Utente | Messaggio |
19:00 18 maggio 2009
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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"I hold the world but as the world, Gratiano;
A stage, where every man must play a part,
And mine a sad one."
"Graziano, il mondo io lo tengo in conto solo per quel che è:
un palcoscenico
sul quale ognuno recita la parte
che gli è assegnata. Quella mia è triste."
(Antonio a Graziano, Atto I Scena I)
noto anche qui, come già in Macbeth, il raffronto vita – palcoscenico, uomo – attore che vi recita una parte, la sua parte di commediante quasi come una condanna da cui non c' è scampo. Solo una riflessione estemporanea, eh!
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19:46 18 maggio 2009
| franco
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attori
Teniamo la scena con garbo,
la parte ci piace;
che tutte le sedie sian vuote,
da qui non si vede;
piangiamo, ridiamo, cantiamo,
parole di altri;
se poi non bastasse tentiamo
giochini col fuoco;
il caldo però fa colare
il trucco pesante,
ci riga la faccia di nero,
ci muta il sembiante;
dal suggeritore non giunge
che un suono precario;
neppure un applauso distratto
e…cala il sipario.
f
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19:52 18 maggio 2009
| Elina
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| Ospite
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eppure c'è una maschera chiamata neutra (nata dal genio di Lecoq) che ci mette a nudo
non possiamo contare sulla parola, sul nostro viso nè sul gioco dello sguardo
una maschera che non nasconde ma che indossata ci fa cogliere la dinamica della realtà
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19:54 18 maggio 2009
| Elina
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| Ospite
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grazie Franco per questa dedica agli attori
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20:55 18 maggio 2009
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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Mi è piaciuta, Franco! Grazie!
Maschera neutra
« Questo oggetto che si mette sul viso deve permettere a chi lo indossa di raggiungere lo stato di neutralità che precede l'azione, uno stato di ricettività riguardante ciò che ci circonda, senza conflitti interiori. Si tratta di una maschera di riferimento, una maschera di base [...]. Sotto ogni maschera ne esiste una neutra che ne regge l'insieme. »
J. Lecoq, Il corpo poetico
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Come a dire che azzera l' epressività del viso, e in questo modo centra l' attenzione sulla mimica del corpo. Niente parola o giochi dello sguardo. E' il corpo che viene chiamato in causa ad esprimersi, tutto il corpo.
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22:22 18 maggio 2009
| Rose
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Il tema della maschera è ricorrente nelle opere teatrali e nella letteratura in genere … probabilmente perchè rappresenta bene la vita. Tutti indossiamo maschere. Chi non se ne rende conto è quello che la maschera non la toglie mai, neppure quando è solo con se stesso.
Una bella poesia, Franco, sia nel contenuto che nella forma ritmica.
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07:40 19 maggio 2009
| franco
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naturalmente sono io che ringrazio voi
siamo persone o personaggi? l'accostamento tra vita e palcoscenico è tra le metafore più "classiche ed antiche", ma forse oggi trova la sua più evidente realtà in questa epoca che privilegia l'apparire non solo contrapposto all'essere, ma come condizione stessa dell'esistere.
f
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09:25 19 maggio 2009
| stella
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franco ha detto:
siamo persone o personaggi? l'accostamento tra vita e palcoscenico è tra le metafore più “classiche ed antiche”, ma forse oggi trova la sua più evidente realtà in questa epoca che privilegia l'apparire non solo contrapposto all'essere, ma come condizione stessa dell'esistere.
f
Credo tu abbia ragione ognuno di noi, spesso, recita un ruolo.
Una parte che a volte non ci corrisponde, crediamo di riuscire a non omologarci ma è diffilcile riuscire ad essere completamente neutri.
Spendiamo un sacco di energie nell'imparare un copione che a noi non piace ma che altri ci hanno imposto e a volte non ce ne rendiamo neanche conto.
Vogliamo essere accettati, amati anche a costo di non essere noi stessi.
Indossiamo una bella maschera e crediamo di essere felici ma ad un certo punto questa maschera ci fa sudare , diventa troppo pesante, e vorremmo toglierla.
Facciamo una fatica tremenda a staccarla, rimettere a nudo un viso bianchiccio spaventa noi e gli altri.
Ci vuole coraggio a non rimetterla!!
Ma se riusciamo a trovare una maschera leggera, trasparente che ci corrisponde allora ne guadagniamo in serenità.
