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Il Sogno di Leonardo

UtenteMessaggio

11:11
5 novembre 2010


OmarBunfai

Ospite

*“ Piglierà il primo volo il grande uccello, dall’alto del Monte Ceceri, riempiendo l’universo di stupore, riempiendo di sua fama tutte le scritture, e gloria eterna al nido dove nacque!”
Leonardo da Vinci, primavera 1505.

In memoria dell'anima volante di Angelo D’Arrigo.

*“ Nessun essere finisce nel nulla ”.

Anchiano, frazione di Vinci, vicino a Firenze.

“ Francesco, hai visto dov’è finito Leonardo?”
“ Babbo, non ti preoccupare.
S’è alzato presto per salire alla chiesetta diroccata di S.Martino”.
“ Per fare che? ”
“ Mi ha detto che voleva osservare un vecchio gufo, mentre si riposa dalla caccia notturna ai topi.”
“ E’ proprio un discolo come tuo fratello Piero, cos’ha nella testa?”
“ Lascialo stare, Babbo, lascialo fare, quel ragazzo ha il cervello fino…”.

In fondo a quel che rimane dell’abside, c’è un frammento di affresco raffigurante il cavaliere Martino con la spada sguainata e due bimbi che lo guardano meravigliati con un brandello di stoffa in mano.
Davanti a quelle figure scolorite ed erose dal tempo e dall’umidità, sul basamento di quello che era l’altare, s’è accovacciato un magnifico esemplare di gufo reale.

Leonardo avanza lentamente verso di lui, agitando le braccia aperte a simulare un volo immaginario.
Il gufo socchiude e poi apre i suoi enormi occhi arancioni, fanali fatati illuminati dalla luce rosata dell’alba, e in un istante dispiega la sua sbalorditiva apertura alare e vola incontro al ragazzo.
Sfiora la sua testa con i possenti artigli; Leonardo si gira e per una decina di metri i due volano insieme, il rapace notturno per davvero e il ragazzo per gioco, fino a quando il gufo non si posa in una nicchia scavata in quel che resta di un’antica navata romanica.

Leonardo si siede davanti a lui, come se fosse il suo gatto di casa:
“ Un giorno volerò come te, amico mio, sì, volerò!”

 

Mastro Leonardo sale al passo, carezzando teneramente il collo del suo cavallo, lungo il declivio del Monte Ceceri, contemplando la volta turchese del cielo.
Più che di un monte, in verità, si tratta di uno scosceso versante collinare nei dintorni di Firenze, in direzione di Fiesole.
L’alta collina è detta Ceceri, per via di grossi uccelli, caratterizzati da un’escrescenza a forma di cece sul becco, chiamati dal popolo “cigni ceceri”, che ci svolazzano e lo sorvolano.
Mastro Leonardo ferma il cavallo e contempla con lo sguardo ipnotizzato un piccolo uccello predatore, il cortone, detto così per la corta coda, temibile cacciatore d’allodole e passerotti.
Il falchetto se ne sta ogni tanto immobile nell’aria, sostenuto dalle correnti ascensionali.
All’improvviso, chiude le ali e si getta in picchiata.
Leonardo sfila dalle tasche un taccuino, foderato in pelle e comincia ad annotare frettolosamente, malfermo e ondeggiante sulla sella, i suoi pensieri.

“ * Quando l’uccello apre le ali e la coda, diventa più leggero, e girando nel cielo, riceve la corrente d'aria sotto le ali; il quale vento lo solleverà in alto, nel cielo, rapidamente.
Chiudendo invece le ali di scatto, l’uccello diventerà pesante e cadrà come grave a ghermire la preda sul terreno; come il cortone, uccello di rapina, ch’io vidi andando a Fiesole, nel 1505 addì 14 di Marzo.”.

