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Moni Ovadia: "Oylem Goylem"

UtenteMessaggio

18:13
2 gennaio 2010


Elina

Ospite

Oylem Goylem, il mondo è scemo, è una rappresentazione della realtà  partendo dall'incertezza, da ciò che non si ha, dalla precarietà che accompagna il vivere quotidiano dell'ebreo errante.

Un viaggio che ha nella propria consapevolezza interiore, e forse nemmeno sempre, l'unico punto fermo.

Lo spettacolo ha la forma del cabaret,  musica e canti si alternano alle storielle e alle battute fulminee dell' umorismo ebraico.

18:18
2 gennaio 2010


Elina

Ospite

dal vivo è strepitoso

l'ho visto l'anno scorso al Piccolo di Milano e lo rivedrei ancora

19:30
2 gennaio 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Una recensione:

Marc Chagall raccontava che quando era ragazzo, senza un kopeco in tasca, e in città arrivava il grande cantore yiddish Sholom Aleichem, non riusciva nemmeno ad arrampicarsi sulla staccionata solo per intravederlo, tanta era la folla. Il riso che Aleichem scatenava nella gente, con i suoi racconti sulle Shtetl, sulla cittadina di kravilevke e i personaggi che la popolavano, restituivano al popolo errante la felicità, quella felicità che nella vita di tutti i giorni era sempre in bilico, precaria come solo puo' esserla quella di un popolo in esilio. Il critico Baruk Rivkin affermava che Sholom Aleichem dava agli ebrei dellEst un territorio narrativo per compensarli della mancanza d'un territorio nazionale.
Quel riso ancora oggi lo scatena Moni Ovadia, ebreo Bulgaro, trapiantato a Milano, con il suo "Oylem Goylem", spettacolo di cabaret yiddish. Uno spettacolo che come lui stesso definisce è un elogio, una glorificazione dell'esilio.

Quello di Moni Ovadia è un percorso di ricerca delle radici ebraiche iniziato a metà degli anni ottanta, con la riscoperta in Italia della musica Klezmer e continuato incessante ed erratico fino ad oggi. Oylem Goylem, il mondo è scemo, è una rappresentazione della realtà diversa, che parte dall'incertezza, da ciò che non si ha, dalla precarietà che accompagna il vivere quotidiano dell'ebreo errante. Un viaggio che ha nella propria consapevolezza interiore, e forse nemmeno sempre, l'unico punto fermo. Dice infatti Ovadia: «quando parlo, parla l'ebreo Moni Ovadia, e a ben pensare forse nemmeno con tutto me stesso».

L'umorismo ebraico mette in crisi e smaschera il pregiudizio, la certezza, l'idelogia. È un antidoto efficace contro l'arroganza, è giustamente feroce contro i potenti. E lo yiddish, babele di lingue, segno che non trova pace come il suo popolo, ne è l'essenza, la giusta espressione.
"Lo Yiddish ancor prima che una lingua è una condizione dello spirito", e quando si assiste ad "Oylem Goylem", lo si comprende. Le ballate cantate da Ovadia, accompagnato dai bravissimi maestri della Teatherorchestra, colpiscono per la loro intensità, sia che parlino di Bulbes (patate) sia che parlino di Avram Avinu (Abramo padre nostro).

Ovadia scherza su tutti i luoghi comuni degli ebrei: dal naso adunco, alla tanto famosa intelligenza giudaica, «una perversa calunnia antisemita, e anche delle peggiori. Forse è un assillo cinetico». Quel continuo peregrinare, si è trasformato in una condizione mentale; l'ebreo errante è anche una forma mentis, dunque?
Quanta nostalgia c'è in quelle canzoni e in quelle storie, forte, incolmabile. Nemmeno l'allegria del clarinetto e lo squillo della tromba riescono a stemperarla. Recita una storiella yiddish: «una volta ho sentito un vecchio ebreo, che sembrava avere attraversato secoli e continenti dire: la somma degli angoli di cui ho nostalgia è di trecentosessanta gradi».

Michele Mancino

dmk

19:33
2 gennaio 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Oylem Goylem. Libro + DVD , Einaudi Ed., Euro 22

Rappresentato per la prima volta nel 1993, e poi piú volte ripreso nel corso di questi anni, Oylem Goylem è il capolavoro di Ovadia, che riesce a coniugare in una sintesi unica umorismo, pathos e interiorità. “Vademecum teatrale e musicale di un ebreo errante”: questo era il sottotitolo di Oylem Goylem quando, nel 1993, Moni Ovadia lo portò in scena. Fu, per critici e spettatori, una vera festa dell'intelligenza e del cuore: per la prima volta, attraverso la straordinaria voce di questo cantastorie sornione, risuonavano le parole e i canti di quella cultura Yiddish sterminata dai nazisti e ora recuperata. Seduto in scena circondato dai suoi musicisti, Ovadia passa dal racconto sapienziale, alla storiella, alla canzone, muovendosi con leggerezza tra un registro struggente e uno umoristico, coniugando la cultura popolare con la grande tradizione ebraica dei Roth, dei Singer, fino a Woody Allen. Dello spettacolo Oylem Goylem ha gli ingredienti piú antichi: il racconto, il canto, il gesto, la musica. Dell'utopia ha la capacità di rivelare l'intero mondo dell'esilio ebraico est-europeo. 

Da: http://www.lafeltrinelli.it

dmk

23:28
2 gennaio 2010


Elina

Ospite

La vita teatrale (e non solo) di Moni Ovadia raccontata in questa scheda trasmessa dalla Rai



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