Vestita di velluto nero, la folta chioma nero corvino raccolta in una crocchia sotto una velina nera di pizzo, la Marchesa colpisce gli astanti per il lampo gelido dei suoi occhi, quasi una scintilla di stella che precipita nella notte lasciando una scia luminescente.
Il Leopardi avanza nel centro della sala e si pone a fianco di Fanny:
“ Ogni vostro desiderio è un ordine, Marchesina.
Reciterò quindi, in onore del Signor Conte iniquamente scomparso, una mia ultimissima poesia.”
Giacomo sfila dal taschino del suo soprabito verde, un biglietto molto simile nell’aspetto a quello da lui ritrovato nel mattino di quella lunghissima giornata, in biblioteca.
Nella sala non vola una mosca, il silenzio è totale.
“ In quella petrosa altura
sotto la rinfrescante ombra
della grande quercia
che stormisce lieve,
un lago cheto
v’è,che adombra
tutta la brama
dei miei desideri”.
Improvvisamente Fanny diventa tutta rossa in volto e sembra barcollare, in procinto di svenire…
“Vogliate scusarmi…”, dice quasi balbettando, con una mano che le copre il volto, ed esce con passo però decisamente fermo dalla sala.
Simultaneamente si alzano dai loro posti, Gianni, il giardiniere Capo del Parco e Paolo, suo fratello e fido aiutante.
“Marchesina, dove andate…” implora il Leopardi verso la fuggitiva Fanny, “forse non apprezzate i miei versi?”
Nel frattempo il giardiniere fa per avventarsi, con un pugno alzato, su Leopardi, ma è prontamente bloccato da un agile salto dell’aitante Ranieri, che lo placca e lo sbatte sul pavimento, dove iniziano una furiosa colluttazione.
Contemporaneamente irrompono nella sala il Capitano Fantoni e tre gendarmi di rinforzo, mentre se ne intravede un quarto che sta mettendo in ceppi i polsi della Marchesina Fanny, nella sorpresa generale.
Paolo, il fratello di Gianni, subisce subito la stessa sorte.
Mentre suo fratello è messo in catene, il giardiniere è bloccato, non senza fatica.
Si dimena e picchia come un ossesso, ma alla fine con possenti colpi di calcio di fucile è ricondotto alla ragione.
Mentre è bloccato a terra da tre uomini, prende a imprecare in direzione di Giacomo:
“Dannato gobbo, se ti metto le mani addosso, ti faccio sputare dal sangue della tua gola sgozzata tutta quella tua aria da saccente letterato!”
Il Capitano Fantoni s’avventa sull’uomo e lo colpisce con un violento manrovescio, rompendogli probabilmente il setto nasale.
“Tacete! Voi siete un assassino e non avete diritto alcuno di fiatare!
Legatelo!
E ora Conte Leopardi, vogliate gentilmente spiegare a tutti i convenuti i recenti avvenimenti.
Voglio che tutti voi, Signore e Signori, sappiate che è grazie all’acume del Conte Leopardi, se la tremenda sciagura che ha colpito questa Villa è stata spiegata e dipanata in modo brillante.
“Grazie capitano ma credo che la verità sia sotto gli occhi di tutti voi, Signore e Signori.
Il male che io chiamo nelle mie opere “il poter ascoso/che a comun danno impera” è spesso e volentieri banale e visibile, per uno sguardo attento, davanti al naso di tutti.
Questo di cui vado a parlarvi è proprio un mistero alla luce del giorno, e quindi non ho molto da riferirvi.
Il giardiniere Capo Gianni è da qualche tempo l’amante della Marchesina Fanny.
Un guardiacaccia del parco è stato involontario testimone di un loro incontro amoroso e ne ha già riferito al Capitano.
Fu lei stessa pertanto, che ben conosceva l’abitudine del marito di contemplare le sue proprietà dall’alto delle rovine sopra il lago, a riferire tramite un biglietto occultato tra le pagine di quella scadente poesia che vi ho appena recitato, l’arrivo del marito, dopo l’odierna cavalcata mattutina, sull’altura, luogo dove è cominciata la dinamica del delitto.
Nascosto nel finto tempietto, Paolo, il fratello di Gianni ustiona con una torcia le terga del cavallo che precipita col povero Conte sulla spiaggia del laghetto.