La porta a muro di legno di noce, larga quanto una parete, è sollevata dal Maestro, mediante una fune collegata a rulli circolari dentellati che attivano una carrucola nel muro.
Naturalmente, al mondo un meccanismo di questo tipo non esisteva.
L’ha inventato lui per entrare al suo vasto laboratorio.
In alto nello studio, con una catena collegata a un piccolo argano, svetta la sua macchina volante.
I fedeli aiutanti di bottega, Salaì e Tommaso Masini, dietro di lui, restano incantati a rimirare la meraviglia del suo ingegno e il frutto del lavoro delle loro mani.
“Ecco le mie ali meccaniche, animate, per simulare il volo a vela e quello a getto battente delle ali degli uccelli.
Tommaso, fai scendere la macchina!”
Con lo stridulo verso di un rapace l’apparecchio volante scende a terra.
Leonardo s’infila nella struttura alare, afferrando, nel posto centrale del pilota, le manopole che con un sistema di tiranti e carrucole manovrano le due ali articolate.
“ Andate, vi chiamerò quando avrò finito di verificarlo.
E mi raccomando, ” disse, portandosi l’indice sinistro teso alle labbra, ” Nulla deve uscire dalle vostre bocche: gran segreto, nessuna parola!”.
I due assistenti richiudono la porta girevole e se ne vanno.
Leonardo, con ampi e lievi movimenti delle braccia, aziona per un po’ le ali articolate, osservando con scrupolosa attenzione ogni loro movimento.
Poi si sfila dal posto di pilotaggio, prende uno sgabello da sotto un tavolo e si siede, meditabondo, davanti alla sua macchina volante.

“ Non va, non va…il materiale è troppo pesante, e ci vuole una forza superiore alle energie di un uomo.
Questi materiali sono il tessuto e il legno più leggeri che oggi conosciamo.
Possono andare bene per il volo a vela, ma se il vento cessasse di colpo?
Macchina e pilota andrebbero giù come massi!
E questo capiterebbe anche in caso di violenti colpi di vento trasversali, quelle improvvise correnti laterali che fanno traballare anche le creature del cielo.
Potrebbero rovesciare l’uccello meccanico con gran facilità e quale forza potrebbe rimettere in linea l’apparecchio?
No, no…non c’è il materiale adatto…non c’è la potenza necessaria alla spinta; non c’è nemmeno l’anima dell’uccello che sorregge il suo corpo piumato, mentre si destreggia nelle vie dei cieli con il suo istinto prodigioso!
Non ci siamo…il volo per mezzo di una macchina non è una scienza così precisa e sicura, da evitare agli uomini degli incidenti mortali.
Per gli animali dell’aria, il volo non è pericoloso, nemmeno se si trovano in mezzo alle più furibonde tempeste.
Non c’è niente da fare: per loro volare è naturale, per noi no.
Senza studi e applicazioni tecniche, loro sanno sempre che cosa fare!
Il dio dei venti dà sempre a loro il suggerimento più opportuno…”.

Detto questo, s’alza e si dirige verso un cavalletto, coperto da un drappo di velluto azzurro.
Lo alza e scopre quello che lui chiama il suo”dipinto da compagnia”, cui lavora da tempo memorabile, chissà, forse da sempre.
Appone sul manto che ricopre una donna fiorentina dal sorriso ineffabile, un tenue strato di colore scuro, come se fosse l’ombra del suo pennello.
Un altro pensiero, prepotente, da giorni lo possiede.
“ *L’acqua che tocchi dei fiumi è l’ultima di quella che andò e la prima di quella che viene. Così il tempo presente, l’attimo, fugge inesorabile, minuto per minuto, e non si può fermare. 
Fino all’eternità, l’oggi diventa ieri.”

IL cuore di Tommaso è in tumulto e batte all’impazzata.
Quella notte, a ora inoltrata, fatto raro quanto sensazionale, ha sentito esultare il Maestro nel laboratorio.
“ *Piglierà il primo volo il grande uccello, dall’alto del Monte Ceceri, riempiendo l’universo di stupore, riempiendo di sua fama tutte le scritture, e gloria eterna al nido dove nacque!”

“Si può, allora! Si può volare!
Mi offrirò volontario al Maestro per il primo volo !”.
Aveva atteso, impaziente, tutta la giornata, il suo ritorno dalle colline verso Fiesole.
E ora, ecco il gran momento.
Chiama oltre la porta a muro.

