'arte in genere, si dichiarano all'interno di una definizione, automaticamente si circoscrivono e un po' si soffocano.

Ma forse è un mio limite, quello di privilegiare il momento lirico rispetto ad ogni altra finalità.

f

07:41
26 febbraio 2009


Gio

Ospite

Non sono il più adatto a fare un commento su questo impegnativo argomento, ma credo che anche nella poesia “politica” vi sia ugualmente lo stesso sentimento e le stesse motivazioni quendo questa è dettata dall'amore…per un ideale naturalmente… senza scendere nella banalità dell'ideologismo fine a se stesso.

Il limite comunque è mio per un discorso così serio, scusate.

giochevistima Wink

15:30
26 febbraio 2009


admin

Amministratore

messaggi3520

Grazie a tutti per i contributi. Gio, non ti scusare: hai scritto il tuo pensiero è più che valido.

Insomma, in conclusione, si può fare poesia politica. Occorre stare attenti a non scadere facendosi prendere la mano dall' ideologia, dalla retorica, dalla demagogia. 

Versi "politici" di M. Luzi (un' accusa al potere totalitario in quanto tale, che più è elevato più si traduce in impotenza) da Reportage, un resoconto di un viaggio fatto nella Cina comunista tra il 10 e il 30 ottobre nel 1980.

Qui il potere è sommo e confina con la sua assenza. 

Lo scriba tartaro s'imbroglia con le sue carte. 

Mutati in parte i caratteri, più semplici 

- ma quanto? – gli ideogrammi: mutata 

forse – ma in cosa? – l'eterna satrapia 

accigliata dietro quelle muraglie mongole. 

Si parla di una nuova équipe legittima 

insediata nel palazzo al posto di una cricca 

altrettanto poco nota oggi sotto processo. 

Il potere tace perso nel suo monumento. 

dmk



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