Utente | Messaggio |
22:22 10 novembre 2010
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Ana Kapor, Finis terrae
riscopro pian
piano l’ andare sotterraneo
il respiro cieco dell’ occhio
aperto al buio quando le cose
si fanno estranee
quiete si lasciano sfiorare da dita
incerte
è un esplorare terreni incolti
un riconoscere per frammenti
in assenza di luce
è un ricercare a tasto
forme indistinte
un orientarsi per non
perdersi
lungo la costola dolce
che al porto conduce
dove la nebbia vela
il mormorio dell’ onda.
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18:16 14 novembre 2010
| Carmen
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| Ospite
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Riscoprire il mondo sommerso…, il mondo laterale della vita…, ché quando ci tocca siamo smarriti…, ma per non perdersi resta il dolce ricordo e la luce della fede.
Forse non ho capito nulla di cosa intendeva l'autrice, ma a me è arrivata così.
Grazie
Carmen
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12:48 15 novembre 2010
| Elina
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| Ospite
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"lungo la costola dolce
che al porto conduce"
un percorso fatto con calma, con consapevolezza, dove si vede come da lontano un faro
una scrittura che allarga il normale campo visivo dicendo la "dolcezza" della via che porta alla luce
grazie Daniela per la condivisione del "viaggio"
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14:06 15 novembre 2010
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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Grazie, mie care, per le vostre letture…
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23:07 16 novembre 2010
| Manfredi
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| Ospite
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procedere nel buio, nella cecità del non sapersi (ri)trovare, a tasto, fino al porto dove, nella nebbia, si scioglie il nodo della ricerca. strada fatta a tentoni, con ostinata caparbietà, "per non perdersi". la qual cosa si fa sempre più difficile, vero? ma noi si va avanti…
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18:47 18 novembre 2010
| admin
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| Amministratore
| messaggi3520 | |
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….si va avanti, anche perché di tornare indietro non c' é verso…
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19:25 22 novembre 2010
| fernirosso
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| Ospite
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e la domanda potrebbe essere quella che tenta di mettere in luce il nostro convincimento che guardare la realtà è diverso dal guardare una realtà dipinta.Eppure ciò che guardiamo è un'immagine del reale, tanto quanto la parola tratteggia un disegno o un quadro ne dipinge uno dei tanti corpi emotivi che si sono fissati dentro il nostro occhio, soggetto a luci e ombre che insieme hanno generato un'immagine,tra le tante, della stessa realtà. Dunque alla fine quale è la nostra certezza? Vediamo cosa se non quello che noi siamo o sentiamo di essere in ciascuna scena che, comunque, è anch'essa una percezione di trovarci in un certo luogo e non in quella definita realtà?
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23:12 22 novembre 2010
| admin
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| Amministratore
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E' come camminare su un filo, il nostro essere qui, adesso – come crediamo, pensiamo – e solo si percepisce lo spazio, il momento, il tempo stesso: la "definita realtà" é vissuta in flash, é sfiorata a frammenti.
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