“Mastro Leonardo, scusate, vi voglio parlare: “.
“Vieni Tommaso, entra pure.”
L’assistente apre e richiude la saracinesca girevole e penetra nello studio.
“Prendi quella seggiola e siediti accanto a me. Bene. Dimmi tutto.”
“Maestro, non voglio farvi perdere tempo prezioso, quindi vengo subito al sodo.
Mi offro volontario per sperimentare la macchina volante, gettandomi dal dirupo del Monte Ceceri”.
Leonardo gli sorride con affetto sincero. Aveva già capito le sue intenzioni da qualche tempo.
“ Ci ho pensato su tutto il giorno, Tommaso. La risposta è: no.
Purtroppo non si può, non è possibile…davvero.”.
“ Ma come! Vi ho sentito esultare questa notte! E oggi avete provato la macchina voi stesso…perché dite così?”.
“ Capisco e conosco la tua stessa delusione…ma il materiale è troppo pesante, Tommaso.
In assenza di vento la struttura viene giù come un lingotto di piombo.
Il meccanismo delle ali battenti articolate dovrebbe essere attivato da una forza motrice superiore ai muscoli delle braccia di un uomo…”.
“Ma io sono una forza della natura! Mi conoscete, è da vent’anni che sono al vostro servizio! Posso piegare i ferri da cavallo a mani nude!”.
“ Lo so Tommaso, ma non basta, purtroppo…Occorre un’energia superiore alla nostra fantasia d’oggi.
Un giorno, forse, arriverò a scoprirla; ma ora, non è possibile, è troppo pericoloso, non posso rischiare la tua preziosa vita.
Non te lo permetto, Tommaso, mi dispiace, non si può fare.”.
Una terribile smorfia di disappunto si dipinge sul viso di Tommaso.
Poi, scuote il capo e s’alza di scatto, agitando il pugno chiuso come un ossesso.
“ Maestro, io devo correre il rischio! Non ne posso più di sentirvi deridere da quei pettegoli borghesi in Piazza della Signoria!
Vi parlano alle spalle perché non riuscite a realizzare, in Municipio, il grande dipinto murale della battaglia d’Anghiari.
Dicono che il Michelangiolo è più giovane e veloce, più bravo e più “artista” di voi! Chiacchierano a vanvera, dicendo che vi nascondete dietro le arie del sapiente per non mostrare la vostra vera faccia da mollaccione inconcludente!
Io li odio, voglio fargliela pagare!
Voi il genio, ed io, il primo uomo volante, sbalordiremo gli abitanti di Firenze con l’uccello meccanico volante! E se anche dovessi precipitare, al diavolo!
Il vostro nome rilucerà di gloria nei secoli a venire, così che altri verranno dopo di voi a trovare quella forza motrice che oggi ci manca!”.

Leonardo è visibilmente commosso dall’esplosione di coraggio e di abnegazione di quell’uomo semplice e vero, da anni al suo fianco in mille viaggi e scoperte.
“Siediti, amico mio. Calmati.
Sarà da vent’anni che non ti vedevo così ingrullito!

Versati un po’ di vino dal tavolo e vieni qua a ragionare insieme a me”.
Tommaso va a riempirsi il bicchiere, e poi torna a sedersi accanto a Leonardo.

