Giuseppe Genna

gennaio 30th, 2009 by admin

parla della sua visione del degrado culturale italiano. 

“L’Italia in questo momento è un paese di avanguardia, una frontiera dell’osceno dove stanno arrivando a maturazione processi disgregativi e trasformazioni dell’umano che sono la china su cui discenderà tutto l’Occidente…”

“L’Italia ha avuto una mutazione antropologica e sociale negli ultimi 30 anni, da noi l’oscenità si sta manifestando in modo più potente che in altri luoghi. Si è inverata la profezia pasoliniana dell’involgarimento di massa, della spettacolarizzazione, del discorso unico che sostituisce il dialogo… E se da un lato c’è un imbarbarimento del luogo Italia, dall’altro io stesso sono connesso, con ossa, nervi e muscoli, a questo processo di anestesia emotiva e disamore.“…

…“L’Italia per diventare paese deve subire uno shock forte, passare per una fase dura di depauperamento determinata da varie ragioni, dalla crisi climatica alle ondate migratorie provenienti dalle aree più povere…. …Gli italiani, da poveri, probabilmente recupereranno la loro umanità… forse mi sbaglio, ma io vedo solo questa possibilità di cambiamento. Chi spende il 18% del suo stipendio per il telefonino e non se ne rende conto non è più umano…”.

Da Web


12 Responses to “Giuseppe Genna”

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  1. 1 franco

    “L’Italia ha avuto una mutazione antropologica e sociale negli ultimi 30 anni, da noi l’oscenità si sta manifestando in modo più potente che in altri luoghi. Si è inverata la profezia pasoliniana dell’involgarimento di massa, della spettacolarizzazione, del discorso unico che sostituisce il dialogo…

    Concordo, ho sempre sostenuto che la nota dominante della società attuale è proprio la volgarità trionfante.

    Credo però che se l’Italia è transitata in questa attuale deriva, è a causa di una mancata e progressiva fiducia nel cambiamento, nel miglioramento, nell’adeguamento graduale.
    Da noi i “conservatori” si sono opposti ad ogni mutamento in senso moderno, ma i “riformatori” sono stati ostaggio politico e morale dei molto più ascoltati “rivoluzionari”.

    Sono più di trent’anni appunto che in attesa di un’improbabile rivoluzione, non si è fatto nulla per migliorare questo paese.

    Non c’è quindi da meravigliarsi se il mutamento è avvenuto in modo schizofrenico, senza guida e strategia, sull’onda dell’emotività e del becero benaltrismo.

    Gli intellettuali se ne chiamano fuori e dissertano, ma le loro responsabilità sono gravi, molto, ben oltre quanto loro stessi siano in grado di ammettere.

    Questa è un’altra caratteristica dell intellettuale italiano, è opportunista e troppo spesso disonesto intellettualmente… da sempre.

    f
    ps “…Chi spende il 18% del suo stipendio per il telefonino e non se ne rende conto non è più umano…”.

    Trovo più squallido farlo per una “firma” su un capo di vestiario, che per uno strumento di comunicazione, se poi uno ne fa solo un oggetto da status symbol, allora sono d’accordo; ma in questo caso non è l’utilizzo che incide, ma l’acquisto.
    f

  2. 2 admin

    Ho postato il “pezzo” proprio per sentire pareri diversi, che mi fossero d’ aiuto a approfondire il senso reale e la portata dello scritto.
    Leggendo l’ articolo non ho potuto che concordare con “L’Italia in questo momento è…una frontiera dell’osceno dove stanno arrivando a maturazione processi disgregativi e trasformazioni dell’umano…”
    Non ho riferimenti certi sul come e perché ciò sia avvenuto: colgo pertanto con interesse il tuo intervento, Franco, che mi suona realistico, sia per quanto scrivi sull’ agire dei conservatori che su quello dei riformatori.
    Poi mi chiedo: ma è proprio vero che non è stato fatto niente? che questa Italia è rimasta “ingessata” negli ultimi 30 anni? Mah.
    Certo che è innegabile la deriva cui Genna si riferisce.
    Come è altrettanto innegabile la responsabilità che l’ intellettuale, in quanto tale, dovrebbe assumersi, in completa “onestà” intellettuale.

