Quant’ è bella giovinezza

gennaio 5th, 2009 by admin

Dove poi fosse finita la sua, di giovinezza, non sapeva. Non che ci avesse pensato più di tanto. Fino ad allora. E anche in quel momento, mentre si poneva la domanda, capiva che non era davvero opportuno indagare. Era terreno minato. Un probabile invito alla depressione, acquattata dietro l’ uscio di cucina. Eppure non riusciva a togliersi il pensiero dalla mente.

E dove accidenti era finita? In qualche buco oscuro e ostile, probabilmente.

Se l’ era squagliata così in fretta che, a pensarci bene, quasi quasi le pareva di non averla avuta, una giovinezza. Impossibile. Ce l’ hanno tutti. Persino le cose, prima nuove, poi, con il passare del tempo, vecchie e usurate.

E dunque?

Fiaccamente incominciò a fare le cose di sempre, come, ad esempio, infilare in quel cavolo di presa l’ attacco dell’ aspiratore, – woom, woom, fece l’ arnese. Il tubo ringhiò e si mosse animato di vita propria. –

Faceva il suo dovere. Aspirava. Lo manovrò con un profondo senso di disgusto. E lo stesso fece con la scopa elettrica, con la lucidatrice e con il pannetto da spolvero garantito “non lascio pelucchi”. Fu solo quando si spostò a pulire il bagno che franò.

Quel qualcosa di tondo e viscido che le stava attorcigliato nello stomaco, si srotolò e incominciò a ballare come un disperato, togliendo il tappo a tutti i suoi tentativi di fare di quella mattina, la solita mattina.

Perché lei doveva assolutamente fermarsi e rispondersi. Che ci volesse un minuto, un’ ora o tutto il giorno. Magari il tempo che le restava.

E allora, dove accidenti era finita la sua giovinezza?

Nello scarico del bagno, con tutta probabilità.

Senz’ altro dove vanno le giovinezze di tutti quanti. E qui stava il nocciolo della questione, lo sentiva. Perché, ne era convinta, c’ erano giovinezze e giovinezze. C’ erano quelle che finivano in paradiso e quelle che andavano all’ inferno.

E la sua, da quel pozzo là in fondo, infinito e nero e rancido mandava effluvi di marcio. Incavolata di brutto, ignorata com’ era stata. Proprio non considerata.

Perché anche se, cronologicamente, lei un’ età da poter definire giovinezza, l’ aveva avuta, però non le aveva mai dato corda, non l’ aveva mai vissuta.

Chiaro, non era stata colpa vera di nessuno.

Eppure lei era stata, in un qualche subdolo modo, defraudata. Privata.

Era stata giovane e da giovane aveva mandato a mente il decalogo dei doveri dei giovani, così come era suo dovere fare.

Vedi lo studiare.

- Aveva studiato dieci ore al giorno tutti i santi giorni.

Vedi il non dar pensieri.

- Aveva tolto di mezzo tutto quello che poteva finir per dar pensieri. Il gusto della corsa, la voglia dell’ avventura, il fiato grosso, l’ attesa dell’ amore, l’ amore, l’ amore, l’ amore… erano stati messi da parte, chiusi in un cassetto

- solo una sbirciatina, rapida e colpevole, ogni tanto, ma non troppo spesso. -

- Aveva pensato di scappare. Una volta. Non ne aveva fatto niente. Chiaro.

- Aveva incominciato a lavorare. Aveva lavorato tutta la vita – come tanti, certo – e imparato altri doveri. Si era immedesimata.

Di dovere in dovere gli anni erano corsi via – attimi, ore, giorni, un castello di tempo fatto di sabbia -.

Si era a volte sentita anche brava, utile, soddisfatta di sé.

Ed ora si guarda allo specchio e vede una persona che non conosce, una donna quasi vecchia, occhio ostile, bocca amara.

” Non sono io,” si dice. “Io non ero così. E, in ogni caso, non dovevo diventare così.

” Io avevo dei sogni “

che mi facevano sentire libera, con un piede nel mondo che avrei voluto per me, ma il fatto è che in quel mondo non ci ho mai tirato dentro l’ altro piede, sono sempre rimasta di là, dall’ altra parte dello specchio, i sogni spinti, sempre più in fondo dentro a un cassetto di legno tarlato.

” E la mia giovinezza se ne è andata e adesso rimango così, come in un deserto di carte false, a guardare indietro e a cercare quello che mi sono persa. Mi accorgo di aver vissuto la vita che gli altri si aspettavano che vivessi. Non quella che volevo io. Bella pirla. “

Si scrolla. Si muove davanti allo specchio, si sorride, si accarezza dentro, nell’ anima,

- bella pirla sei stata, bella pirla –

e sa che non c’ è rimedio, quel che è andato è andato.

” Ma guarda, ormai è primavera”, si dice. ” Goditela”, si comanda. Perché mettere limiti ai domani che restano?

Si pettina, si veste con cura. Indugia davanti allo specchio. D’ istinto si produce in una bella solenne chiara pernacchia condita da un uno “Tzé!” energico.

Esce di casa senza aver pulito il bagno. E’, lo sa, un buon inizio.


7 Responses to “Quant’ è bella giovinezza”

Feed for this Entry
  1. 1 clelia pierangela pieri

    Eccola, la giovinezza: nella svolta, sì!
    Chi di noi non è stata almeno un poco “bella pirla”?

    …ma poi la svolta, e quella non ce la leva nessuno!
    Piaciuto molto questo brano, lo sai vero?

    Un abbraccio.
    clelia

  2. 2 blumalva

    ciao, daniela! ho girovagato un po’ fra i tuoi segni, mi ci sono immersa, ritrovata, ne sono anche a volte sfuggita..tracce così reali da fare un po’ male, altre carezze ruvide su pensieri furtivi…mi piace, anche una falena che si è posata ora sullo schermo ne sembra entusiasta!!
    davvero contenta di averti trovata, anche qui. malva.

  3. 3 admin

    Ah, Clelia, davvero tutti si è stati, ognuno alla sua volta, un po’ “pirla”! ma, come dici, l’ importante è il “cambiamento”, “l’ inversione di marcia”. Quando ci si riesce, mia cara…

  4. 4 admin

    Ciao, malva! che piacere! Grazie per la visita e le belle parole!

  5. 5 lastrose

    “Tzé!”

    Well done! :-D

  6. 6 elina

    piaciuto questo racconto,fresco e con un “buon inizio”
    ciao Daniela,elina

  7. 7 admin

    Ciao, elina, lieta che ti sia piaciuto!

    Rose: vero che Tzé! è appropriato? Non che sia di gran finezza, ma insomma…:)))