“ Allora, tanto per principio, tu non devi curarti dei pettegoli.
*Quelli sono come le scimmie che si portano, facendo versi, i libri alla bocca, credendo che siano roba da mangiare.
Sono solo transito per il cibo ingozzato e produttori di sterco!
Di loro non resterà nessuna memoria; se non i cessi intasati dalla loro ignoranza!”
Tommaso sorride divertito.
“ Ascoltami. Tu ti arrabbi perché hai capito quale cosa meravigliosa sia il volo degli uccelli, e non la puoi collaudare, è vero?”
“ E’ così, Maestro.
Grazie a voi, ho capito quale gioia si può provare a innalzarsi sopra tutta questa miseria umana, oltre la morte spirituale che ci assedia fuori di questo laboratorio!”
“Bene, prestami tutta la tua attenzione, adesso.
Quello che voglio dirti è davvero molto importante.
Tu sai che da sempre cerco di fare esperienza del potere di Madre Natura per aiutare gli uomini a vivere meglio che si può.”
“Certo, Maestro.”
“ Allora pensa, per semplice esempio, alle navi che abbiamo costruito.
Per quanto tentiamo d’imitare i pesci, non riusciremo mai a eguagliare la naturale spontaneità con cui essi, animali delle onde superano illesi ogni tipo di maremoto subacqueo.”
“Non capisco”
“ Pensa agli uccelli nel cielo! Il loro volo non è così senza difficoltà, come a noi sembra!
I venti li aggrediscono da ogni parte, di sopra, di sotto e di lato…e poi ci sono le correnti d’aria calda e fredda…che arrivano a raffiche improvvise, violente e veloci! Eppure, per quanto i venti facciano e smontino, non riescono a far precipitare dal cielo neanche un passerotto.”
“ E perché?”
“Perché ogni creatura alata ha un soffio vitale, l’anima del volo, che noi non abbiamo nella nostra natura.
Stai attento…
L’anima-pilota non è solo la forza energetica delle ali battenti capace d’innalzare in volo la macchina volante.
L’anima del volatile è il suo intuito infallibile, la sua destrezza di guida che gli permette di affrontare le correnti aeree e i venti tempestosi, senza che ne riporti alcun danno.
Noi non possiamo avere questo spontaneo equilibrio di volo, in presenza di turbini e di burrasche. Te lo ripeto, non è nelle nostre corde naturali.”
“Allora, secondo voi, non potremo mai volare.”
“ No. Un giorno qualcuno inventerà quella forza che per ora mi sfugge e voleremo, Tommaso, stanne certo!
Ma non è questo il punto.
Il vero problema è che noi vogliamo volare solo ed esclusivamente con le macchine, con protesi esterne al nostro corpo e alla nostra anima, e non con il nostro istinto animale.”
“Continuo a non capire.”
“ E’ semplice.
Noi possiamo volare dentro di noi, Tommaso, senza macchine o dispositivi meccanici, con la spontaneità dell’anima volteggiante degli uccelli.
Noi, se lo vogliamo, possiamo fermare il tempo, volando in un altro modo.”
“ E quale sarebbe questa maniera, Mastro Leonardo?”
“ La vera questione è il tempo che passa.
Quante volte hai provato il sentimento che il tempo a tua disposizione non basti mai e che la vita ti sfugga troppo rapidamente dalle mani, come la sabbia nella strozzatura della clessidra?”
“Tantissime volte.”
“ E quante altre volte hai avuto la sensazione, invece, che il tempo non scorra mai e ti sei annoiato a morte?”
“Altrettante volte”
“ Lo capisci qual è il vero problema?
Non è il fastidio per i pettegoli e la crudele stupidità umana che ci spinge al volo!
E’ per trovare una cura alla frenetica agitazione e alla noia profonda che sono radicate nella nostra anima!
Dimmi Tommaso, quante volte nella vita ti sei sentito davvero felice e in pace con te stesso, nell’attimo stesso presente, nell’ora, nell’adesso e nel qui?”
“Rarissime davvero, Maestro”
“ Lo comprendi allora, dov’è il nostro sbaglio?
Vogliamo volare fuori di noi, con le macchine di legno e di panno, e non dentro il cuore, con l’emozione dell’intelligenza e della fantasia.
Non dobbiamo cercare di copiare, scimmiescamente, l’istinto dell’uccello con freddi e inanimati artifici meccanici, ma ricreare, ritrovare il nostro istinto animale, la nostra natura umana!
Solo dentro di noi possiamo sperimentare quei momenti Senza Tempo, quella pace interiore che ci fa godere dell’attimo che viviamo, ora e qui!”
“Come fa quella vostra splendida dama che sorride là sul cavalletto?”
“ Bravo, Tommaso, proprio così! La vedi Monna Lisa?
Sta ferma, quieta. Ascolta. Osserva. Non fa niente di speciale.
Eppure la Natura tutta è dentro di lei.
Non sta nemmeno pensando.
Lascia che tutto vada come deve andare.
Lascia che tutto sia come deve essere.
Eppure abita nella pace e nel silenzio dell’Eterno, del Senza Tempo.
Non si agita e neanche si annoia. Sa che ogni fatica e ogni dolore nascono, si acuiscono, ma alla fine finiscono.
E quindi, solo è.”
“ Ho capito Maestro, si può volare con la maestria dell’arte.
Io però, non ho nelle mani il tocco magico e lieve delle vostre, ma quello delle zampe di gallina!
Voi avete un ingegno eccelso, Maestro, ed io invece sono un uomo del popolo con le dita nodose, pesanti e callose, da muratore e da falegname.
Come potrò mai volare in quel modo?”
“No, Tommaso, non devi dire così, non disperarti.
Io t’insegnerò a dipingere, se avrai la pazienza d’imparare.
Prima devi capire un principio: ognuno di noi ha qualcosa d’unico da offrire al mondo, il PROPRIO ESSERE.
Anche se fai una pancaccia di legno, ma la fai con la personale passione della tua anima, sarai felice!
Ogni cuore ha il suo modo di volare!
Stai a vedere Tommaso.
Salaì, vieni subito!”
Leonardo batte forte le mani e subito accorre lo scattante Salaì.
“Salaì, portami subito la pasta di cera d’api e le budella di castrato che ti ho fatto spurgare e sgrassare nell’acqua bollente.”
“Immediatamente, Maestro.”