    La dis-umanità dello sperpero in nome della ricerca di uno status-symbol, mi trova d’ accordo e lo ritengo un elemento -negativo-sempre più presente nella società. Pare che coinvolga “quasi” tutti, certo in diversa misura.

  3. 3 lastrose

    A me, sinceramente, questi che dicono sempre e solo male dell’Italia hanno stancato. Se non sono in grado di contribuire a migliorare le cose, che indichino un paese ‘modello’ da imitare … (sul ‘modello’, vorrei si sentisse l’ironia).

  4. 4 admin

    In effetti la cosa è stancante. Stasera ho sentito che il nostro sistema giudiziario è al 153mo posto, dopo quello di alcune nazioni africane. Peggio di noi, però, sarebbe la Spagna. Sembra che proprio non ci sia niente che vada come dovrebbe…

    Però quando Genna parla di spettacolarizzazione, del discorso unico al posto del dialogo, c’ è, per me, del vero: ci sono, ci sono:))))))

    Ciao, rose (colta l’ ironia di “modello”)

  5. 5 franco

    chiedo scusa,
    so perfettamente che questo non è il luogo idoneo, ma sono reduce dall’intervista che la Gruber ha fatto al prof Veronesi nella tramissione 8 e 1/2, che è un appuntamento quotidiano di La7.

    Naturalmente il professore è stato “interrogato” da chi (lei e il coadiutore), la pensano già esattamente come lui e tra le altre cose anche sul problema del testamento biologico.

    naturalmente non è stata data voce a nessun esponente di chi eventualmente potesse pensarla diversamente, ma il problema non è questo;

    il problema è rappresentato dall’aver dato per scontato che chi ha deciso in questo documento, che vengano sospese le terapie artificiali che dovessero prolungarne l’esistenza, sia anche consenziente ad andarsene a seguito di una lunga e dolorosa agonia.

    Io non credo che il testamento biologico possa prescindere dall’indicare anche la modalità con cui si cerca di por fine alla propria esistenza.
    Ma optare per una rapida ed indolore dipartita (cosa indubbiamente ragionevole), rientrerebbe nella cosiddetta eutanasia e questa mi è sembrato di capire che nessuno sia in grado o abbia il coraggio di proporla.

    Insomma, ancora una volta, dietro il qualunquistico ” ha il diritto di lasciarsi morire” si elude il problema del “come”.

    f

  6. 6 admin

    Da quando mi sono trasferita fuori città non ricevo più La7 e quindi non posso più seguire la trasmissione. A parte ciò, ricordo che fin da ragazzina, sentivo persone mature o anziani augurarsi di andarsene “nel sonno”, cosa senza dubbio ottimale. Questo per dire che il modo della dipartita ha sempre costituito un problematica. Adesso la visuale sul problema si è andata affinando, di pari passo, credo, con l’ avanzare della scienza che permette di “tirare in lungo” certe situazioni.
    Quindi si parla di non accanimento, ma soprattutto di testamento biologico, a patto che non si sconfini nel territorio dell’ eutanasia. Come poi non si riesca a sconfinare nell’ eutanasia, non mi è chiaro. Se decidi di por fine alle tue sofferenze, è una forma di eutanasia. O no? “il diritto a lasciarsi morire”, al momento, sono parole. Un’ “affermazione di concetto” che manca ancora di basi – se mai ci saranno – e in primis proprio il “come?” su cui costruirne la fattibilità.

  7. 7 admin

    E’ inoltre un territorio in cui confluiscono elementi di grandissima importanza e di estrema “delicatezza”, fra cui, per esempio, la “dignità”: si può “de-finire” la dignità umana, al di fuori dell’ usuale interpretazione? si può affermare di conoscere i limiti oltre i quali il l’ esser vivi cessa di essere dignitoso?
    Ma il legislatore provvederà a sciogliere i nodi… credo. Prima o poi.

  8. 8 lastrose

    Il malato ha la dignità che gli si conferisce.

