Il questionario
Immagine da Flickr
Il vecchio andò direttamente alle caselle postali. Aprì la numero 27. Ne trasse le buste. Le tenne un secondo fra le mani, quasi soppesandole. Le ripose poi nel sacchetto di plastica che teneva appeso al braccio e si allontanò, uscendo dall’ ufficio postale.
Camminava trascinando i piedi, come spesso capita a quelli in età avanzata. Colpiva in lui l’ aspetto, un misto fra il trascurato e il decadente, in contrasto con lo sguardo, guizzante e tagliente, che sconcertava chi, per caso, lo incrociava.
Camminò a lungo finché raggiunse una costruzione in pietra che aveva visto, in passato, giorni migliori. Adesso si presentava consumata dalle stagioni, mangiata com’ era dalla pioggia e dal gelo, cotta dal sole. Il vecchio si fermò e fissò la casa. Scosse la testa, impercettibilmente. Salì i tre gradini consumati, fino alla porta d’ ingresso. Cincischiò brevemente nella tasca del cappotto sdrucito, aprì la porta, solo uno spiraglio, e sparì all’ interno. Inghiottito da un buco nero.
All’ interno, su tutto pareva regnare un senso di decomposizione fatto di polvere e muri farinosi. Il vecchio salì la scala che portava al primo piano. Sul piccolo pianerottolo si fermò: c’ erano due porte. Aprì quella alla sua sinistra ed entrò in una stanza che contrastava con il resto della casa, calda, confortevole, quasi elegante, ben illuminata, com’ era, con mobili di legno lucidi, una grande scrivania e una cassettiera. Si guardò in giro, come a controllare che tutto fosse come lo aveva lasciato. Si sfilò il cappotto, si tolse la giacca, e poi la maglia grigia e consumata ai polsi. Aprì un cassetto, ne trasse un lungo abito verde lucido, lo indossò. Si sedette alla scrivania, posò le buste sul ripiano, ripiegò con cura il sacchetto e lo mise da parte.
Fissò le sei buste con occhi penetranti, mentre intrecciava le lunghe dita sottili delle mani per poi subito scioglierle, come in una ginnastica istintiva.
Con calma aprì le buste. Ne trasse i questionari e li dispose uno a lato dell’ altro. Incominciò ad esaminarli, controllando per ogni voce le diverse risposte. Non doveva prender nota di niente, registrava ogni cosa in testa, incasellava ogni reazione, ogni minimo spunto, mentalmente, e intanto intrecciava e scioglieva le dita, serpenti che s’ annodavano senza fine.
Era questo il suo compito, sancito nel tempo, era questo il suo dovere, impostogli da un passato stellare quando si era deciso che, essendo le creature fragili gingilli di carne, sangue e ossa, nulla di più, li si doveva osservare, manipolare, prevaricare persino, per il loro stesso bene, per semplificarne la vita, in una prospettiva che consentisse di determinare, alla fine, attraverso la ricerca, l’ individuo perfetto per l’ omogeneizzazione sociale totale. Perché questo esattamente era il fine: per mezzo dell’ analisi dei comportamenti condotta con freddezza e spinta all’ estremo limite dell’ intollerabilità, determinare il punto di rottura, individuare le strategie più adatte alla pianificazione di un mondo di tutti uguali, con pulsioni ridotte al minimo, se non azzerate, comunque stratificate in menti che non si interrogassero, che non si ponessero domande. L’ era dei perché? che creano dubbi, che tormentano lo spirito, che indagano i campi più lontani del sapere, doveva finire. Bastavano pochi spiriti eletti, preposti a questo compito, a porsi le domande, a darsi le risposte giuste, per tutti.
Le dita snodate in movimento continuo sapevano cogliere l’ elemento cruciale delle reazioni di uomini e donne, di qualsiasi età, di qualsiasi estrazione sociale, qualunque fosse la loro posizione, e lui sapeva, sapeva bene che poteva smontarli e rimontarli, romperli e rimetterli insieme, sciocchi, furbi, onesti, disperati e malandrini, come fossero modellini componibili.
Lui era il maestro della profezia mai scritta, colui che, con pochi altri nel mondo intero, deteneva il potere che avrebbe realizzato il mondo perfetto dove l’ uomo sarebbe infine stato libero dal pensare e dal soffrire in quanto animale pensante.
Libero. Per tutti i secoli dei secoli.
Si fece buio nella stanza, solo la veste smeraldina rilasciava un leggero lucore. I questionari erano cenere untuosa sul piano della scrivania.
La pelle si tese sugli zigomi del vecchio e pian piano, delicatamente, si sfaldò, una maschera che si screpola e si sfoglia e rivela il niente, sotto. Il vuoto di un’ orbita immensa che crepita e risucchia in vortici costanti luce e aria e tempo.
Tutta la fragilità dell’ io – uomo vi era riposta, veniva masticata e digerita insieme alla molteplicità delle sue storie, del dolore, della gioia, della rabbia, dell’ infamia, dell’ amore.
E così l’avevi scritto il racconto per s…..noietta! Molto interessante il ruolo che hai dato al protagonista, di osservatore del comportamento umano. Un ruolo perfettamente mascherato dalla descrizione che fai nella prima parte e che si svela inaspettatamente. Mi è piaciuto molto, Daniela. Devo darti il voto?
set 26th, 2009 at 13:19
ebbene, SI’! fu scritto in quell’ occasione(anche se fuori gara) e, devo dire che mi piacque parecchio metterlo insieme. Il tuo parere va esattamente contro un altro dato al racconto (a quei tempi) , da altra persona.
Grazie, Rose!
set 26th, 2009 at 17:43
Non sono sicura di aver capito fino in fondo questo racconto di fanta-scienza-politica(?)
Non vorrei vivere in un mondo senza dubbi, dolori, amori, senza pensieri.
L’uomo sarebbe “libero”? Non credo! Lalibertà è poter scegliere tra il bene e il male, tra l’amore e l’odio eccc.
Racconto da leggere con calma per riflettere e per rendersi conto della sua attualità.
Mi pare che qualcuno stia cercando di manipolarci un pochino.
grazie
set 28th, 2009 at 10:39
è un po’ un polpettone, Stella, proprio del tipo che indichi.
la finalità era quella di indicare un azzeramento della volontà individuale… con quel che ne conseguirebbe: niente di nuovo, rispetto ai filoni che questa stessa tematica hanno diffusamente espresso.
set 28th, 2009 at 11:43
Io la trovo surreale, unito da piccole scosse da brivido, proprio per l’innaturalità del personaggio.
Piaciuta molto, anche perché scorrevole ed invita il lettore a sapere cosa succederà, che cosa contengono quelle buste. Un finale che evapora come il volto che lascia il vuoto nella cenere.
Si sente che hai dimestichezza con le parole.
Grazie !
set 29th, 2009 at 13:58
Grazie a te, Carmen,
mi fa piacere che tu abbia gradito lo scritto!
dmk
set 29th, 2009 at 15:30
Pare d’avere in casa, questa entità, a sentirne quasi l’odore e avvertire lo sfregamento delle dita intrecciate tra loro.
Sarà anche un polpettone come tu dici, Daniela, ma se tutti fossero scritti così allora si potrebbe almeno rivalutare la cucina!
Bravissima e grazie.
c.
ott 3rd, 2009 at 17:14
grazie a te per il commento lusinghiero, cara Clelia.
ott 3rd, 2009 at 21:55