Poco dopo, Leonardo, davanti allo sbalordito Tommaso, prende a formare sottilissime sagome con la pasta di cera d’api, per farle poi volare nell’aria, soffiando a pieni polmoni.

“Lo vedi, Tommaso, noi possiamo giocare con queste forme alate, non è divertente?
Nella vita non ci sono solo la conoscenza, gli esperimenti, gli studi, le ricerche, il lavoro d’applicazione tecnica…c’è anche tanta gioia e spensieratezza che ci vengono dall’anima, non lo dimenticare!”
Poi, il Maestro, afferra l’intestino vuoto del castrato, ci soffia dentro e lo fa diventare un enorme pallone leggerissimo, che prende a sfarfallare liberamente per le volte del laboratorio.
Tommaso si alza, lo schiaffeggia delicatamente, e lo passa, innalzandolo in aria a Leonardo, che a sua volta lo ripercuote e glielo ritorna.
“Sì giochiamo, Tommaso, giochiamo…ti ricordi quella poesia del nostro compianto Magnifico: “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza.”

Il Tempo è il gioco di un bambino!”

 

3 Aprile 1505.
Siamo agli inizi della primavera.
In cima al Monte Ceceri tira una leggera brezza.
Tommaso, s’infila nella postazione del pilota e indossa le ali animate meccaniche, a sistema battente.
La giornata è limpida e il sole splende in un terso cielo azzurro.
Ad insaputa di Leonardo, l’assistente di bottega Tommaso Masini, ha sottratto la macchina volante, per essere il primo uomo della storia a spiccare il volo, sopra la rifulgente città di Firenze.
L’uomo prova i tiranti che muovono le carrucole delle ali articolate e comincia a correre, giù per il breve tratto di pendio che porta al salto, dallo scosceso dirupo sopra la Valle dell’Arno.
“ Mastro Leonardo, mi ricordo ancora di quel gufo di cui mi avete raccontato, quando eravate ragazzo.
In un magico momento quell’uccello ha volato con voi, nella vecchia chiesetta di San Martino, e voi avete sognato di riuscire a volare come uomo, un giorno.
Ecco, io sono il vostro gufo, scusate Maestro…”

Via!  Un salto oltre il baratro!
“Volo! Volo!
Funziona! Il vento mi sostiene!”
Per qualche minuto, nei dintorni di Fiesole, un gigantesco uomo-uccello si aggira nel cielo, compiendo virate e risalite vertiginose.
Alcuni contadini lo vedono dal campo, su cui stanno chini a lavorare.
“ Guardate in alto, e che razza di bestia è quella?”
“L’è un angelo, l’è un angelo!”commenta sbalordita una donna.
All’improvviso, il vento cessa di colpo. Una bonaccia spietata quanto inesorabile, toglie il sostegno alla macchina volante che comincia a precipitare senza un suono, come un sasso.
Tommaso comincia a manovrare freneticamente, con tutta la forza delle sue braccia, le ali battenti.
Niente da fare, troppo peso, troppo peso…l’impatto col suolo è ormai vicino.
“Avete ragione, Maestro, solo l’anima è leggera!”