    Quando l’Alzheimer ridusse mia madre ‘allettata’, come dicono in gergo medico, la badante tendeva a lasciarla a letto, appunto e a nutrirla a pappine. Per comodità sua, probabilmente. Nel giro di un’invernata, la mamma regredì fino a livello neo-natale.
    Ricordo che, arrivata la primavera, io e mia sorella un giorno, in assenza della badante, ci siamo dette: “Mettiamola in poltrona!”. Non avevamo molta dimestichezza … in effetti, per spostare un malato in quelle condizioni, è meglio imparare i movimenti giusti, come facemmo in seguito.
    Comunque, vedere la mamma SEDUTA fu straordinario. Anche lei si guardava attorno apparentemente interessata e quando, per scherzo forse, le porsi una coscia di pollo arrosto, LA PRESE e se la mangiò DA SOLA! Tutti la guardavamo con le lacrime agli occhi.
    Da allora, abbiamo deciso di spostarla spesso: dal letto alla poltrona, dalla poltrona alla sedia a rotelle. Ci accompagnava in giardino, si andava a passeggiare, al mercato … non le piacevano i centri commerciali, giustamente.
    Era molto graziosa, con gli occhiali da sole, il cappello di paglia e un bel plaid drappeggiato sulle ginocchia.
    Non parlava più, se non per dei ‘vocalizzi’ che ripeteva all’infinito, ma, a volte, C’ERA ed io vivevo per quei momenti.
    Un giormo, incontrammo il vecchio medico di famiglia. Al suo saluto: “Buon giorno, signora”, lei rispose, inaspettatamente: “Buon giorno, dottore”.
    Mi ero accorta che, se si trovava abbastanza vicino ad un cesto di frutta, di ciliege, per esempio, allungava la mano e si serviva da sola … andando avanti, in omaggio al detto sulle ciliege. Automatismi, forse … Probabilmente, in una mente che si sta atrofizzando, restano le ‘tracce’ di certi ‘sentieri’ e la persona si ritrova a percorrerli, malgrado la malattia.
    La mamma non guardava, ma quando le mettevamo gli occhiali, se li sistemava sul viso. Era meraviglioso vederle fare questi piccoli gesti.
    Riuscivamo a tenerla molto pulita. L’abbigliamento era per lo più comodo e casual, con qualche concessione all’eleganza. Ogni tanto, le facevo un fiocco al collo, con una sciarpa di seta. Aveva un aspetto delizioso, col suo bel taglio di capelli corti.
    Io sono certa che sentisse l’affetto e le cure amorevoli di cui l’abbiamo circondata. Mi piace pensare che le sia stato di conforto, morire tra le mie braccia. Certamente, lo è stato per me, starle vicino e accompagnarla fino all’estremo limite della vita.

  9. 9 franco

    “…Certamente, lo è stato per me…”

    l’importanza reale di un dono è sempre legata alla sensibilità e alla capacità di chi lo riceve, di coglierne il valore.

    Credo che anche certi silenzi e certe apparenti lontananze, siano pieni di impercettibili segni di cui solo l’amore si sa fare interprete.

    Questo splendido e dolcissimo ritratto di tua madre, lo hanno tratteggiato la tenerezza infinita, il ricordo vivissimo e perenne e naturalmente la poesia della tua anima.

    f

  10. 10 admin

    E’ così, Rose cara: ” Il malato ha la dignità che gli si conferisce.”

    Amore, cura, dedizione sono la misura di questa dignità.

    Come suggerisce la tua bella testimonianza. Ti ringrazio.

  11. 11 lastrose

    Grazie, franco e grazie, daniela.

    L’esempio di mia madre non è così lontano dal problema specifico da cui si è partiti. C’è sempre qualcuno che crede di sapere cosa sia meglio per il malato. Pensate che uno dei miei fratelli sostenne, fino alla fine, che la mamma sarebbe stata meglio in una casa di riposo e, pur non vedendola da tre mesi, mi disse che, probabilmente la mamma era in coma da tante ore, prima di morire. Io continuo a credere che lei abbia sentito la mia presenza. E’ morta, mentre le sussurravo all’orecchio: “Va tutto bene, mamma. Sono qui. Puoi andare, adesso, va tutto bene”.

    Scusatemi. Divento sentimentale, quando si stratta di mia madre.

  12. 12 admin

    Sentono sempre la presenza. Sempre.
    E.., sai rose, non posso dir altro, è come tornare indietro di due anni e ancora il dolore stride forte. Scusa.