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foglie come d’ oro

ottobre 8th, 2012 by admin

Alessandro Tofanelli, Oro al tramonto

di foglie come d’ oro

riempio il cuscino su cui posare il capo

la notte

quando s’ addensa l’ ombra e penetra

con parole acute come spilli

il vuoto intorno

il vuoto dentro

 

respiro piano per tema del rumore

leggo geroglifici braci di fuoco antico

con mani piccole dalla forte presa

di foglie autunnali colmo il pozzo senza fondo

dove si sperde la misura e

il sonno tarda

 

ricerco a tasto, cieca come sono, ogni perduto

istante        l’ occhio assoluto

dell’ esser come sono

 

ghirlanda di foglie luminose e sparse

pongo sul capo e cerco oltre da me

raschiando insonne terre  erbe all’ infinito sperse

la radice

il punto nel sangue da cui l’ ora trarre

di ogni mio istante.

 

Per esser io come sono.

Favole ri-visitate: La Bella addormentata

giugno 27th, 2011 by admin

Immagine da http://fc01.deviantart.com

La principessa che era stata la Bella Addormntata, ormai da cent’anni viveva felice e contenta nel suo castello insieme al principe Azzurro che un tempo lontano l’ aveva risvegliata con un bacio dal sonno malefico.

Con il passare degli anni s’ era fatta, come dire, non vecchia, ché le principesse, si sa, non invecchiano mai, ma un po’ cicciotta e i lunghissimi capelli biondi erano diventati fragili come i fili argentei di una ragnatela. Anche l’ abito azzurro era un poco stinto, appena appena è vero, ma insomma, non era proprio splendente.

Viveva la principessa felice e contenta. Lo sposo, ché, si sa, alla fine, dopo quel bacio, lei ed il principe Azzurro s’ erano sposati, lo sposo dunque ogni mattina, al risveglio, si chinava da cent’ anni su di lei e la baciava: ogni mattina. Ne era un poco stufa di quel bacio alle sette di mattina, estate e inverno, autunno e primavera. Ma taceva e apriva gli occhi al nuovo giorno anche se era già sveglia da ore, solo dopo che lo sposo l’ aveva baciata: lui ci teneva a farlo e si sarebbe offeso se si fosse accorto che lei poteva destarsi anche senza il suo aiuto.

Il principe Azzurro era sempre bello, un po’ bolso, per dir la verità, come il suo cavallo bianco, ma baciava ancora bene e anche se si lamentava degli spifferi che attraversavano i saloni del castello che era vecchiotto e aveva bisogno di venir ristrutturato, anche se mangiava troppo,  non andava volentieri  in giro in cerca di gente da aiutare e se ne stava più volentieri a casa, davanti al camino, a gambe stese, il principe Azzzurro dunque faceva ancora la sua figura in groppa al cavallo bianco.

Così la principessa viveva da cent’ anni felice e contenta e, a parte la faccenda del bacio e qualche battibecco con i due principini che volevano sempre fare i loro comodi, rientrando a notte fonda  e se lei chiedeva “Dove vai?”  rispondevano “Boh!,”  ogni cosa era come deve essere in una favola.

A dirla tutta la principessa non ne poteva più. I primi cinquant’ anni erano volati via, poi il tempo aveva come rallentato e le era diventato pesante quel dover sorridere e dover essere carina e gentile sempre e con tutti. Certe volte avrebbe voluto urlare. Che orrore! Le principesse NON urlano. MAI.

Fu così che un giorno ripensando al passato, le venne in mente quel suo lontano malefico lunghissimo sonno, e pensò: “ Quando mi sono risvegliata, mi sentivo bene, tutto era meraviglioso, era come essere appena nata”. E le venne voglia di tornare a dormire.

Su su nella stanza della torre c’ era ancora l’ arcolaio: lo facevano vedere ai turisti come un cimelio di famiglia.

Una mattina, dopo aver finto di farsi svegliare, dopo aver carinamente maternamente salutato i due principini che fecero “ Ohilà” senza guardarla, salì le strette scale della torre, fino alla stanzetta nel centro della quale  troneggiava l’ arcolaio. Si avvicinò e lo guardò intensamente. Fece per spolverarlo con un lembo dell’ abito, poi ci ripensò. La punta brillava: non un granello di polvere, non un filo di ruggine c’ era sulla punta dell’arcolaio. Vi posò l’ indice dolcemente, dolcemente premette e si punse e mentre il sonno l’ accoglieva con braccia prudenti, sentì la voce indignata della fata cattiva che oltraggiata  gridava: “ Che cosa fai? Chi ti ha dato il permesso?”

Nessuno le aveva dato il permesso, se l’ era preso  da sola, lei, la principessa che voleva ridiventare la Bella Addormentata per aspettare dormendo nel suo regno ancora una volta addormentato, di riprendere in un sonno ristoratore le forze che le servivano ad affrontar carinamente gli altri cent’ anni di vita che l’ attendevano al nuovo risveglio.