Qui, con inusitata crudeltà, Gianni è in agguato, e afferra il Conte dopo la tragica caduta e lo annega nel lago, con la feroce determinazione del suo odio e della sua cupidigia.
Il medico legale del Capitano ha escluso che il Conte fosse morto sul colpo per le conseguenze del criminale attentato subito sull’altura.
E’ ovvio, in conclusione, che a breve il Gianni sarebbe diventato il nuovo Conte e che la Marchesina avrebbe ereditato tutte le sostanze della facoltosa famiglia Gamba Castelli.
Questo è quanto, Signore e Signori.”
Intanto Fanny è stata tradotta nella sala da pranzo, dal gendarme che l’ha arrestata.
“Avete qualcosa da aggiungere, Marchesina?” le intima il Capitano Fantoni.
Fanny lo guarda con la sua immancabile espressione algida e altera.
“Gianni e io non potevamo parlarci in questa Villa, per non dare sospetti.
Mi era sembrato che un biglietto messo in un libro polveroso, fosse abbastanza sicuro…e invece quel maledetto sciancato, poeta da strapazzo!”
Appena pronunciate queste parole con rabbia, inferocita, fa per avventarsi con le unghie verso il volto di Leopardi,
riuscendo per un attimo a tirargli una ciocca di capelli, mentre Giacomo grida per il male!
Prontamente, il Carabiniere che la tiene in catene la blocca, serrandole le braccia con una rude stretta.
“ Appuntato Marchionni, portatela via!”
La donna mentre si divincola continua a imprecare ormai fuori di sé.
“Maledetto poeta, potessi cavarti gli occhi!”, urla ancora in direzione di Giacomo, scalciando e sbavando come un' ossessa.
“Tutto sembrava riuscito alla perfezione, se non fosse stato per te, gobbo tisico! Ma tanto ti resta poco da vivere, e sarò la prima a seguire il tuo funerale! Ahahahahaha!”
Un sonoro ceffone del Capitano, interrompe la satanica risata isterica della mandante del turpe omicidio.
Un rivolo di sangue le cola dal naso, mentre l’Appuntato Marchionni con un fazzolettone la imbavaglia e la porta fuori dalla sala.
“Tacete, assassina! Vergognatevi di parlare così di una grande persona come il Conte Giacomo Leopardi!”
Mentre i tre omicidi sono portati nel giardino della Villa, per essere caricati sulle carrozze dei Carabinieri Reali e portati nelle galere del Granducato, Leopardi viene complimentato da tutti i presenti nella sala da pranzo.
Giacomo tiene il capo chino, sembra esausto e gli tremano leggermente le mani ma si sforza di stringere le mani a tutte le persone che lo stanno ringraziando.
Il Capitano Fantoni e Antonio Ranieri lo avvicinano per congratularsi anche loro.
“Giacomo, tutto è finito! Bravissimo!” lo abbraccia il Ranieri, “Grazie a te, giustizia è stata fatta, ranavuottolo mio!”
Giacomo rialza la testa e il suo volto è pallido, quasi pietrificato dalle ultime terribili tensioni subite.
“Conte Leopardi, volete bere un goccio di qualcosa di forte? Un Cognac, per esempio? Vi darà tono, vedrete.”
“No grazie, Capitano, l’alcol mi fa un brutto effetto.”
“Allora state tranquillo, questi loschi individui, tra i quali una criminale che si spacciava per grande Nobil Dama, grazie a voi, conosceranno presto il severo giudizio del Tribunale del Granducato di Toscana, e molto probabilmente la pena capitale.”
“Non vi preoccupate Antonio e Signor Capitano, ora va meglio.
Ho solo bisogno di uscire a passeggiare sotto quella splendida Luna piena, fuori nell’aria fresca della notte, in compagnia di quella solitaria civetta che stride nel bosco.
Per una persona come me non c’è migliore medicina.”
“Ma Giacomo ,ti prenderai un malanno.
Ma perché vuoi uscire fuori da solo, veniamo con te.
Cosa devi fare?”
“Vado a piangere.
Vi chiedo scusa.”
Indossato il suo soprabito verde col bavero alto, Giacomo Leopardi esce dalla sala da pranzo, e camminando lentamente a capo chino, prende a passeggiare per i viali del parco, immersi nella magia di uno splendido chiaro di luna.
“Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna.”
FINE