Tommaso Masini, soccorso e raccolto da alcuni contadini del luogo, spira tra le braccia di Leonardo da Vinci quella sera stessa, per la gravità delle lesioni interne, riportate nella caduta.
 
Il Maestro porterà a termine altri diversi studi sul volo, ma non costruirà più macchine volanti.

* Frasi originali di Leonardo da Vinci, tratte dai suoi scritti

19:20
7 novembre 2010


Manfredi

Ospite

ehi, Omar, voglio solo dirti che son tre giorni che vorrei leggere il tuo lavoro, ma non trovo il tempo necessario (é un po' lungo), ma appena ce la faccio, mi ci metto…Smile

19:35
7 novembre 2010


OmarBunfai

Ospite

Grazie Manfredi, sei proprio un amico.

Fai pure con calma, mica scappo! Grazie della cortese attenzione.

23:08
7 novembre 2010


admin

Amministratore

messaggi3520

Ricostruisci bene le atmosfere (credo però d' avertelo già scritto), le rendi praticabili anche a chi non ne è esperto, riesci a immedesimarti nel personaggio, in questo caso Leonardo, toccando corde sensibili e offrendo affreschi fra storia e filosofia, dove si affronta la ricerca dell' interiorità più nobile.

ognuno di noi ha qualcosa d’unico da offrire al mondo, il PROPRIO ESSERE.

Sa che ogni fatica e ogni dolore nascono, si acuiscono, ma alla fine finiscono.

E quindi, solo è.

Grazie, Omar. Le tue riflessioni danno luce al lato migliore dell' essere umano.

dmk

08:22
8 novembre 2010


OmarBunfai

Ospite

Grazie a te Daniela, per la tua attenta lettura e la tua squisita gentilezza che illumina il sito.

23:15
8 novembre 2010


Manfredi

Ospite

sono d' accordo con dmk. in più aggiungo che a me é piaciuto per l' articolazione del contenuto: il passaggio di fase temporale in fase temporale mantenendo la coerenza di pensiero, approfondendola, proponendo nel contenuto la riflessione centrale sulla posizione dell' uomo, sull' istinto, sulla capacità "di volo" in senso lato, riflettendo e invitando alla riflessione su quello che si é e sul come si opera

Ogni cuore ha il suo modo di volare!

non si può non essere in accordo. ma non lo si ripete mai abbastanza.

grazie.

23:30
8 novembre 2010


stella1

Ospite

Sig. Omar vorrei tanto riuscire a leggere tutto………..ma come faccio?

Poco tempo, tanta curiosità………….forse mi verrà un pò di influenza e potrò starmene a casa e leggere gli arretrati di mesi, questo sito mi pare la mia scrivania, zeppa di post che mi ricordano tutto quello che non riesco a fare in tempo utile.

Grazie comunque a tutti per tenermi compagnia quando ho tempo e voglia di leggerVi.

17:39
9 novembre 2010


Elina

Ospite

"“Avete ragione, Maestro, solo l’anima è leggera!”

sono rimasta molto colpita dallo spiegarsi del racconto, dai passaggi nel dialogo che portano a direzioni/letture tutte adattabili all'oggi

sensibilità d'animo e ricchezza di costruzione in questa pagina

grazie Omar

17:58
9 novembre 2010


OmarBunfai

Ospite

Manfredi ed Elina vi ringrazio della gentile lettura. Ciao

18:12
10 novembre 2010


Carmen

Ospite

Che sei bravo ormai lo so, ma qui sei superbo!! Il testo lo trovo fluente e ben scritto, e parola per parola uno ci si trova dentro. Stupendo il raffronto tra il volo dell'anima e il volo "meccanico". Un bell' omaggio al Genio.

Piaciuta molto, grazie!

Carmen Smile

08:54
11 novembre 2010


OmarBunfai

Ospite

Carmen ti ringrazio con tutto il cuore. Ultimamente sono un pò preso con la vita extraWeb, ma immutata rimane la mia grande stima per le tue capacità artistiche e personali.

Buona vita, amica mia.



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