PS Mi piace la tua poesia Franco
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12:41 19 maggio 2009
| franco
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grazie Stella,
“…Ma se riusciamo a trovare una maschera leggera, trasparente che ci corrisponde allora ne guadagniamo in serenità. …”
una considerazione che condivido pienamente, anche perchè non ha nulla a che fare con l'ipocrisia, ma semplicemente con il rispetto della serenità nostra e soprattutto di chi ci sta intorno.
f
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21:40 21 maggio 2009
| Manfredi
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"ma forse oggi trova la sua più evidente realtà in questa epoca che privilegia l'apparire non solo contrapposto all'essere, ma come condizione stessa dell'esistere."
naturalmente concordo, Franco. Oggi la situazione generale rischia, da questo punto di vista, di degenerare nel drammatico. C' é un' esasperazione dell' immagine, un culto per l' apparire che stravolge quello che un tempo era considerato un sano, normale ed equilibrato standard di vita.
Il concetto shakespeariano sviluppa proprio la riflessione del raffronto-antitesi persona/personaggio, senza risolverlo, ovviamente, ma più volte proponendolo come motivo conduttore che evidenzia la possibile duplicità (che non é vera – falsità) innata nella natura umana. Uomo come attore che recita una parte, la sua parte, quella affidatagli dal destino (?), dal caso, dalla contingenza, dai contesti, dalla parte più intima di se stesso, dalle sue stesse, anche più infime, pulsioni.
Ho divagato.
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09:20 22 maggio 2009
| Elina
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il latino ce lo insegna: persona significava maschera.
Pirandello sostiene che ognuno di noi si serve di diverse maschere, a seconda della situazione, per agire con gli altri e con se stesso. Quando poi la maschera cucita addosso, costruita, esplode giunge la follia
le compagnie teatrali spesso riflettono sull'ipocrisia del recitare in teatro come nella vita, sul pericolo dell'autoinganno, sul tradimento fatto a sè stessi, sulla crisi di spersonalizzazione cui va incontro l'attore immedesimandosi in una varietà estrema di personaggi
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17:52 22 maggio 2009
| Manfredi
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Pirandello entra in questo discorso a pieno titolo.
Il tema costante per lui è infatti quello dell'impossibilità dell'individuo di avere un'identità; l'uomo non è uno, ma è tanti quante sono le sue relazioni con gli altri, costretto in una “forma” o “maschera” che gli altri gli attribuiscono.
Basta considerare la novella La patente (da Novelle per un anno), in cui il povero Rosario Chiàrchiaro, padre di famiglia allontanato dalla società per la maschera che gli è stata creta per la sua fama di jettatore, perde il lavoro e vive di stenti.
Chiamerà in tribunale i suoi diffamatori non per ottenerne la condanna, ma per vedersi ufficialmente riconosciuta la qualifica di iettatore.
Non tenta di uscire dalla maschera, vuole, invece, renderla proficua, vuole che sia la sua identità, così da non essere più jettatore per diceria, ma jettatore patentato dal regio tribunale, grazie alla patente da lui stesso richiesta.
Per non parlare di Sei personaggi in cerca d' autore, la cui conclusione è che è meglio essere personaggi (fissati in ogni tratto dall' autore, una volta per tutte), che persone. Ma anche questa condizione non è poi facile da raggiungere.
Ognuno è "tanti, tanti, secondo le possibilità d' essere che sono in noi: uno con questo, uno con quello! Diversissimi!"
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21:41 22 maggio 2009
| Rose
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La scomposizione della personalità.
In Uno, nessuno e centomila di Pirandello, il protagonista scopre che l'immagine che gli altri hanno di lui è molto diversa da quella che lui ha di sè.
Non è più uno, ma centomila, nel riflesso delle prospettive degli altri e quindi … nessuno.
Questa presa di coscienza fa saltare tutto il sistema di certezze dell'individuo e determina una grossa crisi che lo porterà alla follia, intesa in chiave positiva, come una vita vissuta, attimo per attimo, rinascendo continuamente in modo diverso.
La patente è piaciuta molto anche a me, Manfredi. Lì Pirandello dà un saggio del suo umorismo paradossale. Indimenticabile anche La carriola, dove il modo per 'uscire dalla maschera' per il protagonista è quello di prendere per le zampe posteriori il cane e fargli fare la 'carriola', appunto. Esilarante il 'giudizio' negli occhi del cane, unico a conoscere il 'vizietto' del padrone, consumato periodicamente in solitudine.
Grande Pirandello!
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22:09 22 maggio 2009
| Elina
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in uno, nessuno e centomila il protagonista accetta di essere un "alienato" e in questo stato si estrania dalla società, dalle sue regole, imposizioni
ecco la maschera si disfa come il cerone dell' attore sotto i riflettori
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06:20 23 maggio 2009
| Rose
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| Ospite
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Un prezzo molto alto da pagare se, come diceva Seneca, l'uomo è un animale sociale.
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